Villoresi: restano oscure le cause della rimozione del Preside. Intanto cresce l’entusiasmo all’idea della Scuola nel Castello

La rivelazione dell’avvio di uno studio atto a valutare le opportunità (e le controindicazioni) di un trasferimento del collegio Villoresi dentro le mura del Castello Prinetti, contenuta nella bella testimonianza del vice sindaco Giuseppe Procopio, se da un lato è clamorosa dall’altro apre squarci impensabili sulla vicenda dell’improvviso dimissionamento del professor Stefano Motta, preside della scuola di via Monsignor Colombo, sostituito a ridosso della pausa natalizia (forse non a caso) con Danilo Piazza, già preside nella sede di Monza.

Il vicesindaco Giuseppe Procopio

L’operazione sarebbe di per sé di eccezionale portata per Merate – città cui peraltro il professor Motta ha dedicato molta passione e regalato iniziative culturali di alto livello – anzi, una vera rivoluzione che partendo dal centro cittadino si estenderebbe all’intera comunità.


Palazzo Prinetti
Giuseppe Procopio ha colto nel dialogo con Motta la portata straordinaria del progetto che il Preside del villoresi coltivava dentro di sé macinando ipotesi di sviluppo e numeri economici allo scopo di dimostrare la validità dell’idea.
Ora si pensi al Castello, abbandonato da anni, riempito – è il caso di dirlo – di studenti (almeno 400) ,con un flusso continuo di genitori e insegnanti a insufflare nell’esausto sistema commerciale meratese una linfa nuova, vitale, intensa, continua. Le piazze improvvisamente gremite di ragazzi che sciamano nel centro fino ai quartieri periferici, vestiti delle belle divise che il professor Motta aveva pensato per loro e che tuttora indossano con fierezza, almeno fino a martedì 7 gennaio e che nell’ultimo anno su proposta sempre del Preside riporta sulle divise orgogliosamente identitarie e di pari dignità la scritta “Villoresi” “Merate”.

E poi un grande parcheggio interrato – già ipotizzato in un precedente Prg che prevedeva pure una strada di collegamento tra via Cazzaniga e via Trieste- sotto il prato che collega il castello all’oratorio maschile, il traffico che defluisce sulle due arterie. La vita che ritorna da settembre a giugno. Sarebbe l’autentica e migliore  soluzione del “problema castello” che abbandonato da molto tempo, a guardarlo così, suscita una tristezza infinita.

Ipotesi, sogni forse, ma se Procopio ci sta lavorando per adattare le norme tecniche d’attuazione del Pgt alla possibile nuova destinazione, significa che qualcosa finalmente si muove. E non solo per raddrizzare via Verdi. Questo sì che è un progetto vitale per l’intera città, per tutto il commercio, i negozi di vicinato, l’artigianato di servizio, il terziario avanzato.

Don Sergio Massironi

Vista dalla prospettiva del Comune l’idea è di quelle da intercettare al volo e dedicarle il massimo dell’impegno. Studiando anche forme di compartecipazione alla spesa per favorirne l’attuazione. Ma vista dalla parte del Collegio Villoresi San Giuseppe Srl?

Qui la situazione si fa più complessa per l’intreccio con la provincia Italiana Istituto Beata vergine Maria, con la quale il Villoresi nel novembre del 2009 ha stipulato un comodato d’uso. Lo stabile è di proprietà della “Congregatio Jesu” e con questo comodato il Villoresi che utilizza lo stabile in diritto di superficie fino al 2043 ne ha ceduto un terzo alle suore. Appare quindi evidente che senza l’apporto del Collegio sarebbe difficile mantenere in attività quel terzo di stabile. L’idea di un possibile trasferimento metterebbe tutto in discussione e non è da escludersi che ci siano state pressioni sul nuovo Rettore, studente a suo tempo proprio alle Dame Inglesi, per fermare il progetto. Ma non è questa la sede per approfondire gli aspetti economico-finanziari della Srl Villoresi. Ci torneremo. Resta il fatto che il Collegio è Arcivescovile, come il Castello Prinetti attraverso la Parrocchia di Merate. Gli ingenti investimenti impiegati dalla società monzese nella gestione del complesso di via Monsignor Colombo – che peraltro è fortemente sovradimensionato per le strette necessità scolastiche – potrebbero in via puramente teorica essere dirottati sul castello. In pratica l’Arcivescovado investirebbe così su un proprio bene e non su un bene di terzi.

Tuttavia, come detto, su questo punto torneremo.

Il professor Stefano Motta

Qui preme sottolineare come la proposta, per la sua straordinaria portata, dovrebbe entusiasmare  non solo la maggioranza consiliare, ma anche la minoranza, quando si riprenderà dalla sconfitta elettorale, e tutto il tessuto commerciale e produttivo della città. L’ultima idea rivoluzionaria di cui abbiamo memoria risale all’inizio del secolo con il progetto, proposto dal sindaco di allora Dario Perego, di trasformare Palazzo Tettamanti nel polo culturale meratese, forte della posizione centrale e di una superficie utile di 4mila metri quadrati.

Dario Perego

Al professor Stefano Motta va tutta la nostra riconoscenza per aver avuto il coraggio e l’intuito di ragionare sicuramente nell’interesse del Villoresi – con lui la scuola di via Monsignor Colombo ha mantenuto il numero di iscrizioni nonostante la contrazione demografica e economica, con un bilancio in sensibile risanamento ed è cresciuta in qualità come dimostra il grafico dell’Invalsi sotto – ma anche nell’interesse della città di Merate.

E vogliamo davvero sperare che non sia questa la causa – o una forte concausa – del suo improvviso allontanamento. Insieme alla strenua difesa delle ragioni economiche del plesso di via Monsignor Colombo………

Di sicuro non ci si racconti la storiella del questionario. Se è lo stesso che ci è stato indicato possiamo dire che la sua attendibilità è molto discutibile. Pure noi avremmo potuto accedere, inviare risposte e commenti senza limite. Quando si effettua un sondaggio serio il modello deve essere “chiuso”: un solo accesso scansionato attraverso l’IP del computer. E non si può rivotare.

E, infine, se per puro caso c’entrasse che il cambio di preside è dovuto alla necessità di affermare ancora più chiaramente "la proposta di scuola cattolica" dell’Istituto, beh, allora qualcosa da dire l’abbiamo di sicuro. Ma un’altra volta.
Claudio Brambilla
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