'Dedichiamo questo lunedì mattina a questa opera di verità'. Salvini circondato dai supporter in Aula contro don Giorgio

Alla fine della deposizione una militante ha perfino battuto le mani, venendo fulminata con lo sguardo dal Giudice Nora Lisa Passoni, ferrea nel mantenere “ordine e disciplina” in Aula, sia durante le sedute alla presenza giusto delle parti in causa sia e sopratutto in occasioni come quella odierna dove la platea brulicava di astanti, tra leghisti noti e meno noti, avvocati del Foro incuriositi da cotanta attenzione per un fascicolo, poliziotti, carabinieri, uomini della scorta, giornalisti e chiunque si sia trovato a passare al primo piano del Tribunale di Lecco attorno alle 11.

L'arrivo di Salvini in Tribunale con l'avvocato Claudia Eccher

La deposizione di Matteo Salvini – chiamato Senatore tanto dal Giudice quanto dal Pubblico Ministero Paolo Del Grosso, primi a interloquire con lui per il giuramento di rito e la classica domanda rompighiaccio – è stata l'evento della giornata al Palazzo di Giustizia di Corso Promessi Sposi e indubbiamente l'ex ministro ha dato la (ri)prova di saper tenere la scena. Già dal suo arrivo, in passerella nel corridoio esterno delle “Blue Towers”: in maniche di camicia, senza giacca e cravatta, si è prestato al primo selfie – con gli scatti continuati anche all'interno, in attesa dell'avvio dell'udienza – e alle prime domande della stampa ribadendo – si veda il video a seguire – come non riesca a capacitarsi di essere stato attaccato con espressioni riprovevoli da un esponente della Chiesa.

VIDEO


A portare infatti a Lecco il leader della Lega, come è noto, è stata la querela dallo stesso presentata nei confronti di don Giorgio De Capitani, ex parroco di Monte di La Valletta Brianza, già condannato per diffamazione (sempre dalla dottoressa Passoni) in relazione ad altro processo a suo carico intentato dalla giornalista Rai Grazia Graziadei, con sentenza confemata anche in Appello.

Don Giorgio De Capitani tra gli avvocati Marco Rigamonti e Emiliano Tamburini

Quattro gli scritti, due pubblicati sul proprio sito internet e due postati sul più noto dei social network nel corso del 2015, che hanno nuovamente trascinato a giudizio il sacerdote, ritiratosi a vita privata dopo il pensionamento e la scelta della Curia di non affidargli altri incarichi. In tre casi si tratta di "riflessioni" ispirate da altrettanti articoli apparsi sul settimanale Famiglia Cristiana, su Il Fatto Quotidiano e su L'Unità, tutti incentrati sul numero uno del Carroccio, poi "bersagliato" da don Giorgio con una serie di affermazioni ritenute dallo stesso Salvini lesive della propria immagine e di quella del Movimento che lo stesso rappresenta, tanto da costituirsi parte civile tramite l'avvocato Claudia Eccher del Foro di Trento per ottenere Giustizia.
“Dedichiamo questo lunedì mattina a questa opera di verità” ha detto dunque il già ministro dell'Interno, non nascondendo di voler essere altrove, nelle prime battute della sua testimonianza apertasi con le scuse per averla tirata lunga. Effettivamente vuoi perchè prima era impegnato in Europa, poi perchè ci sono state le elezioni, poi perchè faceva il vicepremier, il fascicolo per mesi è mesi è rimasto in balia dei legittimi impedimenti del denunciante, deciso a non ritirare la querela sporta nei confronti dell'anziano don.

Salvini in attesa dell'udienza con il senatore Antonella Faggi e l'avvocato Massimo Campa

“Se uno sbaglia è sufficiente chiedere scusa” ha voluto evidenziare per sottolineare il perchè del suo andare avanti ancor prima che gli venisse chiesto per poi ribadire, su espressa domanda del giudice, la sua disponibilità a chiudere la faccende a fronte però di un passo indietro della controparte e di una piccola donazione ad una associazione. “Non fareste più in fretta a chiedere scusa e a terminarla qua” è arrivato perfino a rispondere all'avvocato Marco Rigamonti, difensore – insieme al collega Emiliano Tamburini, ex vicesindaco di La Valletta Brianza – nel corso “dell'interrogatorio”, prendendo in mano la situazione, come già fatto poco prima venendo redarguito dal giudice con un “non mi rubi il lavoro, però” ben esplicativo della volontà della dottoressa Passoni a non farsi schiacciare, pur trovandosi ad aver a che fare con un personaggio politico di rilievo, abituato ad andare a braccio nei propri comizi.

In attesa con l'on. Roberto Ferrari e Giulio De Capitani

Venendo alla cronaca spiccia dell'udienza, il sostituto procuratore e l'avvocato Eccher hanno insistito sugli elementi fondanti del reato contestato all'imputato e dunque su come Salvini sia venuto a conoscenza degli scritti ritenuti diffamatori e sulla sua reazione, mentre il pool legale di don Giorgio ha portato la questione sulla contestualizzazione di alcune affermazioni riferite dal politico all'imputato e sul linguaggio proprio della Lega, provando a chiedere giustificazione di determinate frasi, prima del veto posto dal giudice.
In soldoni, il Segretario federale della Lega, ha tenuto a sottolineare due aspetti. Il non poter tollerare che don Giorgio continui a offenderlo e minacciarlo tramite il proprio sito o durante le omelie, parlando di una vera e propria escalation fino “all'elogio alla morte nell'estate 2019”. E il pulpito da cui arriva la predica ovvero il fatto di venir insultato da un prete. “Non è normale leggere da un uomo di Chiesa devi morire” e ancora “da chi dovrebbe seminare pace e amore, certi termini sono fuoriluogo”. Ribadita poi l'azione non tanto e non solo per sé ma anche per i propri militanti, definiti in uno scritto “porci, bastardi, risucchiati dal water” dal sacerdote.

Selfie in corridoio

“Qui la Lega prende circa il 50%. O c'è una concentrazione di porci o qualcuno ha dei problemi”.
“Un parroco non può essere avversario politico?” ha domandato – tra le altre cose - l'avvocato Rigamonti, puntando al diritto di critica. “Non in questi termini” la risposta secca di chi, torchiato per certe uscite sopra le righe ha sbottato: “Se poi sono io sotto processo ditemelo che mi organizzo diversamente”.

Senza il seguito dell'accusatore - circondato anche dai parlamentari del territorio quali Antonella Faggi, Paolo Arrigoni e Roberto Ferrari – è stato infine don Giorgio a perdere le staffe. Congedato Salvini – non rimasto in Aula ma rituffatosi subito dai cronisti in corridoi, annunciando di essere atteso a Genova – è stata data notizia dell'assenza di Luca Morisi (l'uomo della comunicazione del leghista), citato dalla parte civile, ragione per la quale si renderà necessaria un'altra udienza.
“Sono veramente arrabbiato, non sto bene ma sono comunque qui. Sono due anni che il processo viene rinviato. Adesso mi sento dire che viene rinviato ancora perché manca un teste. Questa è giustizia?” ha chiesto, rendendo spontanee dichiarazioni, non accettando di venir interrotto dal PM, intervenuto per bloccarlo mancando l'attinenza di tale reprimenda con i fatti in causa. “Mi lasci parlare” la replica di don De Capitani che il prossimo 11 novembre, dopo il Digital philosopher del Capitano, dirà “ufficialmente” la sua.
A. M.
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