Un pensiero alle famiglie meratesi chiuse in casa che attendono informazioni e attenzioni
Sono ore che non riesco a non pensare a quei nostri concittadini che pur non essendo saliti alla ribalta delle cronache nazionali, stanno vivendo in prima persona il dramma del contagio del coronavirus. Famiglie intere, forse una decina nel meratese, che si sono inflitte volontariamente gli "arresti domiciliari" e, questo è l'aspetto più preoccupante, lasciate sole a se stesse.
Non voglio qui infilarmi in analisi e valutazioni che non mi competono, ma se nel sistema c'è una falla, fosse anche solo presunta, è giusto rivelarla, per non dire denunciarla.
Mi riferisco a quelle famiglie meratesi, con figli che frequentano l'istituto agrario di Codogno e che da venerdì sono barricati nelle loro case. Mamma, papà e tutti i fratelli... una convivenza forzata e angosciante, soprattutto quando non ti senti supportato è adeguatamente assistito.
Questi ragazzi fino a venerdì erano a scuola, a Codogno. Superfluo ricordare cosa è accaduto in quella cittadina e soprattutto cosa sta accadendo ora. Basta accendere la tv per vivere in diretta la spettrale situazione che si è venuta a creare.
È così, poche ore dopo che si è scoperta la presenza di un focolaio di coronavirus, sono scattate le contromisure. Il sindaco, tra le altre cose, ha ordinato la chiusura dell'istituto agrario inizialmente fino al 25 febbraio. Chiusura che è stata poi prorogata dall'Ordinanza della Regione Lombardia. La direzione della scuola a quel punto, pur trattandosi di un convitto, dove i ragazzi avrebbero potuto restare nella scuola come tutti gli altri giorni, ha pensato bene di mandarli a casa. E come sono tornati nelle loro rispettive abitazioni gli oltre cento studenti? Facendosi venire a prendere in auto dai genitori. Una volta a casa però si sono resi conto che erano in trappola. Alcune di queste famiglie, quelle che conosco direttamente o indirettamente, ma immagino anche le altre, resesi conto che la situazione in Lombardia stava degenerando, si sono volontariamente segregate in casa. Tutti, nessuno escluso, ha più varcato l'uscio.
Poi è iniziata la spasmodica ricerca di aiuto e indicazioni a tutti i numeri forniti dalle istituzioni. Ovviamente sempre con un orecchio rivolto alla tv, nella speranza di cogliere qualche indicazione, ma anche qualche buona notizia.
Con il passare delle ore però si sono resi conto che dagli enti preposti non giungeva nessuna indicazione, nessuna risposta... Solo notizie sempre più preoccupanti per il diffondersi dei casi di contagio in Lombardia.
Il colpo di grazia è arrivato domenica mattina, quando le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia che si era registrato un primo contagio in Valtellina: si trattava di uno studente che frequenta l'istituto agrario di Codogno. Non riesco ad immaginare la sensazione che hanno provato queste famiglie. Probabilmente si sono sentite come si sente un topo in trappola. Ma intanto dalle istituzioni nessun segnale, nessuna attenzione. Ore e ore in attesa di un tampone, che fino ad ora non mi risulta sia ancora stato eseguito. E non verrà mai neppure effettuato, se non insorgeranno sintomi sospetti, stando a quanto comunicato questa mattina.
Quindi, le autocelebrazioni delle istituzioni in questi giorni mi sembrano a dir poco fuori luogo. Non c'è nulla di cui compiacersi. Probabilmente ognuno sta facendo il possibile: Regione, Ats, Comuni... ma non basta. Ad oggi la battaglia è tutt'altro che vinta.
Chiediamoci piuttosto come è possibile che siamo stati sparsi per tutta la Lombardia oltre cento studenti, possibili, ribadisco possibili, portatori di contagio. Come è possibile che sia stato fatto precipitare in fretta e furia a Codogno, nella zona del focolaio, un battaglione di genitori a prelevare i figli, moltiplicando di fatto Il rischio di diffusione del virus.
Come è possibile lasciare una decina di famiglie ad affrontare da sole un'emergenza che sta facendo impazzire quelle persone che in realtà non hanno nulla da temere?
L'unica attenzione è stata la notifica dell'Ordinanza del Prefetto perché nessuno lasciasse la propria casa. Ma a questo, grazie al loro senso di responsabilità, ci avevano già pensato da soli.
No, non ci sta!
Oltre il danno la beffa. Ieri pomeriggio, alle 18, l'istituto agrario di Codogno ha pubblicato sul proprio sito un aggiornamento: "Tutti gli studenti e il personale devono rimanere in isolamento domiciliare (restare a casa) per due settimane salvo diverse indicazioni dei rispettivi Comuni di residenza". Ma non solo: "Per i famigliari dei ragazzi non è previsto l'isolamento; è comunque necessario seguire le indicazioni relative ai propri Comuni di residenza in relazione alle misure locali di isolamento".
Quindi fino ad ora abbiamo scherzato? Non credo proprio.
Mi auguro che in queste ore, le famiglie coinvolte in questo silenzioso dramma, possano ottenere quell'attenzione, quelle informazioni e quel sostegno che meritano e che responsabilmente le istituzioni devo garantire.
