Robbiate: in “La scelta” Claudia Ryan racconta il partigiano Corrado Guaita

Il comune di Robbiate, in preparazione alla celebrazione del 25 aprile, ha organizzato due incontri per ricordare la Resistenza.

Un percorso sulla memoria portato avanti da anni dall’Amministrazione, per far riflettere come la storia sia stata, e viene fatta, da uomini comuni. Per questo motivo nel pomeriggio di sabato 20 aprile, l’insegnante Claudia Molteni Ryan ha presentato il suo romanzo “La scelta”, basato sulla storia vera di Corrado Guaita.
ClaudiaRyam2.jpg (637 KB)
Originario di Lomello, in provincia di Pavia, Corrado aveva 17 anni ed era uno studente di un locale istituto tecnico per geometri quando l’8 settembre 1943 scoppiò la guerra civile. Con la chiamata alle armi anche per i più giovani, il ragazzo dovette decidere in poche ore se presentarsi alla visita al distretto militare della neonata Repubblica di Salò o unirsi ai partigiani. Solo 87.000 dei 180.000 giovani nati tra il 1923 e il 1925 si presentarono all’appello, Corrado era uno dei tanti datosi alla macchia.
ClaudiaRyam1.jpg (905 KB)
Claudia Molteni Ryan

La scrittrice ha conosciuto Corrado Guaita, era il papà di due amici, Riccardo e Roberto, quest’ultimo presente in sala. Malgrado anni di frequentazione, l’insegnante venne a conoscere la sua storia solamente dopo la sua morte, nel 2016, quando Roberto le chiese di scrivere un’opera per tenere in vita l’esperienza del padre, che lui aveva iniziato a raccontare da anziano, quando nel 2000 fu istituita la Giornata della Memoria, scrivendo i suoi ricordi per portare la sua testimonianza nelle scuole. Nel libro, l'autrice ripercorre le vicissitudini di Guaita, sotto lo pseudonimo di Ettore, partendo da un viaggio in pullman verso casa in cui il partigiano ripensa all’accaduto, alle vicende che lo hanno visto protagonista tra il 1° novembre 1943 e il 18 agosto 1945, giorno in cui ritornò a casa dal periodo di prigionia ad Auschwitz.
ClaudiaRyam3.jpg (748 KB)
Roberto Guaita

Da Lomello, dopo il mancato arruolamento, Ettore viene accompagnato in bicicletta in Valsesia, per trascorrere l’inverno al freddo e al gelo sotto il comandante Aldo Aniasi, conosciuto come “Iso”. Un giorno, parlando con Corrado Bonfantini, emerge la sua conoscenza di Pavia, città dove Guaita stava studiando per diventare geometra. Fu così incaricato di reclutare i renitenti alla leva, un compito pericoloso che difatti gli costò l’arresto e il trasporto nel maggio 1944 al campo di concentramento polacco. Una permanenza che Guaita ha sempre raccontato a sprazzi e senza troppa precisione, probabilmente per difendersi dagli orrori e dal dolore provati. Le descrizioni dei luoghi, hanno però permesso all’autrice di individuare la baracca in cui era tenuto insieme ad altri italiani: nel Lager 1 di Auschwitz 3, nei momenti in cui non lavorava alla fabbrica di gomma Buna, conosciuta per aver avuto come prigioniero Primo Levi. L’uomo non aveva il numero identificativo sul braccio, né portava abiti a strisce, bensì i propri vestiti, mandati con premura dalla madre, capi in lana che Guaita ha rivelato essere ciò che l’hanno salvato dalle temperature polari.
ClaudiaRyam4.jpg (941 KB)
Un supplizio che terminò il 27 gennaio 1945, nove mesi dopo il suo arrivo, quando l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio. Ebbe inizio così l’avventura del viaggio di ritorno fra incontri, sodalizi, amicizie, ma anche difficoltà, paura e frustrazioni. Il giovane rischiò infatti di rimanere bloccato a Varsavia, che aveva chiuso i suoi confini, varcabili solo con il permesso dal Comando Supremo. Corrado, in preda alla disperazione, incontrò un ragazzo proveniente da un paese vicino a Lomello e insieme decisero di scappare, riuscendo a tornare a Pavia il 16 agosto 1945 con trenta chili in meno.
ClaudiaRyam5.jpg (901 KB)
“Scrivere questo romanzo è stato un viaggio avventuroso anche per me” ha commentato l’autrice, spiegando quanto sia stato necessario documentarsi e viaggiare per anni, per scoprire l’organizzazione dei partigiani, osservare i luoghi in cui avevano operato e soprattutto, seguire tutte le tappe percorse da Corrado in quegli anni, riportando al contempo avvenimenti storici con la maggior precisione possibile. Una narrazione che riporta fatti reali, con una punta autobiografica in alcuni personaggi, in parte inventati. Ettore è difatti il nome del nonno della scrittrice, che in quegli anni era soldato, il migliore amico Giancarlo ha adottato il nome dello zio, mentre Diana, una lavandaia che Ettore incontra prima della cattura, richiama le storie raccontate all’insegnante dalla madre, sui panni colorati che venivano lavati nel fiume Ticino. 

Al termine dell’incontro Roberto Guaita, figlio di Corrado, ha ringraziato Claudia Ryan per aver raccontato la storia del padre, sogno che l’uomo aveva sempre avuto, ma che non era mai riuscito a realizzare. “Nonostante Claudia non abbia potuto intervistare mio padre a causa dell’acuirsi della sua malattia, lui avrebbe voluto lasciare una testimonianza autobiografica, quindi so che lui sarebbe stato molto contento di questo romanzo, opera che spero possa aiutare a mantenere viva la memoria”.
I.Bi.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.