Merate, Claudio Ferrario neo presidente della Croce Rossa: mai pensato di attendere 3 ore con un paziente in ambulanza

Ha fatto il suo battesimo del fuoco da presidente della Croce rossa di Merate (con sede a Olgiate) proprio quando il coronavirus è esploso in tutta la sua violenza.

Claudio Ferrario alla guida del sodalizio di assistenza, in prima linea per dare supporto agli operatori sanitari e alla popolazione, è un ex impiegato di banca che da 4 anni e mezzo, complice il pensionamento, ha deciso di dedicarsi al volontariato. Sulle ambulanze si è trovato quasi per caso. Sulla scia della moglie che da 3 lustri già dedicava il suo tempo libero alla Croce Rossa, Claudio inizialmente aveva pensato di mutuare le sue competenze in ambito amministrativo anche per l'associazione. Poi una cosa tira l'altra e trovarsi a bordo un mezzo di soccorso è stato un attimo. Inversamente proporzionale sarà, in un lontano domani, scenderci perchè il volontariato ti entra nelle ossa, ti fa sentire utile e diventa una parte essenziale della tua giornata dove i tasselli dei valori vengono messi nell'ordine giusto.

Al servizio di trasporto pazienti verso le strutture per le visite oppure per la dialisi, si affianca l'attività di 118 che ora ha preso il "sopravvento" data l'emergenza. Il "fermo" forzato dal lavoro e dalle attività scolastiche ha però fatto sì che ci fosse una maggiore disponibilità tra i volontari, in termini di tempo e a ruotare sono in una cinquantina.  

Come è stato l'impatto con l'esplosione dell'emergenza?

Nessuno era preparato a tutto ciò. Solo due settimane fa nessuno avrebbe mai pensato di trasportare una persona in pronto soccorso in ambulanza e di dover aspettare 2/3 ore prima di poter fare l'accettazione e affidarla ai medici. All'inizio è stato traumatico. Abbiamo dovuto fare un cambio di mentalità completo. Le mascherine erano l'ultimo dei problemi per noi soccorritori perchè le emergenze erano di tutt'altra natura.  

Ora quando iniziate il turno qual è il primo pensiero e l'ultimo quando rientrate a casa?

Quando suona la campana che ci dice di salire a bordo del mezzo, la tensione sale molto di più rispetto al passato perchè sappiamo che l'intervento sarà probabilmente correlato al coronavirus e quindi c'è la preoccupazione di chi si andrà a prelevare al domicilio, le sue condizioni, la sua eventuale positività e dunque il rischio di contagio. Con tutte le accortezze del caso ce la si fa e si va avanti. Perchè l'utilizzo dei presidi è quello che fa la differenza. Ogni volontario ha una famiglia e dei parenti a casa e la paura è quella di contrarre il virus e contagiarli. Ma prestiamo la massima attenzione a tutela nostra e loro. Bisogna capire che è meno a rischio il soccorritore con la mascherina che non la persona ammassata al supermercato a fare la spesa, senza alcuna protezione. Dobbiamo prendere questo nuovo stile di vita come un'abitudine da non abbandonare.  

Cosa significa avere un paziente in attesa in ambulanza, che non sa ancora quale sarà il verdetto per un suo eventuale contagio?

Si respira tensione e angoscia anche perchè adesso il parente non può stare con il trasportato, né sull'ambulanza (che era concesso solo se si trattava di un bambino) e nemmeno seguire in auto e poi attendere in sala di aspetto. L'emergenza ha annullato qualunque forma di vicinanza della famiglia che a volte resta qualche giorno senza avere notizie del proprio caro. Ci troviamo a dover provvedere anche alle cose più pratiche, banalmente recuperare dei vestiti di ricambio per il paziente che nessuno gli può portare e che nel momento del viaggio in ambulanza non è stato possibile preparare.  

Come è cambiato l'ambiente dell'ospedale da tre settimane ad oggi?

Se uno frequentasse il pronto soccorso e la rianimazione e vedesse cosa sono diventati, sono certo che ascolterebbe le indicazioni e starebbe a casa, senza andare in giro inutilmente violando le disposizioni che sono a tutela della salute pubblica. Il problema è che si pensa sempre che questa cosa possa capitare agli altri lasciando noi indenni. E invece non è così. Medici e infermieri sono allo stremo e per arrivare dappertutto si stanno annullando.  

Quindi l'appello è...

Restate tutti a casa
S.V.
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