Lomagna: 2 anni dalla morte di Suor Luisa. Il ricordo della comunità con Mons. Apeciti
A due anni esatti dall’uccisione ad Haiti di suor Luisa Dell’Orto la parrocchia di Lomagna, suo paese nativo, l’ha ricordata con una messa presieduta da Monsignor Ennio Apeciti, che per la Diocesi di Milano è responsabile per le Cause dei Santi.
In uno Stato, come quello di Haiti, altamente destabilizzato, non si è ancora fatta chiarezza sui mandanti e sugli esecutori di quei quattro colpi che hanno fatto anelare l’ultimo respiro alla Piccola sorella del Vangelo. La missionaria era in strada nella capitale Port-au-Prince per sbrigare delle commissioni, quotidianamente operava alla Casa Carlo (Kay Chal) per offrire supporto ai bambini, ai più emarginati.
Nell’omelia sono stati ricordati i tratti che hanno contraddistinto l’operato di suor Luisa e che in una certa misura possono essere ricondotti agli archetipi del martirio e della santità. Un discorso, quello del responsabile diocesano per le Cause dei Santi, in alcuni passaggi analitico, in cui ha citato i testi delle lettere scritte dalla seguace di Charles de Foucauld a riprova della sua piena consapevolezza dei rischi che stava correndo e delle motivazioni che l’hanno spinta a restare. Documenti che verrebbero analizzati attentamente per una eventuale causa di beatificazione o per qualificare la sua morte come martirio.
“È santa?” si è domandato all’ultimo Mons. Apeciti, interpretando forse il pensiero di tutti i presenti in quel momento in chiesa. “Personalmente penso di sì”. Già nell’immediato dopo la morte l’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, aveva parlato in relazione a suor Luisa di una “vita santa”. “Per la beatificazione – ha aggiunto Mons. Apeciti – non dipende dall’Arcivescovo della Diocesi, ma dipende da voi, dal popolo di Dio. Bisogna prendere esempio dalla sua testimonianza”. Il responsabile delle Cause dei santi ha menzionato anche il martirio, non certo un tabù dato che persino il papa ne aveva parlato nel primo Angelus dopo la tragica morte della consacrata lomagnese (“ha fatto della sua vita un dono per gli altri, fino al martirio”). “Non sappiamo se suor Luisa è una martire della fede, ma sicuramente è una martire della cura e dell’amare come ci ha insegnato Gesù” ha puntualizzato il monsignore.
Il martirio propriamente detto, dal valore canonico, è tale se perpetrato “in odium fidei”, cioè se con l’uccisione si sia voluto colpire la fede e la religione cattolica della vittima. Nel caso di suor Luisa, se dal alcune testimonianze si è arrivato a ritenere che il tragico evento abbia avuto i contorni di un agguato, allo stesso tempo risulterà sempre più difficile riuscire a risalire alle responsabilità. E senza la possibilità di individuare gli autori dell’uccisione non si potrà avere contezza della matrice religiosa.
Nel tempo il concetto di martirio si è esteso nella Chiesa e si possono annoverare i cosiddetti “martiri della carità”. Nel 2017 in particolare una lettera apostolica in forma di motu proprio del pontefice “sull’offerta della vita” ha chiarito che l’iter di beatificazione e canonizzazione possa passare dalla riprova dell’offerta libera della vita e accettazione di una morte certa e a breve termine propter caritatem. Tra i requisiti per la beatificazione ci devono essere anche la “fama di santità” (e forse così si spiega il richiamo al “popolo di Dio” di Monsignor Apeciti) e la “necessità del miracolo avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione”.
Il responsabile diocesano delle Cause dei santi è poi tornato sugli istanti della morte di suor Luisa: “Leggendo le sue lettere regolari, perché costante era il suo impegno, immagino gli ultimi momenti di suor Luisa che dice: ‘finalmente ti vedo, te che ho sempre amato’. E rivolgersi a chi la uccideva dicendo: ‘Eppure ti amo’”. Un’immagine, quella suscitata da Ennio Apeciti, che fa tornare in mente l’esecuzione mafiosa del beato don Pino Puglisi, che si rivolse ai suoi assalitori con un sorriso e dicendo loro “me lo aspettavo”.
