Comunicato sindacale unitario sull'emergenza Covid
CGIL CISL UIL stanno seguendo con particolare attenzione la situazione lavorativa in provincia di Lecco. “Ancora oggi, infatti, ci sono troppe aziende aperte nonostante prosegua l’emergenza sanitaria in tutto il Paese – spiegano i segretari di Cgil Lecco (Diego Riva), Cisl Monza Brianza Lecco (Mirco Scaccabarozzi), Uil del Lario (Salvatore Monteduro) –. Nel nostro territorio i malati di Covid-19 sono ancora tantissimi e, come si può leggere tutti i giorni dalla cronaca locale, i decessi non si arrestano. Cittadine e cittadini sono estremamente preoccupati per il diffondersi del virus e noi con loro. Non c’è famiglia lecchese che non abbia visto nella sfera familiare un proprio caro colpito dalla malattia.
Proprio per questo continuiamo con la prefettura a monitorare le attività aperte, chiedendo anche alle nostre Rsu e a tutte le lavoratrici e i lavoratori, di controllare attentamente la situazione in azienda. I titolari delle attività giudicate necessarie devono mantenere alta la guardia e garantire ai dipendenti i Dpi (dispositivi di protezione individuale), le soluzioni idroalcoliche disinfettanti, ambienti sanificati periodicamente e tutte le procedure previste dal protocollo del 14 marzo 2020 firmato da Governo, organizzazioni sindacali e associazioni datoriali. Inoltre, in ogni occasione possibile, devono incentivare ed estendere lo smart working.
Ci sono, però, ancora molte attività produttive che non sono assolutamente necessarie ed essenziali (come definito dal Dpcm del 22 marzo 2020), che sono attualmente aperte e normalmente in attività. Riteniamo che sia fondamentale ridurre il più possibile la circolazione delle persone per evitare il diffondersi del contagio. È una fase critica, proprio per questo è importantissimo che tutti facciano la propria parte per evitare ricadute ancora più pesanti a livello sanitario e vanificare i sacrifici fatti fino ad oggi da tutti i cittadini e cittadine. L’incontro avvenuto in videoconferenza in data 3 aprile con la prefettura ci ha permesso di affrontare con Ats e Asst alcuni temi noti, che riguardano l’emergenza sanitaria anche dentro e fuori gli ospedali del lecchese che sono fonte di preoccupazione, questioni che meritano molta attenzione. Abbiamo segnalato ai soggetti al tavolo la necessità di approvvigionare e dotare gli operatori sanitari e gli addetti alle pulizie (lavori di pulizia e per la sanificazione degli ambienti ecc. ecc) degli idonei e adeguati dispositivi di protezione individuale. Abbiamo, inoltre, ravvisato l’esigenza di individuare strutture per allocare le persone meno gravi e/o in 40ena dimesse dagli Ospedali. Alloggi che potrebbero essere utilizzati anche ai dipendenti preoccupati di infettare i propri cari tornando a casa dopo il lavoro svolto a contatto con gli ammalati di Covid-19.
Per concludere, se si vuole riaccendere il volano dell’economia del paese e se si vuole riaprire le attività produttive il prima possibile, chiediamo che ora ci si fermi, altrimenti tutti i sacrifici fatti finora saranno inutili. La fase due potrà e dovrà essere attuata con gradualità quando le condizioni potranno garantire la giusta sicurezza alle persone. Auspichiamo che il Prefetto e le autorità vigilino ancora di più sulle imprese aperte, verificando che tutte le misure di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro siano rispettate, al primo posto ci deve essere la salute della collettività. Questa è la più grave emergenza dal secondo dopoguerra a oggi".
Proprio per questo continuiamo con la prefettura a monitorare le attività aperte, chiedendo anche alle nostre Rsu e a tutte le lavoratrici e i lavoratori, di controllare attentamente la situazione in azienda. I titolari delle attività giudicate necessarie devono mantenere alta la guardia e garantire ai dipendenti i Dpi (dispositivi di protezione individuale), le soluzioni idroalcoliche disinfettanti, ambienti sanificati periodicamente e tutte le procedure previste dal protocollo del 14 marzo 2020 firmato da Governo, organizzazioni sindacali e associazioni datoriali. Inoltre, in ogni occasione possibile, devono incentivare ed estendere lo smart working.
Ci sono, però, ancora molte attività produttive che non sono assolutamente necessarie ed essenziali (come definito dal Dpcm del 22 marzo 2020), che sono attualmente aperte e normalmente in attività. Riteniamo che sia fondamentale ridurre il più possibile la circolazione delle persone per evitare il diffondersi del contagio. È una fase critica, proprio per questo è importantissimo che tutti facciano la propria parte per evitare ricadute ancora più pesanti a livello sanitario e vanificare i sacrifici fatti fino ad oggi da tutti i cittadini e cittadine. L’incontro avvenuto in videoconferenza in data 3 aprile con la prefettura ci ha permesso di affrontare con Ats e Asst alcuni temi noti, che riguardano l’emergenza sanitaria anche dentro e fuori gli ospedali del lecchese che sono fonte di preoccupazione, questioni che meritano molta attenzione. Abbiamo segnalato ai soggetti al tavolo la necessità di approvvigionare e dotare gli operatori sanitari e gli addetti alle pulizie (lavori di pulizia e per la sanificazione degli ambienti ecc. ecc) degli idonei e adeguati dispositivi di protezione individuale. Abbiamo, inoltre, ravvisato l’esigenza di individuare strutture per allocare le persone meno gravi e/o in 40ena dimesse dagli Ospedali. Alloggi che potrebbero essere utilizzati anche ai dipendenti preoccupati di infettare i propri cari tornando a casa dopo il lavoro svolto a contatto con gli ammalati di Covid-19.
Per concludere, se si vuole riaccendere il volano dell’economia del paese e se si vuole riaprire le attività produttive il prima possibile, chiediamo che ora ci si fermi, altrimenti tutti i sacrifici fatti finora saranno inutili. La fase due potrà e dovrà essere attuata con gradualità quando le condizioni potranno garantire la giusta sicurezza alle persone. Auspichiamo che il Prefetto e le autorità vigilino ancora di più sulle imprese aperte, verificando che tutte le misure di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro siano rispettate, al primo posto ci deve essere la salute della collettività. Questa è la più grave emergenza dal secondo dopoguerra a oggi".