Teologia tascabile: Santoro al commento di un lettore
buongiorno
volevo dare una risposta a un vostro articolo pubblicato da Pietro Santoro
https://www.merateonline.it/notizie/144006/church-pocket-48-criticare-il-papa-amare-la-chiesa
L'articolo presenta una riflessione articolata e profonda sul ruolo del diritto canonico nella Chiesa cattolica, difendendo l'idea che esso non sia un mero insieme di regole burocratiche, ma piuttosto un elemento essenziale della vita ecclesiale, in grado di garantire ordine, giustizia e bene comune. L'autore utilizza riferimenti alla storia e alla dottrina per sostenere la necessità di un sistema di norme che regoli le relazioni all'interno della comunità cattolica, sottolineando il legame tra diritto e teologia.
Tuttavia, la critica principale che si può muovere all'autore riguarda la dissonanza tra le sue affermazioni e la sua pratica personale. L'articolo è ricco di argomentazioni logiche e di citazioni autorevoli, ma si potrebbe obiettare che l'autore stesso, pur esprimendo concetti di inclusione e rispetto per le norme, in realtà possa non seguire tali principi nella sua vita quotidiana o nel suo approccio verso la Chiesa e il suo attuale pontefice, Papa Francesco. Questa apparente contraddizione può minare la credibilità dell'autore e le sue argomentazioni.
Inoltre, l'idea di "critica per amore della verità" è nobile, ma risulta problematica se utilizzata come giustificazione per attacchi che possono sembrare più un pretesto per screditare il Papa piuttosto che una vera ricerca di dialogo e comprensione. La critica, per essere costruttiva, dovrebbe essere accompagnata da un atteggiamento di apertura e rispetto, e non solo da un desiderio di mantenere una visione rigida e tradizionale della Chiesa.
In questo contesto, l'autore sembra cadere nella trappola di una visione polarizzata, dove il diritto canonico è visto come un mezzo di controllo piuttosto che come un'opportunità per la crescita comunitaria e spirituale. Se davvero il diritto canonico deve fungere da "scheletro" della Chiesa, come afferma l'autore, allora è fondamentale che le sue applicazioni siano coerenti con i principi di amore e compassione che dovrebbero governare la vita ecclesiale.
In conclusione, sebbene l'articolo offra spunti di riflessione interessanti sul rapporto tra diritto e vita della Chiesa, la mancanza di coerenza tra le parole dell'autore e le sue azioni personali rappresenta una limitazione significativa. La vera sfida per chi scrive su temi di fede e diritto è quella di incarnare i principi di cui si parla, creando così un esempio autentico di come la teoria e la pratica possano armonizzarsi in un cammino di crescita spirituale e comunitaria.
cordiali saluti
volevo dare una risposta a un vostro articolo pubblicato da Pietro Santoro
https://www.merateonline.it/notizie/144006/church-pocket-48-criticare-il-papa-amare-la-chiesa
L'articolo presenta una riflessione articolata e profonda sul ruolo del diritto canonico nella Chiesa cattolica, difendendo l'idea che esso non sia un mero insieme di regole burocratiche, ma piuttosto un elemento essenziale della vita ecclesiale, in grado di garantire ordine, giustizia e bene comune. L'autore utilizza riferimenti alla storia e alla dottrina per sostenere la necessità di un sistema di norme che regoli le relazioni all'interno della comunità cattolica, sottolineando il legame tra diritto e teologia.
Tuttavia, la critica principale che si può muovere all'autore riguarda la dissonanza tra le sue affermazioni e la sua pratica personale. L'articolo è ricco di argomentazioni logiche e di citazioni autorevoli, ma si potrebbe obiettare che l'autore stesso, pur esprimendo concetti di inclusione e rispetto per le norme, in realtà possa non seguire tali principi nella sua vita quotidiana o nel suo approccio verso la Chiesa e il suo attuale pontefice, Papa Francesco. Questa apparente contraddizione può minare la credibilità dell'autore e le sue argomentazioni.
Inoltre, l'idea di "critica per amore della verità" è nobile, ma risulta problematica se utilizzata come giustificazione per attacchi che possono sembrare più un pretesto per screditare il Papa piuttosto che una vera ricerca di dialogo e comprensione. La critica, per essere costruttiva, dovrebbe essere accompagnata da un atteggiamento di apertura e rispetto, e non solo da un desiderio di mantenere una visione rigida e tradizionale della Chiesa.
