Robbiate: calcio e disabilità, il progetto del gruppo AMA che promuove l'aggregazione

Non vi è sport in Italia più ''nazional-popolare'' del calcio e niente meglio di questo poteva funzionare all'interno di un progetto che punta soprattutto a creare aggregazione tra disabili, allenatori e famiglie.E' un po' un modo di staccare dalla routine, ritrovarsi tra amici e divertirsi insieme affiancandoci dell'attività motoria, che non guasta mai.

Quello che cerchiamo più o meno tutti, in fondo. E così è sorto il progetto-calcio del Gruppo AMA di Robbiate, una realtà nata sette anni or sono e divenuta sempre più uno dei punti di riferimento per il territorio per decine di famiglie con ragazzi disabili. ''Seguiamo questa attività in autonomia da ormai cinque anni'' ha spiegato Donata Sorrentino, presidente dell'associazione (''affiliata'' al Grappolo). ''In realtà nasce un po' prima attraverso un altro sodalizio, al quale siamo poi subentrati totalmente. Da sempre riceviamo sostegno dal Comune che ci ha messo a disposizione la sede nella casa delle associazioni. Ogni martedì sera, con i genitori, ci ritroviamo e organizziamo incontri su argomenti di volta in volta diversi. Di recente, ad esempio, abbiamo affrontato il tema della sessualità nella disabilità''.

Il progetto calcio, ha proseguito il presidente, è nato più o meno dalla stessa necessità che spinge le famiglie a ritrovarsi il martedì sera. ''C'era l'esigenza di trovare una realtà di aggregazione e divertimento vero, ma anche un luogo fisico dove stare tutti assieme'' ha proseguito. Mentre il martedì questo luogo è la casa delle associazioni di via Merlini, il sabato mattina è il campo di calcio comunale in via delle Brigole. Riunite al bar, le mamme (ma c'è anche qualche papà) trovano un momento di confronto davanti a una bevanda. Nel campetto di calcio sintetico, invece, i ragazzi sperimentano l'esperienza del calcio.

A destra Donata Sorrentino, presidente del Gruppo AMA

Con loro ci sono gli allenatori Santino, Paolo e Antonio, gli educatori Pablo e Francesca e poi una serie di volontari che mettono a servizio qualche ora del loro tempo per il progetto. ''Abbiamo anche il sostegno del gruppo scout di Cernusco Lombardone'' ha spiegato il presidente del Gruppo AMA. ''Tutti prendono la faccenda sul serio. Per i volontari, ad esempio, organizziamo incontri formativi affinché siano preparati ad affrontare le difficoltà che possono esserci quando si instaura una relazione con persone disabili''. Ogni cosa, in fondo, è finalizzata a rendere il progetto, per quanto ludico, il più concreto possibile. ''E' come se i ragazzi facessero effettivamente parte di una squadra di calcio'' ha proseguito Sorrentino. ''In ogni loro attività ludica è importante che ci sia un principio di ambientazione nel quale i bambini vivono le esperienze come delle avventure. Questa non è altro che l'avventura del calcio. Perciò ci sono allenatori veri, strumenti e divise vere. Proprio come una vera squadra. Ed è importante per loro, ogni tanto, entrare in contatto con persone normali, che non siano i professionisti con cui hanno a che fare tutta la settimana''. Ognuno dei ragazzi, poi, che hanno età che vanno dai 6 fino a 40 anni, hanno abilità diverse, ''ed è perciò che ogni volta bisogna trovare delle nuove strategie affinché tutti possano veramente sentirsi parte di un gruppo''.


                                                                                    

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E un gruppo formidabile, come dicevamo, mentre i ragazzi giocano a pallone è riunito al bar del centro sportivo. Sono le mamme che insieme si fanno forza a vicenda, dimostrandosi molto serene e rassicurate dal fatto di far parte del Gruppo AMA. ''Quando mi hanno proposto di portare mio figlio a giocare a calcio mi sono chiesta se era il caso che entrasse in questa realtà'' ha spiegato Giusy, mamma di Calusco che dall'anno prossimo proporrà lo stesso progetto anche nel suo paese. ''Quando si parla di disabilità, si affrontano spesso temi come l'inclusione e l'inserimento, ma è obiettivamente impossibile che dei disabili possano giocare in una squadra di persone normodotate. Vorrebbe dire frustrare i nostri ragazzi, che si rendono benissimo conto di avere difficoltà maggiori. Perciò alla fine sono arrivata alla conclusione che questo progetto sia la soluzione migliore per inserire mio figlio nel mondo dello sport''.

C'è anche chi pensava che, per un fatto di tempistiche e organizzazione, abitando a Monticello, non avrebbe mai potuto seguire con costanza il progetto. ''Da quando abbiamo iniziato, invece, non ho mai perso un sabato'' ha un'altra mamma.
Alberto Secci
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