Imbersago: una sera per parlare di donazione con le storie di chi è tornato a vivere e ora non vuole più perdere tempo

"Il dono non ha molto a che vedere con il regalo: si può regalare un qualsiasi oggetto materiale ma si può donare ciò che il denaro non può regalare" è con queste parole che il sindaco di Imbersago Fabio Vergani ha aperto ieri sera la conferenza intitolata "Il Dono" organizzata in Mediateca dall'associazione di Barzago "BarzaViva", la prima serata patrocinata dal Comune di Imbersago dall'inizio della pandemia e la seconda in assoluto promossa dall'associazione che aveva giusto inaugurato la propria attività lo scorso 21 febbraio 2020, poco prima del lockdown.

Il Presidente di BarzaViva Stefano Beretta

La parola "donare" è stata spesso oggetto di analisi attraverso le storie di Beatrice Proserpio, autrice del libro "Fra i battiti del tuo cuore", della vice-presidente di CasaAmica di Merate Laura Biffi, di Marco Galbiati, autore del libro "Il tuo cuore la mia stella", e del dott. Francesco Raponi, medico della neurorianimazione dell'ospedale di Lecco; in particolare l'intento della serata è stato quello di parlare a tutto tondo dell'atto della donazione di organi, con le esperienze di chi ha ricevuto, di chi ha donato e di chi sta nel mezzo.

Dopo l'introduzione del presidente di BarzaViva Stefano Beretta, la prima a prendere parola è stata Beatrice Proserpio, che ha raccontato la storia di suo compagno Saverio: "mio marito ha ricevuto in dono cinque anni fa il cuore di un donatore avendo sempre avuto problemi fin da giovane, fino a quando non si è ritrovato ricoverato in ospedale legato ad una macchina che lo teneva in vita, senza la possibilità di alzarsi dal letto. In quel momento abbiamo sperato che arrivasse un donatore compatibile perchè se così non fosse stato per lui non ci sarebbe stato nulla da fare". Beatrice ha spiegato che in quel momento "non speri che la gente muoia ma che si doni di più, perchè solamente in questo modo avremmo avuto qualche speranza". Il decorso operatorio è stato molto lungo e faticoso ma alla fine Saverio ce l'ha fatta e ad oggi vive una vita normale: un'esistenza completamente diversa rispetto a quella precedente al trapianto, in cui anche un gesto normale come il camminare risultava difficile. "Mentre Saverio era ricoverato scrivevo una sorta di diario" ha concluso la donna, "scrivere mi aiutava a vivere. Poi ho deciso di stamparlo e di venderlo a offerta libera per aiutare il reparto di cardiologia del Mandic che lo ha curato negli anni precedenti al trapianto".

Beatrice Proserpio

E l'ospedale di Merate è stato anche il punto di partenza della storia di Laura Biffi, vice-presidente dell'associazione CasaAmica di Merate: "sono entrata in pronto soccorso nel 2013, a 26 anni, per una banale emorragia alle gengive. Da lì è iniziato il mio calvario perchè ho scoperto di avere uno scompenso ai reni ma senza riuscire a trovare la causa". Laura ha raccontato la sua storia e di come per anni non ha saputo dare un nome a quella malattia, fino a quando le dottoresse dell'ospedale Manzoni -mancando al Mandic il reparto di nefrologia- l'hanno indirizzata da uno specialista a Milano che le ha riscontrato una malattia rara. "A Lecco mi era stato detto che prima o poi avrei dovuto iniziare la dialisi ma mi avevano prospettato che ci sarei arrivata 10 anni più tardi: i miei reni erano così compromessi che invece ho dovuto iniziare a farla a 28 anni. Pensavo di condurre una vita normale ma se ci penso ora, quella vita non era per niente normale".

Laura Biffi

A maggio del 2020 per Laura è arrivata finalmente la chiamata che tanto attesa: "ricordo ancora quella sera, stavo per coricarmi quando mi hanno chiesto se avessi accettato un rene per cui risultavo compatibile" ha raccontato, commuovendosi, "ovviamente ho accettato e il giorno dopo mi sono recata al Policlinico di Milano per l'operazione. I primi giorni sono stati terrificanti ma poi dal terzo ho ricominciato a vivere: una vita non come quella di prima, ma una nuova vita con una nuova consapevolezza".

