Intervista a Kruger, oggi sul palco a Osnago. Canterà il De André che ha sempre ascoltato

Lorenzo Kruger
Allo Spazio Opera di Osnago arriverà stasera Lorenzo Kruger per far ascoltare il suo Fabrizio De André. Nel tardo pomeriggio di ieri, nel giorno in cui ricadeva l'anniversario del ventennale dalla morte del cantautore genovese, lo abbiamo intercettato mentre era in viaggio per un concerto in serata a Milano.


Partiamo dal titolo dello spettacolo: "Eredità vocali". Che cosa ha lasciato De André nella musica italiana e nel tuo percorso artistico?
«Mi è stato chiesto dagli organizzatori di scegliere un titolo come da tradizione per l'Omaggio a Fabrizio De André di Osnago. E devo dire che è stato propedeutico a capire cosa stavo facendo, quali brani portare. Di eredità De André ne ha lasciata anche troppa. A volte verrebbe voglia di andare oltre, è anche troppo ingombrante. Personalmente, ho questo cranio che suona simile al suo, qualcosa di genetico. La mia non è né una postura né un'impostura vocale».


Ricordi come hai conosciuto la sua musica?
È stato il primo cantautore che ho conosciuto. Mio padre lo ascoltava molto. Soprattutto in macchina, nei sedili di dietro con i miei due fratelli, sentivamo le sue canzoni, c'erano sempre. Era come un'epifania. A sette anni cantavo "Bocca di rosa". Per un bambinetto era un testo audace, non so nemmeno se lo capissi a fondo. Penso ci sia molto di freudiano nel mio legame con De André. Forse ho voluto gratificare mio padre, che era un po' il mio idolo da bambino».


Hai mai suonato sul palco le canzoni di De André?
«Con la band abbiamo suonato "La ballata dell'amore cieco" e "Hotel Supramonte". Poi ho composto "Michè", un testo particolare che è da considerarsi il sequel de "La ballata del Miché"».


Cosa ci dobbiamo aspettare dal concerto pensato appositamente per l'evento di Osnago?
«Lo spettacolo è un percorso basato innanzitutto sulle reinterpretazioni musicali delle canzoni di De André. Sarà suddiviso in gruppi di brani e ciascun gruppo sarà chiuso da una mia canzone che reputo sia un'eredità di De André. Quindi sarà un confronto tra il mio e il suo, dove il suo sarà la parte ovviamente preponderante».


Faber è stato un cantautore decisamente prolifico. Come hai fatto a estrapolare per il concerto le canzoni da un repertorio così vasto?
«Sicuramente non volevo che diventasse un concerto triste e spettrale. Io sono uno che apprezza in particolare il De André della prima ora, quello brasseniano. Ci saranno anche canzoni frutto della collaborazione con Bubola. È un concerto dedicato a me, con le canzoni che piaceva ascoltare a me».


Per quanto riguarda il tuo percorso artistico ti trovi all'inizio di un nuovo ciclo da quando hai scelto la strada da solista, con la separazione dai Nobraino. A cosa stai lavorando?
«Sto lavorando a una nuova produzione, ma sono lento. Sono ancora molto impegnato con i concerti. E poi sto curando tutto da solo. Non ho al momento un management alle spalle. Il ché da una parte è bello perché ho più libertà, ma dall'altra mi impegna molto. Spero dopo il prossimo disco, che potrebbe arrivare entro la fine dell'anno, di riuscire a delegare una parte del lavoro a qualcuno».


Tornando a stasera, al termine del concerto ti potrai ritenere soddisfatto se...
«Se il pubblico si diverte. Si dovrebbe pensare a fare bene, con precisione il concerto. Ma in fin dei conti sono veramente soddisfatto soltanto se è soddisfatto anche il pubblico e se si diverte».
Marco Pessina
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