Viaggio nei corridoi del ''piano zero'' di Villa dei Cedri/3. Maria Raffaela, schietta e tenace, non si arrende alla SLA. ''Ma i giorni sono lunghissimi e i ricordi non si dimenticano''

Raffaela è una lottatrice. Anche se qualche volta la rabbia per quanto le è successo e il dolore per non poter più vivere relazioni quotidiane, non mediate da un comunicatore e da una carrozzina, le fanno inumidire gli occhi, il suo carattere forte e tenace prende il sopravvento. E dopo un attimo di incertezza, il tempo di ricacciare indietro le lacrime, torna la "presidente" del reparto come scherzosamente l'hanno appellata.

Maria Raffaela Cuttano nel salottino di Villa dei Cedri


Classe 1952, di sangue pugliese, ma residente a Trezzano Rosa, dall'ottobre 2017 è una delle pazienti del piano zero di Villa dei Cedri, quello riservato alla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), dove operatori e infermieri, coordinati da Elena Motta (referente ASA), dalla dottoressa Laura Campanello e dal dottor Andrea Millul, si occupano quotidianamente di assistere nei bisogni e alleviare nei tormenti del corpo e dello spirito, i ricoverati.

Una vita tranquilla, scandita dai ritmi della famiglia e delle faccende domestiche, che improvvisamente diventa una lotta per strappare brandelli di esistenza e umanità a un destino che, senza un perchè, si è accanito con una ferocia inaudita.

 
Lei conosceva Merate per via di un ricovero della sua mamma all'ospedale Mandic. Quando è iniziato il percorso che l'ha condotta a Villa dei Cedri?
Nel 2015 sono cominiciati i primi problemi. Andavo zoppa e la mano non funzionava più correttamente, rispondeva meno ai comandi. Nel 2016 c'è stata la diagnosi, con un ricovero prima all'ospedale di Melegnano e poi a Bergamo dove ho incontrato il dr. Virginio Bonito, un neurologo che da anni si occupa dei malati di Sla. Per un po' sono rimasta a casa, quando il deambulatore non funzionava raggiungevo la camera da letto al piano superiore, trascinandomi in ginocchio. Poi non ce l'ho più fatta e sono venuta qui.


Lei è stata per tanti anni parrucchiera ed estetista a Milano, poi si è ritirata per fare la casalinga, badare alla famiglia con il marito, i figli e poi quando sono arrivati i nipotini si è dedicata interamente a loro...sul più bello invece...
Facevo la baby sitter ai piccoli e mi piaceva enormemente. Mi manca tanto fare la nonna. Loro sono molto attaccati a me. Mi manca anche badare a mio marito e ai miei figli, mi piaceva fare da mangiare e anche adesso ho mantenuto il piacere del cibo, la voglia di sentire i sapori. Ero una brava cuoca, adesso mio marito e mio figlio si devono arrangiare e io non posso più occuparmi di loro.



A lei è rimasto ancora un minimo di autonomia. Riesce a mangiare da sola, a muovere la mano sinistra e qualcosa della destra. Un modo per restare aggrappati a quello che è stato...
Mi sposto con la carrozzella (tramite il joystick, ndr), con il mouse compongo le frasi sul computer e utilizzo tutti gli strumenti che mi offre. Internet, whatsapp, i giochi come Candy Crush o le slot machine. Oppure i cruciverba che prima facevo in quantità ("ed era anche molto brava" chiosa il marito, ndr)


Questo le consente di trascorre le ore, le giornate...che sono lunghe, interminabili immaginiamo...

La mattina resto a letto e cerco di approfittare del pomeriggio per fare tutto ciò che ancora riesco. A volte però le ore non passano e spesso andiamo a letto troppo presto, alle 17: così la notte e il mattino non arrivano mai.


Simpaticamente la vorrebbero eleggere "presidente del reparto". Una sorta di sindacalista che si fa portavoce delle istanze dei pazienti, delle loro richieste e necessità, dei suggerimenti per migliorarne la degenza e la qualità della vita, al centro del lavoro quotidiano degli operatori. E' sempre stata così "diretta" o lo è diventata in seguito alla malattia e al ricovero?
(Alla conferma del marito "Metteva in riga tutti", arriva la confessione di Maria Raffaela). Se devo dire qualcosa lo dico, non me lo tengo dentro. E' nel mio carattere ed è questo che ogni giorno mi tiene in vita: cercare di conservare sino all'ultimo la mia autonomia, utilizzare la mano per mangiare e per spostarmi con la carrozzella, per fare una carezza così come per chiedere e ribadire con forza quello che non mi va.


Come si fa ad affrontare il quotidiano?
(E la risposta arriva assieme a quella di Elena, la coordinatrice ASA che per questi pazienti rappresenta un punto di riferimento, di sfogo e anche di distensione quando la sofferenza e la stanchezza, soprattutto quelle psicologiche, cercano di avere il sopravvento).
Ci vuole una pazienza all'infinito. Il segreto è starci dentro tutti i giorni, a volte con rabbia e con tristezza. La giornata è fatta di tanti momenti difficili, ogni istante lo è, ma cerco di non perdermi d'animo. (Elena: è una grande dote quella di Raffaela. Lei ti regala tanti momenti di pianto ma anche tanti sorrisi ed è quello che ci permette di scherzare. Sono dei regali che ci fa, perchè ci comunica quello che sta vivendo, che è un percorso non facile, ma è una leonessa e torna a combattere).

Elena e Maria Raffaela



Come è il rapporto con gli operatori?
Bellissimo (risponde convinta e senza esitazioni, con il labiale molto chiaro e comprensibile). Sono tutti bravi e c'è un rapporto confidenziale. Anche se io non mando a dire quello che penso. (Elena: "è sufficiente uno sguardo. Raffaela ti polverizza: se ha qualcosa che non va lo capisci in un attimo. Non sa recitare")


Lei che tutto sommato ha ancora un minimo di autonomia nel mangiare, nello spostarsi, nello scrivere al computer o al tablet, è stata chiara "niente PEG". C'è qualcosa che le fa paura?
Ho paura di soffocare, che mi si formi il tappo di catarro in gola e che gli operatori non arrivino in tempo per aiutarmi a tornare a respirare e così io abbia una crisi.


Lei non vuole sentire parlare della malattia. Una sua compagna di reparto, Luciana, qualche settimana fa ha presentato il suo libro. Lei non ha voluto assistere.
Ho avuto una crisi respiratoria quel giorno e quindi sono rimasta a letto ma in qualunque caso non avrei voluto essere presente. Ogni giorno è difficile, lunghissimo da trascorre. E anche i ricordi sono pesanti, non si possono dimenticare.


Continua/3




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Saba Viscardi
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