Novate: la storia di Nino Birattari esule istriano, con tredici traslochi alle spalle, dopo 60 anni ''rimborsato'' dallo Stato
All'incrocio tra le vie Crocefisso e Vittorio Veneto, nel centro storico di Novate, affrancato sul muro a secco dove qua e là spuntano fiori e ciuffi di piante officinali, all'esterno di una vecchia casa di recente ristrutturazione, c'è un cartello intitolato "il Carro dei Bùmbari". Al centro una foto in bianco e nero mostra un contadino, a piedi nudi e gerla sulla spalla, in primo piano una donna sorridente con il tradizionale costume brianzolo, il capo ornato dalla classica "sperada" con gli spadini a semicerchio a mo' d'aureola ed al braccio la classica sporta di tela col manico di legno; sullo sfondo un cancello in legno che delimita la proprietà di una casa, un po' malmessa, tipica dell'ambiente rurale dei tempi.
Nino nella sua casa di Novate
La foto è accompagnata da una didascalia, frutto di una ricerca presso l'Archivio di Stato di Como: "Casa del '600, citata nel Catasto Teresiano del 1721, relativo al Comune di Novate, Pieve di Brivio, Ducato di Milano, come: Legato di messe della fu Apollonia Colnaga Albana....Casa d'affitto compreso l' orti marcati in mappa allo n.69 e 71.... ...Del valore capitale di 15 scudi". È il titolo a raccontare della famiglia che ora vi abita: "il carro dei Bùmbari": bùmbari sono chiamati, con un termine il cui senso si perde nella notte dei tempi, gli abitanti di Dignano d'Istria ed il carro sta a significare il percorso esistenziale di quel popolo che, forzatamente esule perché allontanato con terrore e violenza dalle proprie terre, viene costretto a vagabondare alla ricerca di un futuro possibile, ma carico, proprio come un carro, di tradizioni, cultura e storia.
La famiglia Birattari a Dignano
"Si va via per sempre, gennaio 1947"
È la storia, quella della famiglia di Nino Birattari (classe 1944) che nel '47, dopo più di 400 anni di permanenza su quel territorio, dalla terra natìa si è mossa in diverse località dell'Italia settentrionale: inizialmente Torino (dove l'apertura di un negozietto di alimentari rappresentò l'inutile disperato tentativo di dare un mantenimento a due numerose famiglie, quella del nonno e di suo fratello... Poi costrette a separarsi per strade diverse...), indi Montesolaro di Carimate, in provincia di Como (nella dependance di una villa nobiliare), a Cantù (in un alloggio delle case popolari), a Milano, a Sanremo , poi nuovamente Milano, fino ad approdare a Novate, grazie ad un annuncio online di una casa in vendita, ceduta dalla Chiesa a seguito di una permuta con altri terreni per la costruzione della sua nuova sede. Dopo la ristrutturazione, nel 2000, la famiglia vi si trasferì per gli anni della pensione. L'Istria, che per svariati secoli appartenne alla Repubblica di Venezia, fu sottoposta dopo la sua caduta, alla Francia di Napoleone poi, sino al termine della 1° guerra mondiale, appartenne all'impero Austro Ungarico, infine, sino alla fine del 2° conflitto mondiale, al regno d'Italia, "Io sono nato nel momento più critico" ha raccontato Nino "proprio quando nel resto d'Italia si festeggiava la pace e la libertà, per la mia gente è iniziato il periodo peggiore; in realtà l'aperitivo di quanto sarebbe poi successo l'abbiamo avuto l'8 settembre 1943": con l'armistizio i partigiani di Tito, si scatenarono iniziando a sterminare, secondo un piano precostituito, i cittadini di etnia italiana, soprattutto quelli che per cultura, posizione sociale ed autorevolezza, avrebbero potuto opporsi al progetto di Tito di includere nella futura Repubblica comunista Jugoslava l'Istria e tutto il territorio italiano sino al fiume Isonzo. Ebbe così inizio il periodo delle Foibe che fu caratterizzato da uccisioni e sparizioni di cui è tristemente nota la storia e che rese consapevoli molti italiani circa l'opportunità di doversene andare con le proprie famiglie, al fine di sottrarsi, almeno per il momento, a tali rischi... solo con l'arrivo e la conseguente occupazione nazista, vi fu una temporanea diminuzione di dette uccisioni. L'attività della famiglia Birattari, estesa a tutta l'Istria, consisteva nella raccolta di pelli "All'epoca la macellazione del bestiame veniva effettuata in proprio dagli stessi macellai, presso i quali le pelli venivano ritirate dalla nostra azienda famigliare e portate nel nostro magazzino per un primo trattamento di pulizia e di salatura per la conservazione e di asciugamento all'aria. Il materiale era poi venduto alle concerie del Nord Italia. L'attività era stata anche estesa ai Balcani: mio nonno, sfruttando un servizio di linea con idrovolanti che era stato attivato come collegamento tra Pola e l'enclave italiana di Zara, vi si recava periodicamente per acquistare pelli provenienti per ferrovia dalla Romania e dalla Bulgaria, vendendo poi, per telefono, il materiale direttamente alle concerie".
