Merate: Federica Bonfanti, 25 anni, in Belgio per amore e per lavoro. ''Qui non c'è la consapevolezza del dramma da Covid''

Federica Bonfanti, 25 anni è nata e cresciuta a Merate.
Papà Pierluigi è noto in città per la sua attività di fotografo e per essere stato candidato sindaco per il movimento Cinque Stelle alle scorse elezioni comunali. La mamma Anna lavora come infermiera al Pronto soccorso dell'Ospedale Mandic. Federica ha due fratelli: Simone, 19 anni, noto in città per l'attività sportiva e che ha conquistato la maglia Azzurra nel Lancio del giavellotto e la sorella Chiara di 20 anni, che ha lavorato come commessa in un negozio in città.Federica ha lasciato Merate ormai da oltre quattro anni. Prima ha trascorso due anni a Parigi, a Versailles esattamente, come ragazza alla pari. Quando la sua esperienza parigina stava volgendo al termine, meditava di trasferirsi in Svezia o in Australia, ma Cupido ci ha messo lo zampino. Così, un pomeriggio mentre passeggiava per Parigi ha conosciuto Lars, giornalista e inviato di guerra fino a qualche tempo fa per la rete Al Jazeera. I due si sono innamorati e successivamente sono andati a vivere insieme ad Anversa, città dove abitava appunto il giovane. Federica ha trovato lavoro come commessa in una trattoria dove ha anche imparato a fare la pizza. Ma il suo sogno nel cassetto sembra essere quello di seguire l'esempio della madre e diventare infermiera. Ora però, dopo la pandemia, come molti, potrebbe rivedere i suoi progetti. Adesso gode la vita nell'incantevole città delle Fiandre, dove ha trovato anche l'amore.


Pierluigi, Anna, Chiara, Simone e Federica


Il Belgio è il Paese europeo con il più alto tasso di mortalità per Covid-19, ma gli unici a non rendersene conto sembrano essere proprio loro.  Addirittura, alla vigilia del lockdown hanno organizzato feste a tema sul Coronavirus. Federica sembra essere una tra le poche che hanno percepito quello che è successo e soprattutto quello che potrebbe ancora accadere a seguito della diffusione del Covid-19. E' rimasta chiusa in casa per un mese, anche se ha lavorato per una settimana dopo che le autorità avevano dichiarato il lockdown. Tuttavia, da venerdì scorso è tornata dietro il banco. Il titolare ha chiesto se Federica se la sentisse di rientrare e lei ha accettato. Dal suo osservatorio privilegiato ci ha raccontato come ha vissuto l'emergenza Coronavirus ad Anversa, ma anche il patema per la sua famiglia che vive a Merate, al centro di uno dei territori più colpiti dal virus. Soprattutto ci ha raccontato la preoccupazione per la madre, che lavora al Pronto Soccorso del "Mandic".


"Sinceramente tornando in negozio venerdì mi aspettavo di trovare molta meno gente in giro, invece stiamo lavorando veramente tanto ed è proprio per questo motivo che mi è stato chiesto di rientrare. Ovviamente la parte ristorante è chiusa, ma il servizio di asporto e consegna a domicilio funziona alla grande. Io avevo chiesto di poter stare a casa per precauzione anche nei confronti del mio fidanzato che è un soggetto debole rispetto al virus. Sono rimasta a casa un mese ma poi mi hanno domandato di tornare... Il titolare del negozio durante l'emergenza ha fornito pasti all'ospedale per medici e infermieri. Per questo la televisione nazionale gli ha dedicato un servizio e ciò ovviamente ha anche fatto aumentare il lavoro in trattoria. La gente non sembra avere la consapevolezza di quello che sta accadendo. Il 9 marzo è scattato il lockdown ma il negozio dove lavoro, trattando generi alimentari, ha potuto restare sempre aperto. La gente si ferma fuori, negli spazi contrassegnati ed entrano al massimo due persone alla volta. La Polizia passa ogni tanto e controlla che vengano rispettate le regole." Nonostante la grave situazione Federica in questo periodo sta lavorando senza mascherina, e come lei molte altre presone. "Le mascherine non ci sono, sono esaurite. Abbiamo i guanti, i disinfettanti per le mani e inoltre c'è una parete in plexiglas che separa noi dai clienti. Il titolare le ha ordinate e stiamo aspettando che arrivino ma al momento sono andate sold out. Ora si dice che il 3 maggio probabilmente cominceranno a riaprire i negozi di abbigliamento, mentre continueranno a restare chiusi i ristoranti e i pub... Ai commercianti che hanno chiuso il negozio il Governo ha dato 4 mila euro e questo ha favorito la chiusura, anche se non tutti hanno aderito".

