Imbersago: in 400 al santuario per pregare con l'arcivescovo per la Pace

Quattrocento giovani sabato sera hanno marciato da Sotto il Monte, paese natale di Papa Roncalli, sino al santuario di Madonna del bosco, per invocare la Pace con l'arcivescovo Mario Delpini.
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12 chilometri con i seminaristi del PIME e della Diocesi condividendo la preghiera del santo Rosario, con partenza alle ore 16 dalla nota località bergamasca, sosta al traghetto di Leonardo per la cena al sacco e poi risalita verso il santuario mariano e inizio della veglia attorno alle 21.15.
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Una esperienza che è stata faticosa ma fortificante, come hanno raccontato alcuni dei giovani, giunti baldanzosi in maniche corte e col sorriso stampato sul volto, nonostante la fatica e il freddo che li ha accompagnati per tutto il percorso. Ad attenderli alla chiesa dove in cima alla scalinata accesa dai lumini troneggia la statua di Giovanni XXIII, c'era l'arcivescovo giunto un paio di ore prima e ritiratosi in preghiera davanti al Santissimo.

Radunatisi nella chiesa aperta per l'occasione da padre Giulio e “vigilata” dagli zelanti volontari che hanno fornito indicazioni e aiutato nello svolgimento della cerimonia, i giovani hanno partecipato alla preghiera e ascoltato l'omelia della guida della Chiesa milanese, incentrata sul tema della Pace e della comunità e della responsabilità.
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“Dovete scegliere se essere le chiacchiere della pace o il popolo della pace” ha esordito “Le chiacchiere parlano con i punti esclamativi ma sono reazioni di un momento, parlano delle cronache come chi assiste a uno spettacolo, sono spesso delle grida, delle accuse, degli insulti e pretendono che qualcuno faccia qualcosa mentre loro se ne stanno sedute in salotto. Il Signore, invece, vi chiama ad essere il popolo della Pace”.
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Ma come si diventa “operatori di Pace” si è chiesto Delpini. Tre i punti cardine da tenere ben presenti.
Anzitutto la Pace è un dono che arriva da Dio e per essa bisogna pregare. Poi bisogna sentirsi parte di un popolo e vivere nell'unità. “Da soli non si fa nulla, bisogna essere partecipi, saper costruire qualcosa assieme, scambiarsi messaggi e sentirsi appartenenti al popolo della Pace”.

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La terza parola sui cui si è soffermato l'arcivescovo è stata responsabilità. “La pace richiede di mettersi in gioco e sentire di avere una responsabilità per costruire qualcosa che renda desiderabile vivere. “La Pace è una risposta a una vocazione e ciascuno deve impegnarsi nel suo ambito per essere operatore di Pace. Là dove ciascuno è deve spendere i propri talenti per essere capace di pensieri di speranza”.
S.V.
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