03. IL SIGNORINO CERONTE




Il signorino Ceronte lo prendono in giro

fin da quando, da piccolo, andava all’asilo:

sarà per il corno o per gli occhi piccini,

se si gira e si muove, infilza i bambini.

 
Non vuole far male, è che è complicato

danzare leggero come un ballerino,

anche se veste sempre azzimato

e tutti lo chiamano “signorino”.

 
Che papà Ceronte ci tiene alla forma:

e gli impone il bagno ogni mattina,

camicia e maglione, e la cravattina,

e guai a lui se qualcosa non torna.
 

“È ‘sto corno, papà, che mi dà fastidio!”

gli dice piangendo alla solita battuta

che ha dovuto subire per un caduta,

ma non riesce a spiegarsi, e continua il dissidio:
 

“Siam nati così, è la nostra natura”

gli dice Ceronte, orgoglioso del suo,

che è un corno possente, e fa persino paura:

“Un giorno sarà così anche il tuo!”.
 

Il signorino Ceronte lo prendono in giro,

ma non è per il corno, né per il testone,

che ognuno di noi è fatto a suo modo

chi ha le gambe storte, chi ha il sederone…
 

Basterebbe forse un bel paio di occhiali

e non darebbe testate quando cammina,

e andrebbe volentieri anche all’asilo,

e sarebbe più bella ogni mattina.
 

L’oculista Battista lo dice al Ceronte:

“Il signorino legge tanto, ha gli occhi stanchi:

bisognerebbe che portasse gli occhiali”

e glieli calca sorridente sopra la fronte.
 

Il signorino Ceronte sfreccia felice

un bolide grigio, elegante e veloce,

il corno è l’alettone di una strana Ferrari,

e guarda il futuro, coi suoi nuovi fanali.

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Stefano Motta
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