Merate: è morto Padre Francesco Mattesini maestro degli studi letterari, aveva 92 anni
Riposava al convento di Sabbioncello dopo una vita dedicata agli studi letterari e riposa ora in pace uno dei grandi maestri della letteratura del secolo scorso e di quello che stiamo vivendo.
Padre Francesco Mattesini, filologo dantesco, poi preside della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano, guida e maestro di generazioni di studenti che con lui si sono formati, che sono poi diventati a loro volta insegnanti, e che di lui conservano l’impronta di uno studio appassionato e tenace, toscano – come Dante – e come Dante risoluto, deciso, sicuro.
Nel 1996 Mattesini pubblica il volume “Manzoni e Gadda”, due “gran lombardi” il cui impegno letterario e la cui ragionatissima cura stilistica hanno una comune matrice conoscitiva, e morale. Come lo fu per Dante e per tutti i Poeti, capaci di cogliere nell’arte della parola delle scintille di Rivelazione.
Padre Francesco ne è stato per tantissimi di noi il traduttore, l’ermeneuta, l’interprete più saggio e illuminato, forse perché una scintilla di quella Parola la portava nel cuore.
Dallo scorso lunedì dell’Angelo padre Francesco, 92 anni, ne discute finalmente a tu per tu con i suoi amici Manzoni, Pirandello, Carducci, Ungaretti, Francesco d’Assisi (che prima che un santo fu un letterato, e Mattesini ce l’ha spiegato per bene), e Dante, e padre Gemelli, e Lazzati, e gli altri che hanno fatto grande l’Università Cattolica, e tutti noi che ne siamo i figli.
Padre Francesco Mattesini, filologo dantesco, poi preside della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica di Milano, guida e maestro di generazioni di studenti che con lui si sono formati, che sono poi diventati a loro volta insegnanti, e che di lui conservano l’impronta di uno studio appassionato e tenace, toscano – come Dante – e come Dante risoluto, deciso, sicuro.
Chi ha avuto la fortuna di frequentare i chiostri della Cattolica in quegli anni, di salire la “scala G” verso il Centro di Ricerca di Letteratura e Cultura dell’Italia Unita, si sente ora privilegiato di aver condiviso un tratto di strada dietro le orme di un tale maestro.
Più che dietro, “accanto”, perché i maestri veri non corrono avanti dicendoti di seguirli ma accettano di camminarti di fianco, fingono di lavorare insieme con te, di scoprire insieme, perché tu possa “rubare il mestiere” da loro. Ci sentiamo tutti, noi che ne abbiamo raccolto l’eredità nelle aule in cui insegniamo, che siano quelle dell’Ateneo o quelle di una scuola di provincia, nani sulle spalle di un gigante.
Padre Francesco aveva sempre con sé il breviario e la “Commedia”, il “sacrato poema”, secondo la titolazione dantescamente più accreditabile, in un’edizioncina piccola, maneggevole, che spesso leggeva, o fingeva di leggere, perché in realtà citava a memoria. C’è una Fede che ispira e suscita l’amore per le Lettere, e c’è una fede per il rigore dello studio delle stesse Lettere che alimenta essa stessa la Fede, e davvero ho usato la maiuscola per la prima solo per non generare bisticci interpretativi in un articolo di giornale, ma non saprei quale delle due la meriti di più.Nel 1996 Mattesini pubblica il volume “Manzoni e Gadda”, due “gran lombardi” il cui impegno letterario e la cui ragionatissima cura stilistica hanno una comune matrice conoscitiva, e morale. Come lo fu per Dante e per tutti i Poeti, capaci di cogliere nell’arte della parola delle scintille di Rivelazione.
Padre Francesco ne è stato per tantissimi di noi il traduttore, l’ermeneuta, l’interprete più saggio e illuminato, forse perché una scintilla di quella Parola la portava nel cuore.
Dallo scorso lunedì dell’Angelo padre Francesco, 92 anni, ne discute finalmente a tu per tu con i suoi amici Manzoni, Pirandello, Carducci, Ungaretti, Francesco d’Assisi (che prima che un santo fu un letterato, e Mattesini ce l’ha spiegato per bene), e Dante, e padre Gemelli, e Lazzati, e gli altri che hanno fatto grande l’Università Cattolica, e tutti noi che ne siamo i figli.
Stefano Motta