RISPONDERE PER LE RIME – (ALTRE) DIECI FILASTROCCHE
"Rispondere per le rime" è espressione usata ancora oggi per quei battibecchi nei quali l'uno e l'altro dei contendenti non si risparmiano quanto a verve polemica e ribattono le argomentazioni punto su punto, con vivacità pari a quella di chi li ha apostrofati. Che questo serva allo scopo è tutto da dimostrare, valendo spesso di più un bel silenzio o un catartico "vaffa", a seconda della vaglia dell'avversario di turno. Con i contendenti cólti, dei quali si ha stima e persino amicizia, la si butta in versi però. Così si faceva nel Due-Trecento con le tenzoni liriche, "botta e risposta" di sonetti tra due poeti che spesso erano costruiti con una stretta corrispondenza nello schema e persino nelle sonorità delle rime.
Così è, per esempio, tra Meo Abbracciavacca e Guittone d'Arezzo, o - come ognun sa - tra Forese Donati e Dante Alighieri, con versi salacissimi.
Io non ho mezzi per rispondere a questo virus. Alcune certezze basilari sono state minate dai tromboni che emanano gride manzoniane senza dare i mezzi per poterle rispettare, e a loro sì andrebbe risposto per le rime. Mentre scelgo la sciarpa di seta più in tinta per accingermi all'autocertificata passeggiata, mi accorgo che l'incazzatura non è affatto scemata e urgono rimedi veri, non per finta. Ho fatto delle rime: ops! Ho fatto delle rime, scrivendo in prosa, senza andare a capo, ma ho inanellato suoni corrispondenti tINTA-passeggiATA-scemATA-fINTA. Perché noi parliamo così, senza accorgercene.
Perché la rima è musica, e tutti cerchiamo armonia nel nostro periodare, persino nei cori da stadio.
La rima è feconda, perché è come i cioccolatini: una tira l'altra. E non è difficile, una volta preso il ritmo, continuare all'infinito, rimando un po' "all'impronta", come si faceva nel Duecento a Firenze e ancora si fa in qualche osteria tra l'Emilia e la Garfagnana.
La rima è attesa, perché quando hai capito il gioco, sai già con quale suono finirà il verso che ti accingi ad ascoltare.
E la rima è sorpresa, perché i poeti veri, quelli bravi, sanno a volte disorientarti, e non ti danno sempre il suono che ti aspetti.
I bambini amano le rime, le filastrocche, le nenie, perché vivono in questa attesa, e completano i versi con le parole finali, che hanno memorizzato.
E ridono di gusto delle sorprese, quando chi legge sa stupirli con un gioco linguistico che sfrutti la sonorità e riveli mondi nuovi. Perché cuORE fa rima con amORE, ma volendo anche con cavolfiORE o trattORE, basta avere il coraggio di sorridere un po'.
Speravo di uscirne prima da questo virus, ma la quarantena si protrae e i figli sono avidi di storie. Come già due settimane fa, non mi vergogno di regalare anche ai lettori di Merateonline, Leccoonline, Casateonline, queste mie storielle fatte in casa.
"Enrico il baleno".Bestiario infantile in versi in tempi di Coronavirus raccoglie dieci filastrocche, una sorta di "risposta per le rime" a questo virus:
· Enrico il baleno
· Il gufo Saverio
· Il signorino Ceronte
· L'apennastilo
· Le Prottine
· Lele Fante
· La giraffa Marcella
· Lo 'Mbrico
· La lumaca Giovanni
· Biagio Lalce
Le illustrazioni che le accompagnano sono di Fiammetta Brumana. Se queste storielle non dovessero dispiacervi, vogliatene bene a chi le ha scritte, e anche un pochino a chi le ha illustrate. Ma se in vece dovessimo riuscire ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.
Stefano Motta - www.stefanomotta.net