Merate: Antonio Calabrò parla di lavoro e imprenditorialità in un Paese al paradosso
Si è svolta venerdì 7 giugno presso Villa Confalonieri la presentazione del libro “L’impresa riformista” alla presenza dell’autore Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli e vicepresidente di Assolombardia. L’assunto dal quale ha preso le mosse il suo discorso consiste nel riconoscimento di due Italie antitetiche: l’una caratterizzata negativamente da tutta una serie di dati economici (crescita prossima allo zero, spread alto, interessi su un ingente debito pubblico che assorbono tutte le risorse, ecc.), l’altra composta da industrie e imprenditori volenterosi che cercano di ritagliarsi la propria fetta di mercato nonostante tutto e che fanno del nostro Paese la seconda manifattura europea.
Antonio Calabrò e Giancarlo Gobbi
Tra i mali che causano questa dicotomia al limite del paradosso ci sono, a detta di Calabrò, dei pessimi provvedimenti governativi che avrebbero effetti deleteri per l’economia e il lavoro. Nel suo intervento non ha risparmiato forti critiche all’esecutivo in carica, reo di aver promosso manovre quali il cosiddetto reddito di cittadinanza e quota cento: “hanno in mente un Italia in cui si ritiene che gli strumenti fondamentali per far funzionare la nostra economia sono distribuire soldi senza lavorare. Due misure che hanno occupato il dibattito pubblico che considero, e con me molti altri, un pezzo di veleno che intossica il sistema economico. Questo giudizio è parte di quello di Confindustria” ha dichiarato il saggista.
Stefano Covino e Marco Beretta
Tornando al libro, ma senza mai tralasciare stoccate ai membri di spicco dell’attuale governo reputati arroganti e incompetenti, Calabrò si è concentrato sui due termini presenti nel titolo del suo lavoro: “industria” e “riforma” sembrerebbero applicarsi a campi semantici distanti tra loro ma in realtà hanno elementi in comune come la pazienza, la mediazione e l’idea di perfezionare partendo da ciò che già si ha (senza avvertire la necessità di fare tabula rasa).“Ho scritto trecento pagine che verosimilmente non saranno lette: per un saggio vendere mille copie è successo editoriale. Ma mi sono sentito in dovere, così come per “Orgoglio industriale” e “La morale del tornio” (opere dello stesso autore precedentemente edite, ndr) , di dare conto di quest’Italia per bene, che lavora, fa fatica, rinnova, costruisce ricchezza, alimenta l’ascensore sociale pur sapendo che ci sono molte ombre. Credo però che l’autonarrazione italiana sia viziata da eccessiva commiserazione, ingenerosità e parzialità” ha chiosato l’autore dichiarandosi ottimista e speranzoso per il futuro.Il moderatore della serata Stefano Covino (ricercatore dell’istituto nazionale di astrofisica presso l’osservatorio di Brera e presidente dell'associazione La Semina, ndr) ha passato poi la parola a Giancarlo Gobbi imprenditore con esperienza pluridecennale maturata alla Fomas di Osnago e membro dell’ASME (associazione americana degli ingegneri meccanici, ndr) e a Marco Beretta, operante nel settore del digitale in quanto amministratore delegato di Nextmove. Entrambi hanno raccontato la loro storia professionale accomunata dalla dedizione al lavoro, spirito di intraprendenza, curiosità e apertura alla novità.
Marco Beretta, Antonio Calabrò, Stefano Covino e Giancarlo Gobbi
Il secondo blocco è stato invece dedicato alle domande e alle considerazioni del pubblico che hanno dato adito a un dibattito prolifico che ha toccato diverse questioni, dall’educazione scolastica, alla parabola della Fiat, alle difficoltà d’impresa. Anche all’uscita erano disponibili le copie del saggio “L’impresa riformista” pubblicato quest’anno per la Bocconi editore.
Dennis Mandelli