Ospedale, Castelli: 'Occorre agire subito la cosa peggiore è il silenzio nell’attesa. Si vada in regione e presidiamo il Mandic'

Il senso di appartenenza ad una comunità, l'affetto per il proprio ospedale succhiato già con il latte materno, sentimenti che messi assieme, di fronte ad una situazione di grave e concreto pericolo possono e riescono a irritare anche una persona ordinariamente pacata, riflessiva e dai modi sempre garbati.


Aldo Castelli
Aldo Castelli, di fronte alla prospettiva della chiusura notturna del Pronto soccorso del San Leopoldo Mandic, raccontata come se stesse commentando la qualità della brioche del bar dal dg Paolo Favini, non ha mezze misure: le istituzioni - dice - debbono prendere immediata posizione. Un giorno di più è un giorno di troppo. 

Lei ha vissuto dall'interno la crescita del nostro ospedale.
"Sì, sono stato nel Comitato di Gestione dell'ospedale sotto la presidenza di Sandro Cesana ma da quando mi sono interessato della "cosa pubblica", e ormai sono trascorsi quarant'anni, ho sempre seguito le vicende del presidio". Tra l'altro col dottor Gola e il dottor Scaccabarozzi abbiamo attivato il servizio di assistenza domiciliare sul territorio che fu considerato un modello nazionale".  


Di pericoli nel corso degli anni se ne sono palesati molti.
"E' vero, forse il più grave proprio all'inizio di questo secolo quando fu inaugurato il Manzoni di Lecco. La voce più accreditata diceva che secondo gli schemi regionali, che il direttore generale dell'epoca Roberto Rotasperti avrebbe dovuto sviluppare, il nuovo ospedale di Germanedo avrebbe dovuto ospitare tutte le specialità per la fase acuta, quello di Merate i reparti di riabilitazione e lungodegenza mentre l'Umberto I° di Bellano, che si affaccia sul lago in una posizione davvero bellissima, lo si doveva vendere".


Ma ciò non avvenne.
"No perché la reazione del meratese e del casatese fu dura e compatta con corteo e presidio davanti all'ospedale. In Regione dovettero innestare la retro marcia".


E Ora?
"Ora siamo in presenza di una situazione altrettanto grave e preoccupante. Tenga presente che in tutti questi anni il Mandic è cresciuto in alcune specialità ma ha anche perso servizi minori, strutture complesse e strutture semplici. Si dice che sono interdipartimentali ma in realtà ci sono figure professionali stabili a Lecco che scendono a Merate una o due volte la settimana. Per una visita dall'epatologo occorre rivolgersi al Manzoni, ad esempio, perché lì c'è il "Fibroscan". Ma è solo un esempio".


Che cosa pensa abbiano in animo i vertici regionali?
"Il ridimensionamento dell'ospedale con l'alibi del numero minimo di prestazioni. Ora provi a immaginare un pronto soccorso aperto solo di giorno e, un domani, la soppressione del punto nascite. Cioè 6-700 bambini che vengono fatti nascere a Lecco o a Vimercate. Mi dice che cosa rimane del nostro ospedale?". 


Che si fa dunque? 
"Guardi, la cosa peggiore è il silenzio nell'attesa. Il tempo gioca contro, smorza gli animi, sopisce, tronca come dicevano i vecchi democristiani. E favorisce le manovre più subdole. Occorre agire subito, oggi stesso". 


Con quali modalità?
"Vedo tre livelli. Uno Istituzionale, i presidenti dei circondari debbono convocare subito le assemblee dei sindaci e chiedere un colloquio a distanza ravvicinatissima con Paolo Favini. E se le risposte, come temo, saranno di circostanza, con il Dg del Welfare Luigi Cajazzo e l'assessore Giulio Gallera. Il secondo livello investe anche l'utenza con l'organizzazione di serate specifiche per conoscere meglio l'ospedale, le sue specialità, le aree di miglioramento e i rischi che corre oggi. Il terzo livello riguarda tutti: cittadini e amministratori. Vedo la nascita di un Comitato che dia vita a presidi il sabato mattina con in prima linea i nostri sindaci con indosso la fascia tricolore e tutti i consiglieri comunali. Deve essere un movimento di popolo, come si diceva una volta; un esercizio costante di pressione perché sia chiaro che il Mandic è un bene comune, non è un giocattolo nelle mani degli amministratori pro tempore della regione".


Un gruppo di lavoro era stato costituito.
"Sì e comprendeva persone di grande qualità con competenze specifiche nell'ambito sanitario. Ma si è perso nel tempo. Occorreva una presenza più ferma del Sindaco di Merate; a lui spetta il compito di coordinare le sedute e gli obiettivi. Ma ho la sensazione che non sia tra le priorità di Massironi". 


Lei invece che si candida a guidare l'intero centrosinistra alle prossime elezioni comunali di maggio?
"Per me, per noi l'ospedale sta in cima alle priorità. Come l'ambiente, il verde pubblico, la qualità dell'aria, il decoro della città. Ma di questo ne parleremo più avanti".
Claudio Brambilla
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