Merate: Carlotta a 16 anni ha messo al tappeto l'anemia aplastica. ''Si deve imparare ad essere leggeri nel dolore e a rendere diversi i giorni che la malattia vorrebbe trasformare''
Carlotta ha il viso delicato di una bambina, dall'espressione innocente e sincera, che ti verrebbe voglia di mettere al riparo dalle insidie del mondo, perchè ti sembra troppo timida e indifesa per poter resistere.
Invece a 16 anni ha già guardato in faccia la malattia, ha affrontato la morte drammatica di coetanei che con lei avevano percorso un tratto di degenza ospedaliera ma poi non ce l'hanno fatta, si è dimostrata più forte della perdita dei capelli, dell'isolamento forzato di 4 mesi in camera sterile, dell'impossibilità ad affrontare gli esami di terza media con i coetanei, relegandosi invece in uno stanzino da sola a superare questa prova. Oggi a tre anni da quel "periodaccio" e all'indomani del primo bilancio della sua associazione "Sorelle di reparto", fondata per finanziare la ricerca del comitato Maria Letizia Verga, assieme ad Angelica un'altra ormai ex paziente, Carlotta Sandrinelli si guarda indietro, senza paura e senza rimpianti per quanto si è "persa" in quei mesi. "Il nostro obiettivo per il primo anno era raggiungere la cifra di 50mila euro da destinare a due borse di studio per la ricerca della fondazione Tettamanti che lavora appunto per il comitato Maria Letizia Verga e ci siamo riusciti".
Carlotta con la piccola Angelica
A tre anni di distanza, se ti guardi indietro cosa pensi?
Dico sempre che nel dolore, anche se non vedi nessuno, le persone care ci sono e le senti vicino. In quei mesi mi hanno aiutato tantissimi i miei amici, che mi mandavano video dove mi dicevano che ce l'avrei fatta. Poi mi scrivevano, mi venivano a trovare. Quando ho fatto gli esami nella stanzetta sterile sapevo che ero da sola ma al di là della parete c'era comunque qualcuno e quindi in realtà sola non lo ero per davvero.
Oggi hai paura quando vai a fare i controlli, quando senti qualcosa nel fisico che non va?
Non dico che ho paura ma ci sono alcune cose che mi mettono in soggezione perchè i ricordi sono legati agli odori ad esempio del cibo che richiama l'ospedale. Non è una paura paralizzante ma un sentimento che ti scuote.
Hai qualche momento di sconforto?
Ho perso in poche settimane due amiche con cui avevo fatto le cure. Una era una bambina di sei anni che dopo due anni non ce l'ha fatta. L'altra ne aveva 13, la mia stessa età quando l'ho conosciuta e la mia stessa malattia (anemia aplastica, ndr). Ci scrivevamo spesso. Non ce l'ha fatta. E' stato terribile quel periodo, ho avuto un crollo.
Ti chiedi mai perchè è capitato a te tra tutti i coetanei della tua età?
All'inizio magari mi dicevo perchè è successo poi però quando la risposta non arrivava l'ho accettato. Mi sono detta che era inutile piangere sul latte versato ed era inutile fermarsi, perchè non sarebbe servito a nessuno. Serviva rimboccarsi le maniche e uscire.
Come ti rapporti con i malati che incontri?
Nei quattro mesi che ho trascorso in isolamento ho imparato tanti trucchi per prendere alla leggera alla malattia. E quando c'è qualcuno che vuole parlare con me o qualche famigliare che si rivolge a mia mamma dico subito di chiamarmi, che sono a disposizione di giorno e di notte perchè io ci sono già passata. Si deve imparare ad essere leggeri nel dolore e a rendere quei giorni diversi da come la malattia li vorrebbe trasformare. Quando la mamma era con me in camera avevamo sempre un pigiama coordinato, ci tenevamo belle mettendoci delle creme, cercavamo un po' di felicità e personalizzavamo la camera. All'ingresso avevamo appeso un cartello con la scritta "Benvenuti dalle smidollate".
Adesso il prossimo obiettivo?
Ora voglio assolutamente diventare una volontaria del Dynamo camp che è un progetto che raggruppa in estate chi ha avuto trattamenti oncologici e consente di trascorrere qualche settimana assieme. Si parla, ci si confronta, ci si aiuta, si sta all'aria aperta. A me è servito tantissimo e quindi voglio aiutare gli altri.
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S.V.