Lomagna: suor Luisa e don Pino Puglisi due doni di Dio

“Suor Luisa è un don Pino Puglisi al femminile”. Lo ha detto Maurizio Artale, responsabile del centro Padre Nostro voluto dal prete di Brancaccio, ucciso da Cosa nostra nel 1993 e proclamato dalla Chiesa beato vent’anni dopo. Artale non ha conosciuto direttamente il sacerdote palermitano, ma ha toccato con mano i frutti di quanto aveva seminato. Domenica scorsa, nella Sala della comunità dell’oratorio di Lomagna sono state messe a confronto le figure della consacrata lomagnese uccisa ad Haiti nel 2022 e don Puglisi.
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Con il format dell’intervista doppia a portare le testimonianze sono stati suor Franca Boetti e Maurizio Artale. Il presidente del centro Padre Nostro aveva ricevuto nella stessa mattinata il premio Kenbe Fèm [clicca QUI], simbolicamente rappresentato da una targa in legno a forma di albero, composto sul tronco dalla sagoma di suor Luisa a braccia aperte verso l’alto della chioma della pianta, e attorno al capo è riprodotto un cuore stilizzato che ricorda un’aureola.
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Maurizio Artale
Sia don Pino Puglisi sia la piccola sorella Luisa Dell’Orto avevano grande attenzione per il futuro delle nuove generazioni, si impegnavano affinché studiassero e trovassero un lavoro onesto, evitando così di crescere sulla strada e di frequentare circuiti criminali. “Il centro nasce con la diffidenza della mafia. Padre Pino aveva rifiutato i soldi dei mafiosi per costruirlo e così capirono che padre Pino non era in vendita. L’attività del centro cominciò da uno scantinato e purtroppo padre Pino non fece in tempo a vedere la parrocchia ristrutturata” ha detto Artale, che ha ricordato le parole di Totò Riina a colloquio con il compagno di ora d’aria riferendosi a don Puglisi: “Ha aperto il centro e non ha nemmeno chiesto il permesso”.
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Per Artale l’omicidio mafioso del 15 settembre 1993 ha segnato uno spartiacque nelle coscienze dei palermitani: “I nuovi preti iniziavano a domandarsi come volessero comportarsi, come Puglisi o come gli altri? La sua morte ha scosso le coscienze”. Il centro è nato all’esterno delle mura parrocchiali, per accogliere anche chi non crede, coinvolgendo i professionisti dei vari campi di attività: l’esecuzione penale esterna, l’aggregazione giovanile e degli anziani, la lotta alla violenza di genere. Manca poco all’apertura di un poliambulatorio di prossimità ed è in progetto una sede per le vittime di tratta. Uno degli obiettivi è la costruzione di un asilo nido e una parte del ricavato derivante dal Festival della fede Kenbe Fèm sarà devoluto proprio per la realizzazione di questa struttura a Palermo.
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Suor Franca Boetti
Un altro elemento in comune tra il sacerdote di Brancaccio e la suora nativa di Lomagna che è stato sottolineato è la cultura personale al servizio degli altri, senza mai rinunciare a darsi da fare nel concreto. A questo proposito suor Franca ha testimoniato come Luisa Dell’Orto svolgeva le giornate al Kay Chal. “Era perspicace, aveva un pezzo di cammino in più. Ha vissuto in modo straordinario l’ordinario di tutti i giorni. Insegnava filosofia e partiva presto di mattina. Lei non camminava, volava tutti giorni perché aveva ben presente del tanto lavoro che c’era da fare. Ha saputo vivere il vangelo semplicemente, ma fino in fondo. Resta il suo credo per la famiglia cristiana in cui ha sparso il vangelo ed è un richiamo per ciascuno di noi ad avere speranza”.
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Don Pino Puglisi e suor Luisa Dell'Orto
Nel corso della conferenza sono stati notati dei punti di contatto che sono delle particolari coincidenze. Padre Puglisi è nato (e ucciso) nello stesso giorno, ma 79 anni dopo, di Charles de Foucauld, l’ispiratore della congregazione delle Piccole sorelle del Vangelo a cui apparteneva suor Luisa. De Foucauld era inoltre devoto alla madonna del perpetuo soccorso, di cui don Puglisi aveva collezionato in casa quattro copie. È stata infine manifestata l’intenzione della parrocchia di Lomagna di costituire un gemellaggio con il centro Padre Nostro di Palermo, prevedendo dei momenti di scambio in futuro.

Su questo giornale avevamo colto già lo scorso giugno l’accostamento tra suor Luisa e don Pino Puglisi nelle parole di Monsignor Ennio Apeciti, responsabile della diocesi per le cause dei santi, che avevamo cercato di decodificare [clicca QUI]. Il caso della beatificazione di don Puglisi potrebbe “fare scuola” e costituire un precedente per la causa della Piccola sorella Dell’Orto. Entrambi avevano manifestato indubitabilmente la propria disponibilità al sacrificio. Entrambi sono stati uccisi da realtà criminali, molto probabilmente più nel tentativo di bloccare la maldigerita funzione di presidio sociale che svolgevano che non in avversione alla loro incrollabile fede. Questo discorso è piuttosto evidente nel caso del prete di Brancaccio, se si considera che i fratelli Graviano, mandanti del suo omicidio, si facevano il segno della croce a tavola prima di mangiare, interpretando in maniera distorta la religiosità, come del resto fanno da sempre le organizzazioni Cosa nostra, ‘ndrangheta e, in parte, Camorra. Eppure la Chiesa ha considerato don Puglisi un martire in odium fidei, un riconoscimento che è stato il viatico principale e acceleratore per la sua beatificazione. Altrettanto potrebbe accadere per la suora lomagnese, del cui assassinio sono ignoti i mandanti, gli esecutori e, dunque, il movente.
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Il parroco don Andrea Restelli
Il parroco don Andrea Restelli ha concluso il primo Festival della Fede Kenbe Fèm invitando la comunità religiosa locale a preservare il ricordo di suor Luisa Dell’Orto: “La Chiesa non ha bisogno di una statua in più. Per la Chiesa conta che il popolo di Dio riconosca della santità in una persona che ha fatto del bene ispirandosi al vangelo”.
M.P.
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