“Perché restare qui ed esporsi al rischio? Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato”. Sono le parole della stessa suor Luisa, scritte il 24 ottobre 2021. Le ha citate il religioso durante l’omelia, spiegando che si ispirano ad un passaggio degli Atti degli apostoli. E ancora: “Poter contare su qualcuno è importante per vivere” diceva sempre la missionaria lomagnese. “Lei contava su Gesù, che è l’incarnazione dell’amore” ha aggiunto il monsignore. “Suor Luisa diceva ai suoi ragazzi ‘tu vali’ e lo testimoniava con la sua fede e il suo amore”. La Piccola sorella del Vangelo scriveva anche: “Io ho il dovere di amare” e “amare è insegnare ad amare”.
Nel corso della predica Mons. Apeciti ha mostrato il proprio sdegno per due episodi di attualità: la morte del bracciante indiano, abbandonato fuori casa dopo aver perso il braccio sui campi per un incidente con un mezzo meccanico, e l’assassinio di un sedicenne da parte di suoi coetanei per un debito di droga da 250 euro: “Stiamo vivendo in un tempo terrificante di violenze e guerre. Forse anche noi non stiamo testimoniando abbastanza il comandamento supremo, amatevi gli uni gli altri. Non stiamo parlando abbastanza di Dio”. Un compito che suor Luisa ha assolto fino alla fine e, ha auspicato Monsignor Apeciti, dovrebbe essere preso da esempio.
Per il primo fine settimana di ottobre la parrocchia di Lomagna sta organizzando il Festival Kenbé Fem, per tenere vivo il ricordo di suor Luisa, cercando di portare a Lomagna ospiti religiosi e laici impegnati nel sociale. Verrebbe inoltre allestita una mostra per l’occasione, concepita anche per essere esportabile in modo da far conoscere la figura della Piccola sorella del Vangelo a quante più persone possibili.
In uno Stato, come quello di Haiti, altamente destabilizzato, non si è ancora fatta chiarezza sui mandanti e sugli esecutori di quei quattro colpi che hanno fatto anelare l’ultimo respiro alla Piccola sorella del Vangelo. La missionaria era in strada nella capitale Port-au-Prince per sbrigare delle commissioni, quotidianamente operava alla Casa Carlo (Kay Chal) per offrire supporto ai bambini, ai più emarginati.
Nell’omelia sono stati ricordati i tratti che hanno contraddistinto l’operato di suor Luisa e che in una certa misura possono essere ricondotti agli archetipi del martirio e della santità. Un discorso, quello del responsabile diocesano per le Cause dei Santi, in alcuni passaggi analitico, in cui ha citato i testi delle lettere scritte dalla seguace di Charles de Foucauld a riprova della sua piena consapevolezza dei rischi che stava correndo e delle motivazioni che l’hanno spinta a restare. Documenti che verrebbero analizzati attentamente per una eventuale causa di beatificazione o per qualificare la sua morte come martirio.
“È santa?” si è domandato all’ultimo Mons. Apeciti, interpretando forse il pensiero di tutti i presenti in quel momento in chiesa. “Personalmente penso di sì”. Già nell’immediato dopo la morte l’Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, aveva parlato in relazione a suor Luisa di una “vita santa”. “Per la beatificazione – ha aggiunto Mons. Apeciti – non dipende dall’Arcivescovo della Diocesi, ma dipende da voi, dal popolo di Dio. Bisogna prendere esempio dalla sua testimonianza”. Il responsabile delle Cause dei santi ha menzionato anche il martirio, non certo un tabù dato che persino il papa ne aveva parlato nel primo Angelus dopo la tragica morte della consacrata lomagnese (“ha fatto della sua vita un dono per gli altri, fino al martirio”). “Non sappiamo se suor Luisa è una martire della fede, ma sicuramente è una martire della cura e dell’amare come ci ha insegnato Gesù” ha puntualizzato il monsignore.
Il martirio propriamente detto, dal valore canonico, è tale se perpetrato “in odium fidei”, cioè se con l’uccisione si sia voluto colpire la fede e la religione cattolica della vittima. Nel caso di suor Luisa, se dal alcune testimonianze si è arrivato a ritenere che il tragico evento abbia avuto i contorni di un agguato, allo stesso tempo risulterà sempre più difficile riuscire a risalire alle responsabilità. E senza la possibilità di individuare gli autori dell’uccisione non si potrà avere contezza della matrice religiosa.
