Robbiate: bucò la gamba di un 'rivale', 4 mesi (con pena sospesa) per un 21enne

Il PM, all'esito dell'istruttoria, aveva chiesto la riqualificazione del reato - più grave - di tentata estorsione aggravata in esercizio arbitratio delle proprie ragioni, formulando poi due richieste di condanna: 2 anni e 4 mesi per D.G.S., un anno e sei mesi per l'amico K.M., di origini africane. Il collegio giudicante del Tribunale di Lecco, nel pomeriggio odierno, ha chiuso il caso assolvendo il senegalese e irrogando invece 4 mesi - pena sospesa - all'altro per il solo reato di lesioni. Il ragazzino, oggi appena 21enne, è stato così sollevato da tutte le ulteriori accuse, incluso il porto di oggetti o armi atti a offendere e la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Al centro della vicenda processuale, il ferimento, nel 2019, di un giovane, con casa a Robbiate, allora minorenne, finito al pronto soccorso con un "buco" in una gamba, in prima battuta ricondotto, in fase d'indagini, dallo stesso, a un coltellino a farfalla armeggiato da D.G.S., particolare sul cui ricordo, rendendo testimonianza in Aula, è stato invece assai vago.
Nel primo pomeriggio di quel 29 ottobre, D.G.S., padernese, avrebbe citofonato alla persona offesa per chiedere di ottenere i 60 euro che il ragazzino gli doveva per aver acquistato da lui delle prevendite per una serata in discoteca. Avrebbe - nella versione proposta in Tribunale dallo stesso imputato - così interloquito con il padre dell'amico che gli avrebbe assicurato il saldo, raggiungendo poi K.M con cui doveva già incontrarsi in paese. Sarebbe però stato richiamato indietro dal robbiatese, adirato per la "piazzata" avvenuta poco prima. Uscendo dalla porta di casa quest'ultimo lo avrebbe subito colpito con un pugno, portandolo a estrarre di tasca le chiave con cui poi, involontariamente, avrebbe ferito la controparte. A dividerli sarebbe intervenuto l'amico senegalese che non avrebbe avuto altro ruolo, a suo dire, nella vicenda. Una versione che, a quanto pare, ha convinto i giudici che hanno lasciato cadere anche l'ipotesi di reato legata alla sostanza stupefacente trovata poi dai Carabinieri a casa di D.G.S.. La droga, pur in un quantitativo non così irrilevante, era stata ricondotta, sempre rendendo esame, dal 21enne all'uso personale, sostenendo come al tempo dei fatti avendo lasciato la scuola e potendo godere di 600 euro mensili ottenuti dal padre per il suo mantenimento, fosse solito trascorrere buona parte della giornata "fumando", indicando in 7 o 8 le canne giornaliere che era solito farsi, comprando quanto necessario "in blocco", così da risparmiare sull'acquisto. Il collegio, evidentemente, gli ha creduto.

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