Il magazzino delle pelli del nonno
Quando fu evidente che la guerra stava volgendo al termine, al fine di sottrarre parte del materiale giacente in magazzino alle probabili razzie dei tedeschi in ritirata, l'azienda decise di occultarne uno stoccaggio, mediante delimitazione con idonea parete di una zona terminale del magazzino. Anche all'arrivo dei partigiani titini, che sequestrarono immediatamente l'azienda e le abitazioni, con la speranza che la loro occupazione potesse essere temporanea, fu deciso di non parlare loro del materiale occultato. Ma i partigiani minacciando di tortura il personale dipendente affinchè dicesse dove fossero i soldi, vennero a conoscenza dell'esistenza pelli nascoste, allertando di conseguenza la Polizia Politica.
Le famiglie in gita a Superga nel 1947
"Cercavano il nonno ed i suoi soci" ha raccontato Nino "fortuna vuole che la Polizia si è presentata di giorno nella villa dove avevamo potuto avere asilo dopo il sequestro di azienda e case e si sono posti ad attendere il rientro dei ricercati. Quando mio nonno stava rientrando ne fu informato dalla padrona di casa, che seppure cieca, l'aveva riconosciuto dal rumore del suo passo; fece un immediato dietro-front dirigendosi a piedi in direzione di Pola. Anche mia madre aveva provveduto ad inviare mio fratello (6 anni) sulla strada di Pola per avvisare nostro padre di non tornare a casa. Questi, quando incrociò mio fratello, stava effettivamente tornando a Dignano col nostro camioncino, sul cassone del quale si trovavano alcuni partigiani che, smesso il turno di guardia al posto di blocco posto a separazione tra la zona sotto il controllo degli Jugoslavi da quella di Pola controllata dagli Angloamericani, gli avevano chiesto un passaggio. Giunto all'inizio del Paese, con la scusa di una dimenticanza, li fece scendere e ritornò indietro; lungo la strada vide il nonno e, presolo a bordo, si diressero tutti e tre verso Pola. Fu così che iniziò l'esodo della mia famiglia, giunto a compimento quando, alcuni mesi dopo, mia madre riuscì ad ottenere un regolare lasciapassare col quale mia nonna, mia madre e le zie, oltre al sottoscritto che non aveva ancora compiuto 3 anni, attraversammo il posto di blocco, con i soli vestiti che avevamo indosso ed i dati amministrativi dell'azienda scritti con matita copiativa su di un telo bianco cucito sotto la fodera del cappotto. I 3 cugini di mio nonno, anch'essi soci dell'azienda, furono purtroppo arrestati e condannati, come nemici del popolo, ai lavori forzati. Tornarono liberi, per un fortuito scambio di prigionieri, dopo 3 anni circa."