In questo contesto, l'autore sembra cadere nella trappola di una visione polarizzata, dove il diritto canonico è visto come un mezzo di controllo piuttosto che come un'opportunità per la crescita comunitaria e spirituale. Se davvero il diritto canonico deve fungere da "scheletro" della Chiesa, come afferma l'autore, allora è fondamentale che le sue applicazioni siano coerenti con i principi di amore e compassione che dovrebbero governare la vita ecclesiale.
In conclusione, sebbene l'articolo offra spunti di riflessione interessanti sul rapporto tra diritto e vita della Chiesa, la mancanza di coerenza tra le parole dell'autore e le sue azioni personali rappresenta una limitazione significativa. La vera sfida per chi scrive su temi di fede e diritto è quella di incarnare i principi di cui si parla, creando così un esempio autentico di come la teoria e la pratica possano armonizzarsi in un cammino di crescita spirituale e comunitaria.
cordiali saluti
Antonia
Gentile Lettrice/lettore
La ringrazio per la sua lettura attenta e per le osservazioni articolate che ha condiviso. Il suo contributo evidenzia come queste questioni nel dibattito su diritto canonico, teologia e prassi ecclesiale, siano sentite e meritano di essere approfondite con spirito costruttivo. Ho preferito rispondere privatamente, per evitare di dover rispondere poi a tutti. La sua critica, kantianamente parlando, mi è sembrata fondata e interessante a livello discorsivo.
Concordo sul fatto che il diritto canonico non debba essere interpretato come un mero strumento burocratico, ma come un elemento essenziale della vita della Chiesa, capace di garantire ordine, giustizia e bene comune. Lungi dall’essere un’imposizione estrinseca, esso nasce dalla necessità di custodire la comunione ecclesiale, come dimostrano sia la tradizione biblica sia la storia della Chiesa.
Tuttavia, mi permetto di precisare alcuni punti in merito alle critiche sollevate. Il riferimento alla mia coerenza personale, seppur legittimo come spunto di riflessione, rischia di spostare l’attenzione dal contenuto dell’articolo alla dimensione soggettiva, creando una valutazione fallacia ad hominem. La critica teologica, quando nasce da una ricerca sincera della verità, non si misura tanto sulla persona che la esprime, quanto sulla fondatezza delle argomentazioni e sulla loro capacità di contribuire al dibattito ecclesiale. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente” sono le parole con cui un semplice e analfabeta pescatore definisce Gesù. Se le giudicassimo valutando la bocca che le ha pronunciate, sarebbero da ritenersi non classificabili.
Non sono un teologo rigido: in qualche articolo precedete parlo del diaconato femminile, della genitorialità di Dio e cerco di legittimare l’omosessualità sia nel primo che nel secondo Testamento, argomentazioni che sicuramente non uscirebbero alla bocca di un rigido “tradizionalista”. Il mio approccio alla teologia è frutto di anni di studio e riflessione, e cerco sempre di trattare solo argomenti che conosco approfonditamente: ho iniziato a studiarla a 15 anni.
Inoltre, sottolineo che la critica, quando è formulata con onestà intellettuale, fondata sulla Tradizione il Magistero, radicata nell’amore per la Chiesa, non è un attacco né una chiusura preconcetta. Come ricordavo nell’articolo, la teologia non è un recinto, ma un campo aperto in cui il diritto, la storia e la vita reale si incontrano. Per questo, interrogarsi sulla coerenza tra norme e prassi, tra disciplina e pastoralità, non è segno di opposizione ma di responsabilità.
Infine, l’idea che il diritto canonico possa essere visto come uno strumento di controllo più che di crescita comunitaria è una prospettiva che merita attenzione. Eppure, la storia dimostra che la Chiesa ha sempre avuto bisogno di regole per custodire il proprio cammino, non come vincoli soffocanti, ma come principi di riferimento per garantire giustizia e ordine. La vera sfida non è eliminare le norme, ma assicurarsi che siano sempre al servizio della missione evangelica.
La ringrazio ancora per il confronto e semmai avesse ancora bisogno di chiarimenti sia per questo articolo sia per altri, passati e futuri, può scrivermi qui teologiatascabile@gmail.com.
Cordialmente,Pietro Santoro
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