Non è tempo di polemiche e accuse. Se qualcuno ha sbagliato, se ci sono delle responsabilità, c'è tutto il tempo per le verifiche, ma solo quando l'incubo per i nostri concittadini sarà concluso. Noi, da parte nostra, faremo tutto il possibile per farli sentire meno soli.
Non voglio qui infilarmi in analisi e valutazioni che non mi competono, ma se nel sistema c'è una falla, fosse anche solo presunta, è giusto rivelarla, per non dire denunciarla.
Mi riferisco a quelle famiglie meratesi, con figli che frequentano l'istituto agrario di Codogno e che da venerdì sono barricati nelle loro case. Mamma, papà e tutti i fratelli... una convivenza forzata e angosciante, soprattutto quando non ti senti supportato è adeguatamente assistito.
Questi ragazzi fino a venerdì erano a scuola, a Codogno. Superfluo ricordare cosa è accaduto in quella cittadina e soprattutto cosa sta accadendo ora. Basta accendere la tv per vivere in diretta la spettrale situazione che si è venuta a creare.
È così, poche ore dopo che si è scoperta la presenza di un focolaio di coronavirus, sono scattate le contromisure. Il sindaco, tra le altre cose, ha ordinato la chiusura dell'istituto agrario inizialmente fino al 25 febbraio. Chiusura che è stata poi prorogata dall'Ordinanza della Regione Lombardia. La direzione della scuola a quel punto, pur trattandosi di un convitto, dove i ragazzi avrebbero potuto restare nella scuola come tutti gli altri giorni, ha pensato bene di mandarli a casa. E come sono tornati nelle loro rispettive abitazioni gli oltre cento studenti? Facendosi venire a prendere in auto dai genitori. Una volta a casa però si sono resi conto che erano in trappola. Alcune di queste famiglie, quelle che conosco direttamente o indirettamente, ma immagino anche le altre, resesi conto che la situazione in Lombardia stava degenerando, si sono volontariamente segregate in casa. Tutti, nessuno escluso, ha più varcato l'uscio.
Poi è iniziata la spasmodica ricerca di aiuto e indicazioni a tutti i numeri forniti dalle istituzioni. Ovviamente sempre con un orecchio rivolto alla tv, nella speranza di cogliere qualche indicazione, ma anche qualche buona notizia.
Con il passare delle ore però si sono resi conto che dagli enti preposti non giungeva nessuna indicazione, nessuna risposta... Solo notizie sempre più preoccupanti per il diffondersi dei casi di contagio in Lombardia.
Il colpo di grazia è arrivato domenica mattina, quando le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia che si era registrato un primo contagio in Valtellina: si trattava di uno studente che frequenta l'istituto agrario di Codogno. Non riesco ad immaginare la sensazione che hanno provato queste famiglie. Probabilmente si sono sentite come si sente un topo in trappola. Ma intanto dalle istituzioni nessun segnale, nessuna attenzione. Ore e ore in attesa di un tampone, che fino ad ora non mi risulta sia ancora stato eseguito. E non verrà mai neppure effettuato, se non insorgeranno sintomi sospetti, stando a quanto comunicato questa mattina.
Quindi, le autocelebrazioni delle istituzioni in questi giorni mi sembrano a dir poco fuori luogo. Non c'è nulla di cui compiacersi. Probabilmente ognuno sta facendo il possibile: Regione, Ats, Comuni... ma non basta. Ad oggi la battaglia è tutt'altro che vinta.
Chiediamoci piuttosto come è possibile che siamo stati sparsi per tutta la Lombardia oltre cento studenti, possibili, ribadisco possibili, portatori di contagio. Come è possibile che sia stato fatto precipitare in fretta e furia a Codogno, nella zona del focolaio, un battaglione di genitori a prelevare i figli, moltiplicando di fatto Il rischio di diffusione del virus.
Come è possibile lasciare una decina di famiglie ad affrontare da sole un'emergenza che sta facendo impazzire quelle persone che in realtà non hanno nulla da temere?
L'unica attenzione è stata la notifica dell'Ordinanza del Prefetto perché nessuno lasciasse la propria casa. Ma a questo, grazie al loro senso di responsabilità, ci avevano già pensato da soli.
No, non ci sta!
Oltre il danno la beffa. Ieri pomeriggio, alle 18, l'istituto agrario di Codogno ha pubblicato sul proprio sito un aggiornamento: "Tutti gli studenti e il personale devono rimanere in isolamento domiciliare (restare a casa) per due settimane salvo diverse indicazioni dei rispettivi Comuni di residenza". Ma non solo: "Per i famigliari dei ragazzi non è previsto l'isolamento; è comunque necessario seguire le indicazioni relative ai propri Comuni di residenza in relazione alle misure locali di isolamento".
Quindi fino ad ora abbiamo scherzato? Non credo proprio.
Mi auguro che in queste ore, le famiglie coinvolte in questo silenzioso dramma, possano ottenere quell'attenzione, quelle informazioni e quel sostegno che meritano e che responsabilmente le istituzioni devo garantire.
Non è tempo di polemiche e accuse. Se qualcuno ha sbagliato, se ci sono delle responsabilità, c'è tutto il tempo per le verifiche, ma solo quando l'incubo per i nostri concittadini sarà concluso. Noi, da parte nostra, faremo tutto il possibile per farli sentire meno soli.
Angelo Baiguini