Lomagna: una serata con Nico Acampora il fondatore di PizzAut. Testimonianze di ragazzi autistici e dei genitori
Va a braccio per due ore. Si siede, si alza. Improvvisa per tutto il tempo. Non conosce le barriere dell’impossibile, figurarsi dell’improbabile o del difficile. Scardina i binari del tracciato già dato, in continuazione. Parla e ancora parla, fregandosene del politicamente corretto, senza badare di prendersi applausi (per la cronaca, tanti) o fischi (sempre per la cronaca, nessuno). Nico Acampora deve aver imparato molto da suo figlio Leo, un ragazzo con disturbi dello spettro autistico, per il quale ha rivoluzionato la propria vita. È quello che si pensa già dopo il primo quarto d’ora di Domenico Acampora sul palco della Sala della comunità di Lomagna, dove ha portato la propria testimonianza durante la seconda giornata del Festival della fede Kenbe Fèm, organizzato dalla parrocchia per ricordare la figura di suor Luisa Dell’Orto.
Sono passati pochi istanti, giusto il tempo delle presentazioni di benvenuto, quando l’ospite mostra un piccolo sussulto per una dimenticanza. Rimedia e srotola il grembiule rosso con al centro la scritta in bianco “PizzAut. Nutriamo l’inclusione. Vietato calpestare i sogni”. PizzAut nasce come un’associazione, diventa due ristoranti con 41 dipendenti assunti a tempo pieno ed indeterminato e che sono autistici. È una filosofia di vita. Ecco la trovata di marketing, si teme mentre Acampora distende il grembiule che usano tutti i lavoratori delle due pizzerie di Cassina de’ Pecchi e di Monza. Poi però il volto del creatore di questa ormai nota realtà si fa serio sotto la folta barba, mentre infila il laccio al collo, un bagno di umiltà. Allora si intende che per lui non è solo un lavoro, non è forse sempre un piacere. È in ogni istante una missione.
La mossa del grembiule è solo il primo dei fuori programma. Acampora spiega come è partito PizzAut: in sintesi dalla voglia di una famiglia di uscire dall’isolamento, da una passione per l’impasto della pizza di Leo, dall’ostinazione di non volersi fermare dopo le prime porte sbattute in faccia. Perché, spiega l’artefice di PizzAut, i modi talvolta irrequieti del figlio hanno portato i genitori degli amichetti a non invitarlo più a casa loro e così il tempo lo si passava a casa a preparare la pizza da offrire agli ospiti che venivano invitati per non perdere completamente la vita sociale. Con un bambino autistico si rinuncia a molte cose ordinarie. Provate ad andare voi al ristorante o a teatro con un figlio autistico, Acampora ha sfidato così il pubblico. Ci sarà qualche signora distinta e garbata, di quelle che ogni domenica – e anche gli altri giorni della settimana – la si trova in chiesa a messa e si premura nel dirti che il ragazzo si sentirebbe meglio se prendesse un po’ d’aria fuori, racconta il papà di Leo, che di queste esperienze ne ha vissute assai.
Nemmeno a farlo apposta, poco dopo, dalla prima fila della platea si alza una mano, il corpo si agita, è un ragazzo di quindici anni della zona, freme così tanto che inizia a parlare. La madre lo guarda, gli sussurra qualcosa, ma il ragazzo continua. Acampora lo nota, capisce, interrompe il suo intervento e lo fa esprimere, perché quel giovane quindicenne potrebbe essere suo figlio e per lui non vorrebbe altro che quel trattamento. Manuel, così si chiama l’adolescente, si emoziona. Nico Acampora capisce ancora, è abituato a gestire situazioni ben più complesse, e lo invita con naturalezza a salire sul palco, come se fosse la cosa più scontata al mondo. Non esita mezzo secondo Manuel e si dirige con disinvoltura sui gradini e poi sotto i riflettori. Al microfono Manuel racconta cosa gli piace fare e poi lamenta di non aver potuto partecipare pochi mesi fa alla gita al mare insieme ai suoi coetanei come avrebbe tanto desiderato perché mancava l’educatore ad accompagnarlo. Manuel deve aver preso da sua madre quella sana tigna, quella doverosa cocciutaggine, nel non accettare in silenzio un diritto negato che rende più fragile l’intera comunità. Viene aggiunta una poltroncina sul palco per lui. Manuel fa finta di prendere posto lì, salvo poi scattare e “fregare” la sedia dell’intervistatore che si era alzato appena il ragazzo era salito sul palco. Chiaramente non c’è nessuna malafede in Manuel e la scena diverte e rilassa tutti quanti.
