Robbiate: un dottorato di ricerca nel rugby in Nuova Zelanda per Francesco Sella, giramondo che vuole fare il preparatore

Il rugby sta alla Nuova Zelanda un po' come l'hockey sta al Canada o il cricket all'India, ed è là che se ti appassiona e vuoi approfondire tutto ciò che lo riguarda devi andare. Il mito degli ''All Blacks'', la temibile formazione neozelandese, famosa al mondo per la ''haka'' danzata prima di ogni partita, racconta da solo il legame che c'è tra quella nazione e quello sport. Ed è proprio a Mount Maunganui, nella cittadina di Tauranga situata nell'Isola del Nord settentrionale, che il robbiatese Francesco Sella ha scelto (''un po' per caso'' ci ha raccontato) di svolgere un dottorato di ricerca sul mondo della palla ovale.

La University of Waikato Adams Centre for High Performance a Mount Maunganui, dove lavora Francesco Sella

Una veduta aerea di Mount Maunganui

Partito da Robbiate, dove abita con la famiglia, nel 2017, il giovane ha prima completato una internship con la AUT University di Auckland, trovandosi poi a collaborare con un gruppo di ricercatori dell'University of Waikato dalla quale, qualche mese dopo, gli è stata offerta una borsa di studio per incominciare il dottorato. Il 27enne è anche l'ennesima ''eccellenza'' diplomatasi al Liceo Agnesi di Merate. Ed è proprio sui banchi, ha raccontato, che al primo anno di superiori è nata in lui la grande passione per il rugby, grazie a dei compagni che lo praticavano. La laurea magistrale in scienze motorie all'Università degli Studi di Milano gli ha poi spianato la strada verso la Nuova Zelanda ed una conoscenza più profonda dello sport che ama e con il quale vorrebbe lavorare, facendo il preparatore atletico. Lo abbiamo contattato, porgendogli alcune domande per capire cosa lo ha spinto a partire e di cosa di occupa di preciso.


Come nasce la tua passione per il rugby?
Mi sono avvicinato al mondo della palla ovale durante il mio primo anno di Liceo, grazie a due ragazzi di Merate che giocavano a rugby.  


Cosa ti ha spinto a prendere un biglietto di sola andata per la Nuova Zelanda e fare lì il tuo dottorato di ricerca?

Ad inizio 2017 sono partito per la Nuova Zelanda per completare un internship con la AUT University di Auckland, con l'obiettivo di approfondire le mie conoscenze nell'ambito della preparazione atletica applicata al rugby e nel mondo della ricerca. Il dottorato é capitato un po' per caso. Durante il mio periodo di internship ho iniziato a collaborare con un gruppo di ricercatori presso la University of Waikato e così, dopo qualche mese, mi é stata offerta una borsa di studio presso la medesima università.  


Nello specifico, in cosa consiste la tua attività?
Il mio progetto di ricerca si occupa di rugby a 7 femminile. Stiamo studiando come migliorare le capacità fisico-atletiche delle giocatrici in relazione al loro profilo fisiologico (i.e. variazioni ormonali) e alle richieste di gioco. Il rugby a sette é una variante più ''dinamica'' di quello a 15 (o rugby a union), in cui i giocatori si sfidano in partite da 14 minuti. Nel 2016 il rugby a sette è diventato sport olimpico, di conseguenza molte nazioni hanno iniziato a investirvi. In aggiunta al mio lavoro di dottorando, da inizio anno collaboro anche come preparatore atletico per la Bay of Plenty Rugby Union, una delle provincie di rugby neozelandesi che prendono parte al campionato nazionale (Mitre 10 Cup).  


Quali sono i tuoi ''piani'' per il futuro?
L'obiettivo a breve termine é quello di finire il dottorato. Dopodiché mi piacerebbe rimanere nel mondo del rugby per qualche anno come preparatore atletico.  


Infine una considerazione sul movimento del rugby italiano. Tante partecipazioni al Sei Nazioni tutte contraddistinte da pesanti sconfitte contro gli altri ''squadroni''. Cosa pensi che sia a frenare l'Italia della palla ovale? 
Non conosco molto il mondo del rugby italiano, se non da tifoso, quindi mi é difficile dare una risposta. Con l'arrivo di Conor O'Shea alla guida della nazionale ci sono stati alcuni cambiamenti in federazione per valorizzare la crescita dei giovani nelle accademie nazionali e per migliorare la preparazione atletica dei giocatori. In più, so che la nazionale ha ingaggiato consulenti del calibro di Wayne Smith (ex-allenatore degli All Blacks). Mi auguro che tutto questo possa aiutare il rugby italiano a crescere e diventare più competitivo a livello internazionale.
A.S.
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