Merate: donne vittime di violenza e uomini che si riscattano con la giustizia riparatrice

Nella mattinata di sabato, lo spazio di ARTEe20 di via Cazzaniga a Merate ha ospitato un evento organizzato dall’associazione L’Altra Metà del Cielo sul tema amore = rispetto. A presentare la conferenza è stata Amalia Bonfanti, presidentessa dell’associazione meratese che dal 2007 offre un rifugio alle donne che hanno subito abusi di qualsiasi genere, che ha introdotto con orgoglio gli ospiti presenti.



La mattinata è stata infatti dedicata alla presentazione di un progetto, nato a febbraio, che ha visto la collaborazione de L’Altra Metà del Cielo con il Carcere di Bollate, in particolare con la sezione degli uomini del settimo braccio, che accoglie i detenuti che hanno agito con violenza. “All’inizio, quando Paola Pizzaferri di Soroptimist mi ha contattato per propormi questa collaborazione non eravamo convinte” ha detto Amalia Bonfanti, riferendosi ovviamente al fatto che è insolito per un’associazione che si occupa di tutelare donne maltrattate cooperare con chi, invece, ha usato violenza. “Ma poi abbiamo pensato che se uno degli scopi de L’Altra Metà del Cielo è sensibilizzare il territorio e diffondere informazioni, questo progetto poteva portare a qualcosa di buono”.


Amalia Bonfanti, l’art director Alessandro D’Ambra e la dottoressa Simona Gallo

Dopo aver ancora una volta sottolineato l’importanza della prevenzione fatta per arginare la violenza di genere, Amalia Bonfanti ha passato la parola alla prima ospite, la dottoressa Simona Gallo, funzionario dell’area giuridico - pedagogica della II Casa di Reclusione di Bollate, o più semplicemente “educatrice penitenziaria”. La dottoressa ha spiegato alle numerose donne presenti il suo ruolo all’interno del carcere, che consiste nell’accogliere i detenuti al loro arrivo e accompagnarli poi lungo tutto il loro percorso di reclusione.



“Il mio scopo è quello di comprendere i motivi più profondi che hanno spinto la persona a commettere quel determinato reato” ha spiegato, soffermandosi poi sull’importanza del lavorare insieme ai detenuti per spingerli a migliorare, dando loro una possibilità di riscatto. È stata questa la parola che ha fatto da filo conduttore dell’intero incontro, il “riscatto” nel vero senso del termine. La dottoressa Gallo e la dottoressa Irene Trobia, psicologa esperta e referente degli psicologi del settimo reparto, intervenuta dopo di lei, hanno infatti sottolineato che il loro mandato istituzionale si basa soprattutto sul lavorare per una giustizia riparativa, che metta quindi il detenuto nella condizione di “riparare” al reato commesso.



Ed è proprio da questo che è nata la collaborazione tra l’associazione meratese e “Catena in movimento”, un gruppo di circa quaranta detenuti che da due anni a questa parte mette in campo tutte le risorse di cui dispone per produrre materiale che viene poi venduto a dei mercatini a sostegno delle associazioni. A queste due realtà, ben lontane tra loro, si è aggiunta anche quella del Teatro della Moda di Milano, che ha fatto da “ponte” mettendo a disposizione alcune delle sue risorse più preziose, come l’art director Alessandro D’Ambra. È stato questo il punto di partenza che ha portato alla realizzazione di mille shopping bag, create da zero dai detenuti, che hanno messo in gioco tempo, risorse economiche e abilità manuali.


La dottoressa Irene Trobia, Cristian LoorLoor e il dottor Guido Balzarini

L’ideatore e vero e proprio “braccio” del progetto è stato Cristian LoorLoor, ospite della casa di reclusione di Bollate, che con sincerità disarmante ha spiegato ai presenti: “E’ stato un lavoro molto introspettivo, che ci ha permesso di fare la differenza ed essere coinvolti dal primo momento. Ci ha reso consapevoli del problema che avevamo creato, e abbiamo potuto proporre una soluzione”. L’ultimo ad intervenire è stato infine il dottor Guido Balzarini, che sta svolgendo un master in comunicazione d’emergenza, il quale partendo dal concetto di spazio pubblico e spazio privato nell’Antica Grecia ha riportato l’attenzione sul dare voce alla violenza di genere in tutte le comunità, anche in quelle più piccole.


Le shopping bag realizzate da "Catena in movimento"

In un paio d’ore è stato delineato dai presenti un quadro ben definito, basato sul binomio “amore=rispetto”. Il progetto portato avanti in questi due anni ha permesso ai detenuti di riflettere sui reati commessi, di comprendere quanto sono consapevoli del danno procurato e in che modo possano riparare. La riuscita del progetto è da vedere nelle shopping bag, che sono andate a ruba, e che sono la prova tangibile che è possibile intraprendere una strada verso la parità ed il rispetto.
G.Co.
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