Nella sua nuova comfort zone Manuel, con un forte interesse per l’informatica, comincia a usare il cellulare e ogni tanto commenta quello che si sta dicendo. Alla fine, quando la conferenza è ai titoli di coda, Manuel balza in piedi per un ultimo intervento e con soddisfazione dice che nella scorsa stagione ha partecipato a Util’Estate, un programma di welfare territoriale rivolto agli adolescenti per fare attività pratiche di valore sociale e per socializzare tra coetanei. “Sono stato il primo ragazzo autistico a partecipare a Util’Estate” ha gridato con gioia.
Il giorno successivo ricevo un messaggio dalla madre di Manuel. L’avevo conosciuta nel 2018 alla mensa di Lomagna, quando lei era stata tra gli organizzatori di un pranzo speciale perché a servire ai tavoli c’erano i ragazzi di PizzAut e Nico Acampora con la barba sempre folta ma un po’ più scura. L’iniziativa rientrava nella raccolta fondi per aprire il primo ristorante di Cassina de’ Pecchi. In quell’occasione con la signora Cristina, la madre di Manuel, ci eravamo scambiati i recapiti telefonici. Nel messaggio mi scrive che quando suo figlio era sul palco e stava al cellulare non era distratto. Fra me e me penso per quale motivo me lo stia dicendo, non sono l’insegnante che ha messo la nota al figlio. Vado avanti a leggere e capisco. La mamma di Manuel mi rivela che suo figlio ha preso per tutto il tempo gli appunti, probabilmente più del sottoscritto (aggiungo), perché ha intenzione di scrivere un tema su quella giornata.
Ed è una sorpresa e anche un grande risultato per lui, che non ha perso l’autostima nonostante i tanti ostacoli (la rotazione infernali degli educatori, quando ci sono, la difficoltà nel trovare delle vere amicizie e di sviluppare dei progetti per una maggiore autonomia personale). Ma è anche un grande risultato per i suoi genitori, che da questi episodi si sentono ripagati degli sforzi quotidiani. Ed è un grande risultato per chi lo ha accolto sul palco sabato pomeriggio e per chi ne è stato spettatore tra il pubblico in sala.
A guadagnarsi l’attenzione di tutti è stato anche Lorenzo, un ragazzo di PizzAut. Appena è arrivato nell’auditorium dell’oratorio si è fiondato tra le prime file. Calolziese, ha 26 anni, è alto coi capelli lunghi. Nico, il suo datore ma anche qualcosa di più, non può fare a meno di rendersi conto del suo arrivo e gli dice di salire sul palco. Si abbracciano e per prima cosa Lorenzo tiene a dire che per lui Nico è un secondo padre. Chi è stato al PizzAut di Monza ed è stato servito da Lorenzo non può dimenticarsi di questo ragazzone, per la sua bravura, la sua simpatia e la sua vena da intrattenitore. Appena può chiede la data di nascita dei commensali e lui, cascasse il mondo, indovina il giorno della settimana. Sfidato dal parroco di Lomagna don Andrea Restelli, azzecca anche il giorno della sua ordinazione a prete. È una delle abilità speciali di Lorenzo, una passione come quella per la musica (a Lomagna ha le cuffie aggrappate al collo).
A vederlo così oggi non lo si direbbe, ma Lorenzo non è sempre stato tanto spigliato. Con commozione è sua madre Flavia a rivelarlo al microfono. Nel ringraziare Nico per aver cambiato la loro vita, la mamma di Lorenzo spiega che suo figlio prima era isolato, chiuso in se stesso, infelice, si auto-procurava dolore. Ora ha degli amici, è sereno, ha un lavoro e guadagna il suo stipendio, è cambiato completamente e con lui anche la signora Flavia, della quale Lorenzo si prende cura mentre si sfoga accarezzandole con dolcezza i capelli. Dopo dieci anni di solitudine ora Flavia sa di avere una nuova famiglia, quella di PizzAut, una rinascita.
E allora si potrebbero citare i numerosi aneddoti raccontati da Nico Acampora sulle ospitate in televisione, sugli incontri e sui viaggi per vedere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, papa Francesco o per tenere un discorso, breve, alle Nazioni Uniti a New York. Si potrebbe titolare l’articolo con il fondatore di PizzAut che se la prende contro il Vannacci-pensiero delle classi differenziate per gli studenti disabili, una follia. Ci si potrebbe dilungare anche a buona ragione sul prossimo obiettivo di allestire 15 furgoni sforna-pizza (l’unico già funzionante doveva arrivare a Lomagna, ma alla fine non è stato possibile), ciascuno dei quali può dare lavoro a cinque disabili, per viaggiare in tutte le Province lombarde. Si potrebbe aggiungere, come ha argomentato con efficacia Acampora, che gli insegnanti di sostegno dovrebbero avere un’alta formazione sulla disabilità perché nessuno si farebbe curare un problema al cuore da un ginecologo appassionatissimo e molto preparato nella sua di specializzazione. Ma in fondo il miglior esempio lo hanno lasciato quei due ragazzi, Manuel e Lorenzo, e le loro mamme, Cristina e Flavia, che stanno facendo la differenza affinché una vera inclusione sia possibile, passo dopo passo.
