Mandic: santa messa con il cardinale Gianfranco Ravasi che manda un pensiero ai malati parlando di sapienza nella cura

Sapienza, gioia e carne. Sono queste le tre parole che il cardinale Gianfranco Ravasi ha posto al centro della sua omelia, chiamato nel pomeriggio di sabato 28 dicembre ad officiare la tradizionale messa in occasione delle festività di fine anno nella cappella dell'ospedale Mandic di Merate, rivolgendo un pensiero particolare a coloro che in questo momento stanno affrontando la malattia.

La Schola Cantorum di Robbiate, diretta dal Maestro Fabio Pagnoncelli

All'inizio della celebrazione era stato proprio don Biagio Fumagalli, cappellano del presidio ospedaliero, ad esprimere la propria riconoscenza nei confronti dell'arcivescovo di origini meratesi - che evidentemente Ravasi non ha mai dimenticato - per essere presente durante una celebrazione così significativa per ''questo luogo di cura - ha commentato il cappellano - in cui ognuno si sforza per accompagnare verso la guarigione il malato''.

Galleria fotografica (vedi tutte le 35 immagini)


Più a sinistra il direttore medico dell'ASST di Lecco Gedeone Baraldo, accanto
l’addetta stampa Anna Maria Grossi e più a destra il direttore generale Paolo Favini

Di fronte alle numerose persone che hanno riempito il luogo di culto posto tra la struttura ospedaliera e la sede amministrativa, il cardinale Gianfranco Ravasi ha innanzitutto ricambiato i ringraziamenti espressi da don Biagio, citando poi i tre termini in qualche modo simbolici per il malato, traendole dalla lettura del Vangelo.

Don Biagio Fumagalli, cappellano del Mandic

''Abbiamo poc'anzi ascoltato alcuni passi molto vivaci del Vangelo e uno di questi è un inno alla sapienza'' è stato il suo commento. ''La sapienza con la S maiuscola, la personificazione di Dio Creatore, che crea la meraviglia del cosmo, lo splendore dei paesaggi e la meraviglia degli orizzonti che spesso l'uomo, quando arriva, deturpa. Come sappiamo la parola sapienza deriva dal latino sapere, che prima ancora significa avere sapore. Non significa perciò solo saper usare l'intelligenza, ma anche il sentimento''.

Il cardinale Gianfranco Ravasi

I malati hanno perciò sì bisogno della conoscenza scientifica dei medici, ma anche del loro aspetto più umano, secondo il cardinale. ''Ecco perché a medici e paramedici non bastano le competenze per curare'' ha proseguito l'eminenza.

VIDEO


''E questa parola, utilizzata anche da don Biagio, ci dice ulteriormente che la malattia non è solo una questione fisica. Tutti noi quando abbiamo un acciacco, un malanno oppure una malattia più seria, ne risentiamo nell'intimo. La cura ha perciò bisogno di sapienza. Ma è altrettanto importante che nei malati non venga meno la gioia. Spesso, soprattutto per i bambini, la possono dare il gioco. All'interno degli spazi ospedalieri i malati devono sentire speranza e fiducia. In poche parole, non deve mai mancare loro il significato della bellezza. Non è infatti solo la sapienza a guarire ma anche lo splendore delle cose, il sapore da far gustare anche a chi è nelle ultime gocce di vita''.

L'ultimo riferimento preso dal cardinale è stata la parola carne, che nel linguaggio biblico equivale a debolezza. Il messaggio che l'arcivescovo ha voluto mandare, in questo caso, è che la fragilità della nostra carne non è altro che il simbolo della fede cristiana, e che attraverso la malattia si prova l'estremo significato dell'essere creature umane.

Il saluto tra il cardinale Ravasi e il direttore generale Favini

Al termine della celebrazione il cardinale Gianfranco Ravasi ha incontrato le tante persone che hanno assistito alla messa e hanno atteso fino all'ultimo per stringergli la mano o scambiare con lui alcune parole.
A.S.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.