Non sono eroi di un momento, sono donne e uomini che combattono una guerra per noi dentro un avamposto pubblico che va difeso oggi e anche domani quando la situazione si normalizzerà. A loro diciamo grazie di cuore
Oggi sono sulla bocca di tutti, nell’enfasi popolare sono assurti al rango di eroi. Per noi che conosciamo molti di loro da ben prima dell’emergenza, sono donne e uomini che hanno a cuore il loro lavoro di medici, infermieri, operatori socio-sanitari, ausiliari. Certo in queste ultime sei settimane i sacrifici – e i rischi – sono stati enormi rispetto al lavoro ordinario. Molti hanno lasciato le case in cui abitano, e dove vivono tuttora mogli, mariti, padri, madri, figli, per non rischiare di contagiarli dal virus che loro stessi potrebbero aver contratto in corsia, soprattutto nelle fasi iniziali dell’epidemia quando i dispositivi di protezione erano scarsi e spesso inefficaci. Si sono sottoposti a turni massacranti, si sono ammalati. Hanno guardato negli occhi il paziente prima di intubare per raccoglierne lo sguardo implorante di aiuto, forse il testamento, l’ultimo volto prima del grande sonno. Impotenti hanno visto morire anziani senza poter fare nulla per salvarli.
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