E se a Manuel andasse, sarebbe un piacere poter ospitare su Merateonline il suo tema. La sua sensibilità e il suo sguardo sapranno di sicuro raccontare il pomeriggio a Lomagna dello scorso sabato con più efficacia di quanto si sia tentato di fare in questo pezzo.
Sono passati pochi istanti, giusto il tempo delle presentazioni di benvenuto, quando l’ospite mostra un piccolo sussulto per una dimenticanza. Rimedia e srotola il grembiule rosso con al centro la scritta in bianco “PizzAut. Nutriamo l’inclusione. Vietato calpestare i sogni”. PizzAut nasce come un’associazione, diventa due ristoranti con 41 dipendenti assunti a tempo pieno ed indeterminato e che sono autistici. È una filosofia di vita. Ecco la trovata di marketing, si teme mentre Acampora distende il grembiule che usano tutti i lavoratori delle due pizzerie di Cassina de’ Pecchi e di Monza. Poi però il volto del creatore di questa ormai nota realtà si fa serio sotto la folta barba, mentre infila il laccio al collo, un bagno di umiltà. Allora si intende che per lui non è solo un lavoro, non è forse sempre un piacere. È in ogni istante una missione.
La mossa del grembiule è solo il primo dei fuori programma. Acampora spiega come è partito PizzAut: in sintesi dalla voglia di una famiglia di uscire dall’isolamento, da una passione per l’impasto della pizza di Leo, dall’ostinazione di non volersi fermare dopo le prime porte sbattute in faccia. Perché, spiega l’artefice di PizzAut, i modi talvolta irrequieti del figlio hanno portato i genitori degli amichetti a non invitarlo più a casa loro e così il tempo lo si passava a casa a preparare la pizza da offrire agli ospiti che venivano invitati per non perdere completamente la vita sociale. Con un bambino autistico si rinuncia a molte cose ordinarie. Provate ad andare voi al ristorante o a teatro con un figlio autistico, Acampora ha sfidato così il pubblico. Ci sarà qualche signora distinta e garbata, di quelle che ogni domenica – e anche gli altri giorni della settimana – la si trova in chiesa a messa e si premura nel dirti che il ragazzo si sentirebbe meglio se prendesse un po’ d’aria fuori, racconta il papà di Leo, che di queste esperienze ne ha vissute assai.
Nemmeno a farlo apposta, poco dopo, dalla prima fila della platea si alza una mano, il corpo si agita, è un ragazzo di quindici anni della zona, freme così tanto che inizia a parlare. La madre lo guarda, gli sussurra qualcosa, ma il ragazzo continua. Acampora lo nota, capisce, interrompe il suo intervento e lo fa esprimere, perché quel giovane quindicenne potrebbe essere suo figlio e per lui non vorrebbe altro che quel trattamento. Manuel, così si chiama l’adolescente, si emoziona. Nico Acampora capisce ancora, è abituato a gestire situazioni ben più complesse, e lo invita con naturalezza a salire sul palco, come se fosse la cosa più scontata al mondo. Non esita mezzo secondo Manuel e si dirige con disinvoltura sui gradini e poi sotto i riflettori. Al microfono Manuel racconta cosa gli piace fare e poi lamenta di non aver potuto partecipare pochi mesi fa alla gita al mare insieme ai suoi coetanei come avrebbe tanto desiderato perché mancava l’educatore ad accompagnarlo. Manuel deve aver preso da sua madre quella sana tigna, quella doverosa cocciutaggine, nel non accettare in silenzio un diritto negato che rende più fragile l’intera comunità. Viene aggiunta una poltroncina sul palco per lui. Manuel fa finta di prendere posto lì, salvo poi scattare e “fregare” la sedia dell’intervistatore che si era alzato appena il ragazzo era salito sul palco. Chiaramente non c’è nessuna malafede in Manuel e la scena diverte e rilassa tutti quanti.
Nella sua nuova comfort zone Manuel, con un forte interesse per l’informatica, comincia a usare il cellulare e ogni tanto commenta quello che si sta dicendo. Alla fine, quando la conferenza è ai titoli di coda, Manuel balza in piedi per un ultimo intervento e con soddisfazione dice che nella scorsa stagione ha partecipato a Util’Estate, un programma di welfare territoriale rivolto agli adolescenti per fare attività pratiche di valore sociale e per socializzare tra coetanei. “Sono stato il primo ragazzo autistico a partecipare a Util’Estate” ha gridato con gioia.