Federica al lavoro in trattoria


Ma come è iniziata l'emergenza ad Anversa? "Qui la situazione è precipitata dopo rispetto all'Italia, ma sono successe cose incredibili. Sabato 7 marzo, due giorni prima del lockdown, sapendo che dal lunedì successivo bar, ristoranti, pub e discoteche avrebbero chiuso, c'è stato chi ha organizzato delle grandi feste a tema per il Coronavirus, alle quali hanno partecipato tantissimi giovani che si sono contagiati. Ricordo che quella sera ho lavorato molto perché tutti si volevano divertire e restare fuori... Io sapevo quello che stava accadendo in Italia, ero molto a disagio e non vedevo l'ora di tornare a casa. Per un paio di settimane poi non si è visto nessuno in giro, ora invece, complici anche le belle giornate di sole che qui sono abbastanza rare, nel pomeriggio la città si anima. C'è parecchia gente che passeggia, chi con la mascherina e chi senza. Molti si siedono sulle panchine a chiacchierare come se nulla fosse...".

Questo potrebbe spiegare in qualche modo perché il Belgio alcuni giorni fa è salito alla ribalta delle cronache per essere finito in cima alla poco invidiabile classifica di Paese con il più alto tasso di mortalità da Covid-19 in Europa, ma anche per il tasso di letalità più elevato. Il numero dei morti infatti rispetto alla popolazione totale è particolarmente elevato (471 ogni milione di cittadini, contro i 384 dell'Italia) così come quello dei decessi tra chi è risultato positivo che è del 14,6 per cento contro il 13,2 del nostro Paese.  Nonostante la situazione drammatica prospettata dai numeri il sistema sanitario sembra avere retto meglio del nostro.
"Gli ospedali sono sempre stati in grado di far fronte alla situazione. Addirittura pare che nonostante l'ondata di ricoveri solo un terzo dei posti di Terapia intensiva siano stati occupati. Forse anche questo ha contribuito nel ridurre la percezione della gravità della situazione. Non mi risulta che qui si siano verificate situazioni di ospedali travolti dall'emergenza con un numero impressionante di contagiati". Anna, la mamma di Federica, lavora come infermiera in Pronto Soccorso a Merate e per questo ha conosciuto direttamente le drammatiche situazioni vissute nei presidi sanitari nei giorni dell'emergenza.
"Sentivo al telefono mia madre, che per giorni e giorni ha lavorato quasi ininterrottamente e mi raccontava quello che succedeva. Forse anche per questo ho maturato una consapevolezza maggiore rispetto a chi vive qui. Ricordo che un paio di settimane fa stavo andando a ritirare la busta paga e contemporaneamente messaggiavo con mamma. Quando ha capito che ero uscita di casa ha iniziato con le raccomandazioni... Alla fine è riuscita a trasmettermi la sua preoccupazione e a qual punto sono tornata casa. Confesso però che quando ho visto sul web il video girato sabato dalla Croce Rossa in occasione del "Tank you day" in ospedale, vedendola con la mascherina sul volto, tra le autorità e gli alpini ho provato una grande emozione, sono orgogliosa di lei. Tornando invece ad Anversa, devo dire che qui hanno una percezione diversa del Coronavirus, lo vedo anche dalla gente che viene in negozio, sono tranquilli. Anche nel rispetto delle distanze c'è grande disinvoltura, non c'è preoccupazione, nonostante la drammaticità dei dati...".

 

E infatti è di queste ore la notizia, anche se non ancora ufficiale, che le scuole potrebbero riaprire il 15 maggio prossimo. Federica avrebbe voluto rientrare in Italia a fine febbraio scorso, per partecipare al funerale della nonna venuta a mancare in quei giorni, ma purtroppo non è stato possibile. Probabilmente se fosse tornata in Italia, non sarebbe poi più riuscita a rientrare in Belgio. "Mi hanno sconsigliato il viaggio e così alla fine ci ho rinunciato... Mi è dispiaciuto molto, ma non ho avuto alternative. Ho visto la mia famiglia l'ultima volta a fine gennaio e adesso non so quando potremo rivederci. Ero preoccupata per quello che accadeva in Italia, in particolare per la mamma perché lavorando al Pronto soccorso è stata per settimane nel punto più caldo e pericoloso dell'emergenza Covid-19. Per fortuna sembra che sia andato tutto bene, anche se ci vorrà molto tempo per superare questa esperienza. Per il futuro non so... Non riesco ad essere ottimista come i belgi, non riesco ad immaginare cosa succederà, resto comunque preoccupata". Visti i numeri che in questi giorni si registrano ancora in Belgio, ha buoni motivi per esserlo.
Angelo Baiguini
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