6. PARALIPOMENI ALLA PERISTERANTROPOMACHIA, LA BATTAGLIA TRA I PICCIONI E GLI UMANI

Dieci novelle in dieci dì al pc dette

6.Paralipomeni alla Peristerantropomachia, la battaglia tra i piccioni e gli umani
(da leggersi solo da parte di chi è disposto a fare i versi ad alta voce)



“Gru gru, gru gru, frrrrrrr” fa lei, stizzita.
“Gru gru gru…”, fa lui, di meno parole,
mentre sopra i tetti è già alto il sole,
lei lo guarda di traverso, tutta impettita.
“Che ci posso fare io, tesoro?”, gruga lui
mentre caracolla lungo il filo della corrente,
e lei si allontana apposta, tutta traballante:
“Pensi sempre a tutti, e non pensi a noi”
 
Lui sa perché ma non sa cosa fare,
perché gli Umani non si schiodano da giorni
e l’Umano l’ha sorpreso in uno dei suoi voli
e poco c’è mancato che gli facesse male.
L’aveva rimproverata, sbattendo le ali: “Gru!
Fai sempre un macello e ci fai scoprire!
Se l’Umano ci becca, ci fa morire”
le dice in faccia, con una fifa blu.
 
Ogni anno i piccioni fanno il nido qui
sul tetto della casa nella grande città,
lei depone le uova, diventano mamma e papà,
da nessun’altra parte se non possono lì.
Ma quest’anno è diverso, che gli Umani sono a casa,
e li vedono, e li sentono, e Lui li caccia:
“Gru, gru, gru: sapessi con che faccia!”
dice lui tubando, e il cielo si fa rosa.
 
Anche l’Umana non scherza e lo tempesta
di fastidi e moìne: “che noia ‘sti piccioni,
che tubano e cag**no che sembran leoni,
e devono farlo proprio alla nostra finestra!”
Ogni anno è così, per quello scherzo di Cupido,
ogni anno la stessa colonna sonora,
coi due colombi svegli di buon’ora,
andare e venire a ricrearsi il loro nido.
 
E Lui ad aprire di colpo, a spaventarli.
e tra frulli di ali e piume dappertutto
loro s’involano sul filo lontano.
E l’Umano furioso: “Come faccio a scacciarli?”
Perché è una battaglia persa in partenza,
perché via l’Umano al lavoro, arrivano belli,
e portano legni, foglie e ramoscelli,
che lui vuole per loro una degna residenza.
 
Inizia ogni marzo l’annuale battaglia
che oppone sul tetto piccioni e Umani,
con l’Umano infuriato che grida a due mani:
“Non puoi farti un nido qualsiasi, di paglia?”
È qui che si sbaglia, perché non capisce
che il nido non è uno spazio su un tetto,
il nido è uno spazio deciso da un cuore,
e non c’è battaglia che non valga la pena
 
se lei ti chiede un dono d’amore,
e tu lo capisci, anche se lei non l’ha detto,
che per dar vite felici desidera un luogo
dove deporre le uova e stare serena.
Quando i frulli diventano ormai quotidiani
e il gru gru si mischia a fischi e allegretto
l’Umano furente esce fuori sul tetto
e disferebbe quel nido con le sue due mani.
 
Ogni anno si ripete la medesima storia
ogni anno l’Umano esordisce con boria
ogni anno si ferma davanti al brusio
di piccole piume, e di quel cinguettio.
“Come faccio a cacciarli? Si sono schiuse le uova…”
ridice all’Umana stropicciandosi gli occhi,
“Ogni anno è così: urli urli e non li tocchi!”
“Come posso uccidere una vita nuova?”
 
È per questo che loro ritornano lì,
perché sanno che lui non farà loro niente,
per essere Umano è intelligente
e sa che i miracoli accadono ancora,
che anche se loro gli sporcano il tetto
e grugano e volano mentre è ancora a letto,
anche per loro amarsi è un diritto
e l’Umano lo sa, e se ne sta zitto.
 
E mentre i suoi occhi si abituano al sole
sa che anche quest’anno non farà loro male;
ogni giorno si apre con un nuovo mattino,
ogni vita che nasce è una sfida al destino:
che sia di ragno o di mosca, di ape o piccione,
chi difende la Vita rende il mondo migliore.

 
NOTA, A SPIEGAZIONE DEL TITOLO
I Paralipomeni (= aggiunte) della Batracomiomachia sono l’ultima opera di Leopardi. Tra il 1833 e il 1837 il poeta è a Napoli e compone un poemetto in ottave che riprende la Batracomiomachia attribuita a Omero, sua vecchia passione di filologo e traduttore. Le vicende eroicomiche della lotta tra i topi e le rane raccontata da Omero vengono reinventate da un autore che, fingendo di raccontare un mondo antichissimo e primitivo, allude ai fatti più recenti della cultura, della storia e della politica europea.
 

Stefano Motta
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