 Marco Galbiati

Nel "mezzo" si pone invece il dott. Raponi, che, presa la parola, ha raccontato di essere uno di quei medici che valuta le condizioni del potenziale donatore per iniziare ad attivare la macchina della donazione. "Innanzitutto sono pochi i centri che possono effettuare il trapianto, essendo una procedura molto complessa deve esserci un équipe formata ad hoc, mentre ogni Asst deve essere in grado di prelevare un organo da un potenziale donatore. Costui deve però trovarsi in una condizione molto precisa: nella maggioranza dei casi si tratta di pazienti con una lesione cerebrale acuta gravissima, quindi sono pazienti ricoverati in terapia intensiva, che vanno incontro ad una condizione definita "morte encefalica", che giornalisticamente si contrappone alla cosiddetta morte cardiaca". Secondo il medico tuttavia non vi è una contrapposizione tra le due morti: "questa è la parte più difficile del mio lavoro, perchè devo spiegare ai parenti del soggetto ricoverato che per lui non c'è più nulla da fare perchè egli si trova in una situazione di cessazione irreversibile delle funzioni del cervello. Spesso è di difficile comprensione, in quanto il soggetto, trovandosi in terapia intensiva, ha ancora respiro e battito, ma è solo perchè collegato a macchinari e sotto l'effetto di farmaci". A quel punto il dottore ha spiegato come si attiva dal punto di vista pratico e legale la macchina della donazione, partendo dalla richiesta ai famigliari sull'intenzione o meno di acconsentire al trapianto: "sebbene al giorno d'oggi sia possibile indicare sulla carta d'identità la volontà o meno di donare, nella maggior parte dei casi noi dobbiamo chiedere alla famiglia: solo il 10% degli italiani ha infatti espresso una scelta".

Il dottor Francesco Raponi

A questo punto la storia del medico si è incrociata con quella di Marco Galbiati, un papà che ha perso il figlio Riccardo all'età di 15 anni mentre erano in montagna impegnati in una discesa sugli sci: "vi assicuro che quando ti chiedono se vuoi donare gli organi di tuo figlio tu inizialmente non sai cosa rispondere" ha detto Marco, agganciandosi al discorso del dottore, "lo shock di aver perso tuo figlio è talmente grande che non si è pronti ad una domanda del genere. La scelta l'ha fatta Ricky, è stato lui a dire a noi genitori che voleva donare i suoi organi per continuare a dare un senso positivo alla sua mancanza. Io penso che quando venga chiesto dai medici se si è o meno favorevoli al trapianto sia troppo tardi: è un momento in cui si è talmente sconvolti che si possono fare delle scelte non ragionate. Ecco perché ho presentato due leggi al Parlamento per il cambiamento dell'attuale legge sulla donazione". Nodo centrale, secondo Galbiati, è la possibilità di decidere se conoscere la persona che ha ricevuto l'organo del tuo caro: "ho fatto molte battaglie per sapere chi avesse ricevuto gli organi di Ricky, sono stato anche in tante trasmissioni, ho fatto molti appelli fino a quando mi è arrivato un messaggio anonimo con i dati della persona che aveva ricevuto il rene destro. Era un ragazzo di Bari. Conoscerlo mi ha aiutato ad elaborare il lutto".
Ora Galbiati si impegna a promuovere nelle scuole la testimonianza di suo figlio per sensibilizzare i ragazzi nella scelta della donazione e sostiene tante iniziative volte a portare i giovani a sviluppare le proprie passioni: pochi mesi fa è infatti stato aperto il primo ristorante didattico a Lecco con la scuola alberghiera presso cui Ricky studiava, perchè aveva il sogno di diventare un cuoco.

Stefano

La serata si è poi conclusa con la testimonianza di Stefano, un ragazzo che lo scorso 26 maggio 2021 ha ricevuto un trapianto di polmoni: "ho dovuto ricorrere al trapianto a causa di una fibrosi polmonare. Volevo dire che non è vero che noi trapiantati siamo persone deboli: non c'è mai stato un giorno in cui ho fatto vedere alla mia famiglia che stavo male, sorridevo sempre. Ho passato solo un giorno in rianimazione dopo il trapianto perchè avevo voglia di vivere. È questo ciò che succede dopo il trapianto: vivi con la voglia di dire "non voglio più perdere tempo". Ed è quello che sto facendo da 4 mesi a questa parte". Prima di salutare le tante persone che hanno preso parte alla serata, il Presidente di BarzaViva ha invitato tutti a partecipare alla prossima conferenza che si terrà a Barzago il 12 novembre per sensibilizzare sul tema della neurofibromatosi.
Beatrice Frigerio
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