Verderio: infortunio alla IHI Chiesta condanna a otto mesi
“Mio malincuore devo chiedere una pena di 8 mesi di reclusione”. Ha così concluso la propria requisitoria il Vpo Pietro Bassi, proponendo quindi la condanna per l'amministratore delegato della produttrice di turbocompressori IHI Charging Systems International S.p.a., per l'infortunio a danno di un manutentore che, nell'orario di lavoro, aveva perso una falange nello stabilimento di Verderio.
L'operaio, che tutt'ora svolge le proprie mansioni per importanti società fornitrici di case automobilistiche, avrebbe tentato di sostituire una guarnizione usurata - operazione che veniva periodicamente effettuata - infilando direttamente la mano all'interno della tavola rotante oggetto di manutenzione. Manovra che gli è però costata la lesione. Il dipendente, infatti, avrebbe avuto accesso alla macchina non dalla “porta” predisposta, ma da un varco di uscita dei pezzi. Il sensore posto all'interno del macchinario, avvertendo la presenza di un oggetto, avrebbe quindi fatto scattare lo stantuffo della tavola rotante, che avrebbe scaricato tutta la pressione sulla mano del malcapitato.
“Ci sono delle gravi carenze per quanto riguarda le garanzie di sicurezza” ha sottolineato il Vice Procuratore Onorario “è necessario che la macchina abbia quegli accorgimenti di sicurezza che impediscano lo scatto di meccanismi quando si compiono determinate operazioni”.
L'avvocato Alberto Sirani, difensore del professionista, ha quindi cercato di scardinare l'accusa mossa nei confronti del suo assistito, riportando le testimonianze dei dipendenti dell'azienda nonché la relazione del perito chiamato come consulente della difesa: “La macchina era assolutamente sicura”. Come si era appreso nelle scorse udienze, infatti, per fare manutenzione c'erano appositamente le porte laterali del macchinario, che al solo accesso, lo disattivavano escludendo così il rischio di infortuni: “Il fatto è avvenuto esclusivamente perché il manutentore è entrato dal foro di uscita dei pezzi”.
Secondo la difesa infine non si poteva parlare di mancata formazione del personale, in quanto nel corso dell'esame in aula della stessa persona offesa alla domanda se fosse al corrente di questo meccanismo, il dipendente aveva risposto affermativamente “certo, me l'avevano spiegato al corso di formazione”.
Il giudice Maria Chiara Arrighi, dopo aver ascoltato le conclusioni delle parti, ha assegnato un breve rinvio per repliche, fissando la data della lettura della sentenza al 24 gennaio.
L'operaio, che tutt'ora svolge le proprie mansioni per importanti società fornitrici di case automobilistiche, avrebbe tentato di sostituire una guarnizione usurata - operazione che veniva periodicamente effettuata - infilando direttamente la mano all'interno della tavola rotante oggetto di manutenzione. Manovra che gli è però costata la lesione. Il dipendente, infatti, avrebbe avuto accesso alla macchina non dalla “porta” predisposta, ma da un varco di uscita dei pezzi. Il sensore posto all'interno del macchinario, avvertendo la presenza di un oggetto, avrebbe quindi fatto scattare lo stantuffo della tavola rotante, che avrebbe scaricato tutta la pressione sulla mano del malcapitato.
“Ci sono delle gravi carenze per quanto riguarda le garanzie di sicurezza” ha sottolineato il Vice Procuratore Onorario “è necessario che la macchina abbia quegli accorgimenti di sicurezza che impediscano lo scatto di meccanismi quando si compiono determinate operazioni”.
L'avvocato Alberto Sirani, difensore del professionista, ha quindi cercato di scardinare l'accusa mossa nei confronti del suo assistito, riportando le testimonianze dei dipendenti dell'azienda nonché la relazione del perito chiamato come consulente della difesa: “La macchina era assolutamente sicura”. Come si era appreso nelle scorse udienze, infatti, per fare manutenzione c'erano appositamente le porte laterali del macchinario, che al solo accesso, lo disattivavano escludendo così il rischio di infortuni: “Il fatto è avvenuto esclusivamente perché il manutentore è entrato dal foro di uscita dei pezzi”.
Secondo la difesa infine non si poteva parlare di mancata formazione del personale, in quanto nel corso dell'esame in aula della stessa persona offesa alla domanda se fosse al corrente di questo meccanismo, il dipendente aveva risposto affermativamente “certo, me l'avevano spiegato al corso di formazione”.
Il giudice Maria Chiara Arrighi, dopo aver ascoltato le conclusioni delle parti, ha assegnato un breve rinvio per repliche, fissando la data della lettura della sentenza al 24 gennaio.