La Madonna pellegrina con le date degli spostamenti
La storia della famiglia Birattari, analogamente a quelle dei 350mila esuli Giuliano Dalmati, è stata caratterizzata dalla necessità di ricostruire, inventandosi da zero, in territori non propri, senza risorse, in un momento tremendamente difficile per tutta l'Italia... come poter guadagnare il pane per la propria famiglia. "In tutta la mia vita" ha raccontato Nino "ho dovuto contare ben tredici traslochi, alla continua ricerca di migliori condizioni di vita che non escluse anche due tentativi d'espatrio: nel 1949 verso l'Australia, abortito per motivi di cui non ho memoria, e nel 1955 verso gli Stati Uniti d'America, dove la Caritas aveva trovato un posto di lavoro per mio padre: la cosa sembrava già fatta, tanto è vero che io e mio fratello avevamo già giurato, su Bibbia e bandiera a stelle strisce la fedeltà alla Costituzione degli Stati Uniti, quando l'esame medico fece emergere una macchiolina sul polmone di mio padre (poi risultata una banale cicatrice di una vecchia pleurite) che però ebbe l'effetto di far sospendere la domanda d'espatrio, sino a quando, con la Rivolta d'Ungheria dl 1956, venne creata una corsia privilegiata per gli Ungheresi in fuga dal comunismo russo. Questa situazione costituì un duplice aspetto positivo: le migliori condizioni di vita, che si vennero a creare con l'emergente miracolo economico italiano, fecero decadere la necessità di un espatrio e con esso il rischio che ciò avrebbe quasi certamente comportato, per me e mio fratello, un malaugurato coinvolgimento nel conflitto in atto nel Vietnam".
Lo stemma di famiglia sulla casa degli avi
Nella famiglia Birattari la nostalgia delle radici è sempre stata un elemento molto presente, non solo per chi ha vissuto da adulto l'esperienza dello strappo, ma anche per chi lo ha vissuto, per induzione, anche solo nella primissima infanzia come Nino cresciuto con i racconti struggenti dei propri parenti, di cui ora è rimasto il solo superstite..."Mi ricordo la vacanza itinerante nel 1953 da Cantù a Trieste con una lambretta ed una vespa, con mio padre ed io sulla lambretta e mia madre con mio fratello sulla vespa, sulle strade di allora, visitando strada facendo i vari parenti che avevano trovato sistemazione nelle varie località...a Trieste, che allora non era ancora tornata all'Italia, in fondo alla riva vidi un cartello che indicava la direzione per Pola, mi resi conto che i ricordi dei miei non erano fantasie... Alcuni anni dopo, era il 1958, fu possibile, per la prima volta, ritornare in Istria, con un permesso turistico di soli 3 giorni, con la 600 usata che mio padre aveva appena acquistato. Giunti in prossimità del nostro paese, alla vista del campanile, mio padre ha fermato l'auto e, in silenzio, i miei genitori sono scoppiati a piangere...una scena straziante che mi commuove tutte le volte, anche solo a ricordarla. Poi entrati in paese è stato un profluvio d'incontri e lunghe chiacchierate con i compaesani rimasti, anche per avere notizie di quelli che invece se n'erano andati via e sparsi per il mondo...".
Nino con mamma e papà in sella alla lambretta e accanto in bici sulle strade di Monza nel 1949
Pian piano, negli anni, è sempre più aumentato il numero degli esuli che, come turisti, sono ritornati per le vacanze ed ora vi sono occasioni, come il raduno a Dignano, di tutti i Dignanesi, andati e rimasti, finalmente concordemente insieme. E' purtroppo doveroso evidenziare che lo Stato Italiano, avendo invaso la Jugoslavia ed essendo uscito sconfitto dal conflitto, essendo debitore dei danni di guerra offrì alla nuova repubblica Jugoslava, a saldo del suo debito, i Beni abbandonati dagli esuli giuliani, confidando che sarebbe stata poi sua cura rimborsare questi ultimi. "Solo dopo più di sessant'anni" ha concluso con una certa amarezza Nino "passate due generazioni (nonni e genitori), è giunta l'ultima di una serie di tranche che, a mio parere, dà la sensazione di essere stati rimborsati non con il capitale, ma solo con il suo interesse.... lo Stato nei nostri confronti non ha mai riconosciuto di essere debitore dei Beni ma solamente dell'assistenza... ed avevamo anche ricevuto l'assegnazione di case popolari a riscatto...Ah beh!". Insomma la coscienza era stata in qualche modo lavata, a fronte, però, di un prezzo altissimo pagato dal popolo dei nostri fratelli Giuliano Dalmati..."ma sono cose di 70 anni fa ed oggi dobbiamo misurarci con altri nuovi problemi di complicata soluzione".
Bibliografia consigliata per chi volesse approfondire il tema dell'esodo degli Italiani dall'Istria
Libri: Materada (Fulvio Tomizza) La foiba Grande (Carlo Sgorlon)
Dvd: Magazzino 18 (Simone Cristicchi)
Saba Viscardi