Crollo della produzione di miele d'acacia a causa del clima. Ravasi (Merate): - 80%

Il freddo e le piogge di maggio hanno lasciato il segno, a dir poco negativo, nella produzione del miele di acacia. Gli apicoltori locali hanno parlato di perdite pari all'80%, confermando dunque l'allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Coldiretti, secondo la quale in Lombardia si sono persi 3 vasetti su 4. Seppure hanno retto i mieli di montagna, dal castagno al millefiori, l'annata non si può che definire comunque disastrosa, essendo quello di acacia il ''traino'' per tutti gli apicoltori. ''Questa non è di sicuro la stagione del miele'' l'amara sentenza di Vincenzo Ravasi, titolare dell'omonima azienda agricola di Merate ''Anche se i mieli di montagna hanno retto bene, nell'ultima parte di primavera abbiamo avuto pesanti danni su tutta la produzione di acacia. Le famiglie di api, che si erano sviluppate bene, con l'arrivo del freddo e della pioggia di maggio sono tornate nei loro alveari quasi fosse inverno. Sono ripartite un po' a giugno, ma ormai quel che è fatto è fatto''. L'unico colpevole, perciò, è il clima. ''Negli ultimi anni ce ne stiamo sempre di più accorgendo'' ha proseguito Ravasi. ''E con l'apicoltura tocchiamo con mano per primi che il clima sta cambiando. Non si fanno più le produzioni di 40-50 anni fa, quando abbiamo incominciato. Oggi abbiamo fioriture molto veloci e di conseguenza è necessario avere famiglie di api subito pronte. E' chiaro che il lavoro è diventato più difficile. Basta guardare come è andata quest'anno: per due mesi non ha piovuto e i fiori non hanno fatto nettare, poi è tornato il freddo e le api sono rientrate. Per noi le perdite temo si aggirino intorno all'80% di quello che ci aspettavamo di raccogliere''. Una stima identica a quella fatta da Fabio Villa, titolare dell'apicoltura ''Maggiociondolo'' di Casatenovo. ''Per il miele di acacia è stata effettivamente un'annata disastrosa tanto che pensiamo di aver perso almeno l'80%'' ha commentato. ''Le piogge continue del mese di maggio sono la causa principale. Le api si sono sviluppate in famiglie molto numerose, ma poi è tornato il freddo che non ha permesso loro di uscire a raccogliere il polline. Questo ha provocato tra l'altro il consumo delle scorte che avevano, il che ci ha portati ad intervenire con una nutrizione di soccorso. Perciò, oltre alla mancata produzione dell'acacia, ci abbiamo anche rimesso. In dieci anni di attività non mi ero mai trovato a dover ricorrere a questo sistema. Finora il 2017 era stato l'anno peggiore, ma questa è stata anche peggio''. Si giocano tutto in quei mesi dell'anno, gli apicoltori, e se il clima non è favorevole quando è il periodo dell'acacia, non resta altro che tenere duro fino all'anno successivo. Da Lecco, invece, c'è anche chi ha fatto sapere di non aver raccolto acacia per niente. ''Non ne abbiamo prodotto proprio'' ha raccontato la signora Luisa dell'apicoltura Gianpaolo Dell'Oro. ''Il freddo anomalo ci ha messo in ginocchio perché l'acacia è il miele più richiesto e in qualche modo prezioso, perché non ha un sapore forte e viene utilizzato un po' per tutto. In 48 anni di attività non avevamo mai visto un'annata così''.

Di seguito il comunicato diffuso da Coldiretti Lombardia:
Clima, crolla il miele d'acacia: in Lombardia persi 3 vasetti su 4
 
In Lombardia persi 3 vasetti di miele d'acacia su 4, a causa del crollo della produzione nella prima parte della campagna 2019. Lo rende noto la Coldiretti Lombardia sulla base degli ultimi dati regionali, secondo cui la produzione del miele di acacia quest'anno è inferiore del 75% rispetto alla media. In termini economici - precisa la Coldiretti su stime Ismea - sulla produzione commerciale significa una riduzione dei ricavi per gli apicoltori di 10 milioni di euro.
 
A pesare è stato l'andamento climatico anomalo del 2019 - sottolinea la Coldiretti -caratterizzato da primi mesi dell'anno particolarmente siccitosi, ai quali ha fatto seguito un maggio freddo e bagnato. La sofferenza delle api - precisa la Coldiretti - è uno degli effetti dei cambiamenti climatici in atto che sconvolgono la natura e si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.
 
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall'estero, spesso di bassa qualità - consiglia la Coldiretti -, occorre verificare con attenzione l'origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l'etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell'Unione Europea, l'etichetta - continua la Coldiretti - deve riportare l'indicazione "miscela di mieli originari della CE"; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta "miscela di mieli non originari della CE", mentre se si tratta di un mix va scritto "miscela di mieli originari e non originari della CE".
 
In Italia - spiega la Coldiretti - esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di "pascolo" delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne lombarde - conclude la Coldiretti - ci sono circa 160 mila alveari curati da oltre 6 mila apicoltori tra professionisti e hobbisti. In Italia, invece, gli alveari sono 1,4 milioni mentre gli apicoltori sono 51.500 di cui 33.800 circa producono per autoconsumo (65%) e il resto con partita iva che producono per il mercato (35%).
A.S.
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