Retesalute ha il CdA, ora attende obiettivi. PL Marasche al via ma Brivio è incolpevole

Gli sciagurati che in passato ci hanno proposto di entrare in un Consiglio di Amministrazione avevano prima illustrato la strategia generale e l'indirizzo programmatico decisi dall'assemblea dei soci. Ai candidati consiglieri decidere poi se tali indicazioni potevano essere condivise, e quindi diventare traccia di lavoro, oppure no. In caso affermativo il consigliere è operativo e punta a perseguire gli obiettivi dati dalla società. E da quel momento inizia il percorso che vede ogni anno attraverso il bilancio il momento della verifica. La procedura nelle aziende private è questa.

In Retesalute invece no. La nomina del CdA è il punto d'arrivo del lavoro dell'assemblea dei soci. Almeno così è stato il 18 ottobre con l'elezione del nuovo Consiglio e del presidente. Nessun socio si è alzato per esporre il proprio pensiero circa il futuro dell'azienda pubblica. Gli sforzi delle settimane precedenti sono stati indirizzati esclusivamente alla formulazione di una proposta unitaria che, in effetti, è culminata con l'elezione per acclamazione dei 5 membri del board. Dopodiché, con una presumibile accurata ripartizione dei 137 voti/punti a disposizione dei comuni soci si è proceduto alla nomina del presidente, Alessandra Colombo, e del vice presidente, Valerio Colleoni, risultato tale per statuto in quanto il secondo con i maggiori consensi. In realtà non c'è stato un terzo. Tutto era già deciso. Da questo punto di vista il mitico asse Merate-Casatenovo ha dato ottima prova di sé. Però avremmo preferito che prima di nominare i conducenti del mezzo fosse stato reso noto il percorso che questo dovrà imboccare e seguire. Tradotto: mesi fa il precedente CdA ha lanciato un piano di salvataggio con un aumento di capitale indispensabile e uno di rilancio dell'azienda attraverso un altrettanto indispensabile allargamento. I primi comuni dell'oggionese sono entrati, sia pure tra mille difficoltà e paletti piantati dai soliti noti. Ma da allora il piano è finito in un cassetto mentre i nove comuni del caratese interessati a aderire in qualche modo a Retesalute sono stati ignorati e finiranno probabilmente per costituire un'azienda speciale fra loro e altri comuni dell'hinterland. Insomma più che i nomi degli autisti avremmo voluto conoscere la destinazione e le tappe intermedie. Così tutto resta ancora confuso e, nonostante i proclami di qualche prima donna con pantaloni e fascia tricolore, non sono i giornali che profetizzano sventure ma l'evidenza dei fatti. L'unica attenuante è che a costui e a quanti la pensano come lui mai nessuna assemblea di azionisti ha offerto un posto in un CdA. Almeno ha  l'alibi di non conoscere come funziona il sistema.

Davide Maggioni


Tra i comuni abili nel piantare paletti c'è sicuramente Osnago. Che però nelle ultime settimane è finito nel tritacarne senza averne colpa. O almeno non certo tutta. In zona Marasche ormai è certo sorgerà un centro commerciale con un negozio della catena Mc Donald's. Le reazioni dei lettori sono state indignate e l'ira si è catafottuta sul povero Paolo Brivio, primo cittadino nonché ultimo nella filiera dei sindaci di centrosinistra iniziata con Marco Molgora e proseguita con Paolo Strina. L'edificabilità nell'area Marasche e nella vicina area fieristica viene da lontano, dall'ultimo piano regolatore a firma democristiana. Siamo ancora nel secolo scorso prima che Molgora con la sua vittoria chiudesse l'era della balena bianca. Per anni la proprietà ha manifestato interesse a costruire - e senza una comprovata caduta di interesse non è possibile cancellare una lottizzazione a meno di farsi carico di indennizzi monetari altissimi - ma le amministrazioni di centrosinistra hanno tenuto a freno le pratiche. Fino alle revisioni dei piani del 2004 e del 2008 con Strina che ha introdotto limitazioni merceologiche - escludendo l'alimentare che genera maggiore traffico - e riducendo a circa la metà la volumetria. Dopo qualche anno di silenzio a causa della crisi la proprietà è tornata a vantare i propri diritti e tergiversare ancora poteva segnare l'inizio di un contenzioso peraltro senza possibilità di successo.


A quel punto la trattativa è stata aperta e l'amministrazione ha puntato a ottenere maggiori benefici per la collettività, pur nella consapevolezza dei problemi che innescherà l'ennesimo centro commerciale. Anche la revisione del PGT del 2014 ha confermato il taglio di circa 40mila mq. e l'assegnazione all'area fieristica di una destinazione da commerciale a produttivo. Di più non si poteva fare, obiettivamente. E del resto il piano Strina aveva ottenuto nel 2008 il riconoscimento della Regione e di Legambiente come primo comune che ha saputo applicare nel concreto il concetto della riduzione del consumo del suolo. Quanto al privato ha pagato le tasse sull'area edificabile per oltre 25 anni. E i diritti sono diritti. Così come la verità fattuale prescinde dal colore politico di chi la racconta. Spesso inascoltato perché non capisce chi non vuole capire.
Claudio Brambilla
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