Nel tempo il concetto di martirio si è esteso nella Chiesa e si possono annoverare i cosiddetti “martiri della carità”. Nel 2017 in particolare una lettera apostolica in forma di motu proprio del pontefice “sull’offerta della vita” ha chiarito che l’iter di beatificazione e canonizzazione possa passare dalla riprova dell’offerta libera della vita e accettazione di una morte certa e a breve termine propter caritatem. Tra i requisiti per la beatificazione ci devono essere anche la “fama di santità” (e forse così si spiega il richiamo al “popolo di Dio” di Monsignor Apeciti) e la “necessità del miracolo avvenuto dopo la morte del Servo di Dio e per sua intercessione”.
L’iter per la beatificazione di suor Luisa Dell’Orto non è ancora stato incardinato. L’eventuale richiesta, supportata già da una serie di elementi, dovrebbe essere mossa dalla parrocchia di Lomagna, che parrebbe intenzionata a procedere in tal senso. L’istanza quindi sarebbe poi presa in carico dalla Diocesi per un attento e approfondito esame. Intanto il nome della Piccola sorella di Lomagna è annoverato tra gli oltre 550 testimoni della Fede individuati dalla Commissione Nuovi Martiri, appartenente al Dicastero delle Cause dei Santi, operativa in vista del Giubileo universale del 2025 a Roma.
“Suor Luisa sentiva il dovere – ha spiegato Mons. Apeciti – di rimanere e di farsi carico di quei fratelli e di quelle sorelle. In ogni bambino trovava il volto dell’amore. In loro vedeva l’amore totale che il Signore ci ha donato. Una donna che ha saputo amare provoca e interroga. Non è morta per caso, ci provoca nell’essere capaci di essere testimoni di ciò che abbiamo visto e sentito. Lui fu il segreto di questa sorella”.
Il responsabile diocesano delle Cause dei santi è poi tornato sugli istanti della morte di suor Luisa: “Leggendo le sue lettere regolari, perché costante era il suo impegno, immagino gli ultimi momenti di suor Luisa che dice: ‘finalmente ti vedo, te che ho sempre amato’. E rivolgersi a chi la uccideva dicendo: ‘Eppure ti amo’”. Un’immagine, quella suscitata da Ennio Apeciti, che fa tornare in mente l’esecuzione mafiosa del beato don Pino Puglisi, che si rivolse ai suoi assalitori con un sorriso e dicendo loro “me lo aspettavo”.
“Perché restare qui ed esporsi al rischio? Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato”. Sono le parole della stessa suor Luisa, scritte il 24 ottobre 2021. Le ha citate il religioso durante l’omelia, spiegando che si ispirano ad un passaggio degli Atti degli apostoli. E ancora: “Poter contare su qualcuno è importante per vivere” diceva sempre la missionaria lomagnese. “Lei contava su Gesù, che è l’incarnazione dell’amore” ha aggiunto il monsignore. “Suor Luisa diceva ai suoi ragazzi ‘tu vali’ e lo testimoniava con la sua fede e il suo amore”. La Piccola sorella del Vangelo scriveva anche: “Io ho il dovere di amare” e “amare è insegnare ad amare”.
Nel corso della predica Mons. Apeciti ha mostrato il proprio sdegno per due episodi di attualità: la morte del bracciante indiano, abbandonato fuori casa dopo aver perso il braccio sui campi per un incidente con un mezzo meccanico, e l’assassinio di un sedicenne da parte di suoi coetanei per un debito di droga da 250 euro: “Stiamo vivendo in un tempo terrificante di violenze e guerre. Forse anche noi non stiamo testimoniando abbastanza il comandamento supremo, amatevi gli uni gli altri. Non stiamo parlando abbastanza di Dio”. Un compito che suor Luisa ha assolto fino alla fine e, ha auspicato Monsignor Apeciti, dovrebbe essere preso da esempio.
Per il primo fine settimana di ottobre la parrocchia di Lomagna sta organizzando il Festival Kenbé Fem, per tenere vivo il ricordo di suor Luisa, cercando di portare a Lomagna ospiti religiosi e laici impegnati nel sociale. Verrebbe inoltre allestita una mostra per l’occasione, concepita anche per essere esportabile in modo da far conoscere la figura della Piccola sorella del Vangelo a quante più persone possibili.
M.P.