Merate, gli infermieri del Frisia dopo l’avvio delle indagini: abbiamo sofferto, vi stupirete di quanto ci siamo impegnati



Sono una ventina i fascicoli aperti dalla Procura di Milano per indagare che cosa è accaduto in questi due mesi di pandemia all’interno delle residenze anziani e il perché di tante morti. Tra questi, come è noto, anche quello relativo al Pio Albergo Trivulzio, dove secondo dati ATS almeno il 30% dei pazienti è risultato positivo. Ciò non vuol dire, però, che tra gli operatori sanitari di queste strutture sia mancato l’impegno necessario per provare a fermare il contagio. E’ quello che sostengono alcuni infermieri del Frisia di Merate (RSA gestita dall’istituto milanese finito nel ciclone dell’inchiesta) firmatari di una lettera in cui difendono a spada tratta loro operato. Riportiamo uno stralcio della missiva, nella quale gli operatori si rivolgono ai magistrati che da settimane indagano sulle RSA, e diffusa in data odierna.
Eccoci.
Noi sopravvissuti eravamo qui ad aspettarvi, in questi due lunghi mesi di vostra assoluta indifferenza istituzionale.
Nessuno sembrava voler indagare (o gestire?) la situazione RSA, eravamo invisibili agli occhi delle istituzioni.
Venivano effettuati tamponi solo a chi venisse ricoverato in ospedale.
Abbiamo seguito le direttive aziendali ricevute, che nelle sedi preposte verranno analizzate e giudicate. Ora siete arrivati, bene, abbiamo la vostra attenzione.
Qualcuno vuole sapere se abbiamo fatto tutto il possibile: abbiamo sofferto molto, questo è certo, ma resterete stupiti di quanto abbiamo combattuto.
Abbiamo studiato e fatto tutto quello che si poteva su questo virus, del quale perfino la comunità scientifica sapeva ancora poco.
Noi sanitari tutti delle RSA, con i nostri pazienti, in questa tempesta, siamo stati lasciati su una scialuppa di salvataggio in mezzo al mare in tempesta. Niente motore, niente remi. C'era rimasto solo il timone. E lo abbiamo usato.
La nostra stella polare la conoscevamo bene, sin dall'inizio della nostra carriera. Siamo sanitari, medici, infermieri, Oss, terapisti di riabilitazione, educatori: ci siamo dedicati ai nostri pazienti.
Professionisti sanitari di serie B, secondo il vostro parere.
Noi non la pensiamo così, noi invece amiamo con ancora più forza la nostra professione in questo ambito.
Noi che ci occupiamo di pazienti anziani, di persone, che si trovano un po' più in là del vostro target, noi ci prendiamo cura dei nostri pazienti.
Voi sanità, ospedali, voi li salvate, li operate, li curate. Voi date tempo, speranza, guarigione.
Noi nell'ambito sociosanitario, dove non c'è più spazio per la guarigione, diamo valore al loro tempo, restituiamo dignità alla loro disabilità, accompagniamo e alleviamo le sofferenze quando il tempo ormai sta per scadere.
Noi godiamo del cielo blu e dei raggi di sole che stamattina illuminano la stanza, al loro risveglio con dedizione ci prendiamo cura di chi da solo ormai non ce la fa più.
Eccoli qui, pettinati, puliti, profumati, ben seduti, pronti per una nuova giornata. ''Quanto è buono il caffè latte stamattina''. ''Ah, la mia infermiera, sempre le solite pastiglie eh?''. ''Dottoressa, dottore, me lo dà qualcosa per quel dolore?''. ''Quanto insiste la mia fisioterapista, per oggi sto in piedi bene, guarda che brava sono!''. ''Oggi l'arrosto, così tenero che riesco a mangiarlo, che buono!''. ''Signorina, devo andare in bagno''...
Chi non ha parole, invece, ci guarda. Quello sguardo dice tutto, non ha modo di dire quali siano i suoi bisogni ma sappiamo comunque individuarli e fare in modo che siano garantiti e soddisfatti.
Solo piccole cose?
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