Merate: Europa al centro del convegno con Federico Fubini e l’associazione ''La Semina''
Da dove viene tutto questo risentimento per l’Unione Europea? A questa domanda, tutt’altro che scontata, ha provato a dare una risposta Federico Fubini, economista e vicedirettore ad personam del Corriere della Sera. L’incontro, tenutosi ieri presso l’aula magna Paolo Borsellino di Merate, è stato promosso dall’associazione La Semina, no profit attiva da tempo nel territorio meratese.
Per raccontare il rapporto, spesso difficile, dell’Italia con l’Europa, il giornalista ha scavato nella sua storia personale, partendo dai ricordi, dalle giornate da freelance passate tra i corridoi dei palazzi dell’Ue. «Faccio parte di una generazione che è stata costretta ad andare via. In piena crisi economica ho vissuto a Bruxelles come precario tutti gli anni della costruzione dell'unione monetaria. Sono stato assunto dal Corriere all’età di 36 anni e capisco come si possa sentire la gente nei confronti di queste istituzioni, percepite da molti come distanti e inutili. Ma per avere un quadro completo è necessario affrontare questo tema da una prospettiva storica, capire quale era il nostro punto di partenza».
Per raccontare il rapporto, spesso difficile, dell’Italia con l’Europa, il giornalista ha scavato nella sua storia personale, partendo dai ricordi, dalle giornate da freelance passate tra i corridoi dei palazzi dell’Ue. «Faccio parte di una generazione che è stata costretta ad andare via. In piena crisi economica ho vissuto a Bruxelles come precario tutti gli anni della costruzione dell'unione monetaria. Sono stato assunto dal Corriere all’età di 36 anni e capisco come si possa sentire la gente nei confronti di queste istituzioni, percepite da molti come distanti e inutili. Ma per avere un quadro completo è necessario affrontare questo tema da una prospettiva storica, capire quale era il nostro punto di partenza».
Per l’Italia, ha spiegato Fubini, l’Europa diventa sempre più un quadro di riferimento dal momento della caduta del muro di Berlino e dalla fine della guerra fredda. In un nuovo momento di crisi economica e finanziaria si cercano delle riposte comuni ad un problema che affligge il vecchio continente.
«Il ‘diventare un po' più come loro’, come i paesi virtuosi, è stato un errore di percezione dell’Ue, che inevitabilmente ci ha portato a percepire l’Europa come qualcosa di alieno, come un’imposizione dell’élite. Gli shock della globalizzazione hanno poi acuito nuovamente le differenze sociali ed economiche e il problema dei flussi migratori, ad esempio, è stato affrontato attraverso la lente degli egoismi nazionali e non l’interesse comune. Oggi la soluzione si è trasformata, almeno nella percezione dei cittadini, in problema».
B.V.