Il giorno successivo ricevo un messaggio dalla madre di Manuel. L’avevo conosciuta nel 2018 alla mensa di Lomagna, quando lei era stata tra gli organizzatori di un pranzo speciale perché a servire ai tavoli c’erano i ragazzi di PizzAut e Nico Acampora con la barba sempre folta ma un po’ più scura. L’iniziativa rientrava nella raccolta fondi per aprire il primo ristorante di Cassina de’ Pecchi. In quell’occasione con la signora Cristina, la madre di Manuel, ci eravamo scambiati i recapiti telefonici. Nel messaggio mi scrive che quando suo figlio era sul palco e stava al cellulare non era distratto. Fra me e me penso per quale motivo me lo stia dicendo, non sono l’insegnante che ha messo la nota al figlio. Vado avanti a leggere e capisco. La mamma di Manuel mi rivela che suo figlio ha preso per tutto il tempo gli appunti, probabilmente più del sottoscritto (aggiungo), perché ha intenzione di scrivere un tema su quella giornata.
Ed è una sorpresa e anche un grande risultato per lui, che non ha perso l’autostima nonostante i tanti ostacoli (la rotazione infernali degli educatori, quando ci sono, la difficoltà nel trovare delle vere amicizie e di sviluppare dei progetti per una maggiore autonomia personale). Ma è anche un grande risultato per i suoi genitori, che da questi episodi si sentono ripagati degli sforzi quotidiani. Ed è un grande risultato per chi lo ha accolto sul palco sabato pomeriggio e per chi ne è stato spettatore tra il pubblico in sala.
A guadagnarsi l’attenzione di tutti è stato anche Lorenzo, un ragazzo di PizzAut. Appena è arrivato nell’auditorium dell’oratorio si è fiondato tra le prime file. Calolziese, ha 26 anni, è alto coi capelli lunghi. Nico, il suo datore ma anche qualcosa di più, non può fare a meno di rendersi conto del suo arrivo e gli dice di salire sul palco. Si abbracciano e per prima cosa Lorenzo tiene a dire che per lui Nico è un secondo padre. Chi è stato al PizzAut di Monza ed è stato servito da Lorenzo non può dimenticarsi di questo ragazzone, per la sua bravura, la sua simpatia e la sua vena da intrattenitore. Appena può chiede la data di nascita dei commensali e lui, cascasse il mondo, indovina il giorno della settimana. Sfidato dal parroco di Lomagna don Andrea Restelli, azzecca anche il giorno della sua ordinazione a prete. È una delle abilità speciali di Lorenzo, una passione come quella per la musica (a Lomagna ha le cuffie aggrappate al collo).
A vederlo così oggi non lo si direbbe, ma Lorenzo non è sempre stato tanto spigliato. Con commozione è sua madre Flavia a rivelarlo al microfono. Nel ringraziare Nico per aver cambiato la loro vita, la mamma di Lorenzo spiega che suo figlio prima era isolato, chiuso in se stesso, infelice, si auto-procurava dolore. Ora ha degli amici, è sereno, ha un lavoro e guadagna il suo stipendio, è cambiato completamente e con lui anche la signora Flavia, della quale Lorenzo si prende cura mentre si sfoga accarezzandole con dolcezza i capelli. Dopo dieci anni di solitudine ora Flavia sa di avere una nuova famiglia, quella di PizzAut, una rinascita.
E allora si potrebbero citare i numerosi aneddoti raccontati da Nico Acampora sulle ospitate in televisione, sugli incontri e sui viaggi per vedere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, papa Francesco o per tenere un discorso, breve, alle Nazioni Uniti a New York. Si potrebbe titolare l’articolo con il fondatore di PizzAut che se la prende contro il Vannacci-pensiero delle classi differenziate per gli studenti disabili, una follia. Ci si potrebbe dilungare anche a buona ragione sul prossimo obiettivo di allestire 15 furgoni sforna-pizza (l’unico già funzionante doveva arrivare a Lomagna, ma alla fine non è stato possibile), ciascuno dei quali può dare lavoro a cinque disabili, per viaggiare in tutte le Province lombarde. Si potrebbe aggiungere, come ha argomentato con efficacia Acampora, che gli insegnanti di sostegno dovrebbero avere un’alta formazione sulla disabilità perché nessuno si farebbe curare un problema al cuore da un ginecologo appassionatissimo e molto preparato nella sua di specializzazione. Ma in fondo il miglior esempio lo hanno lasciato quei due ragazzi, Manuel e Lorenzo, e le loro mamme, Cristina e Flavia, che stanno facendo la differenza affinché una vera inclusione sia possibile, passo dopo passo.
E se a Manuel andasse, sarebbe un piacere poter ospitare su Merateonline il suo tema. La sua sensibilità e il suo sguardo sapranno di sicuro raccontare il pomeriggio a Lomagna dello scorso sabato con più efficacia di quanto si sia tentato di fare in questo pezzo.
Marco Pessina