Albino Garavaglia, una 'vita' nel sociale, dall’azione cattolica all’associazione Fabio Sassi. ''Perché essere utili è un dovere''

"La nostra è una delle zone più dotate di servizi dell'intero Paese. E questo non per fortunate coincidenze ma per la lungimiranza di quanti hanno operato negli anni a favore della comunità".

Albino Garavaglia

Ha gli occhi lucidi Albino Garavaglia, 76 anni quando racconta la sua esperienza alla guida dell'Associazione Fabio Sassi che, tra le altre molteplici attività, ha come primo impegno la gestione dell'Hospice Il Nespolo di Airuno.

Milanese d'origine, assessore a Missaglia durante due mandati di Gabriele Castagna, si è forgiato nelle sedi dell'Azione Cattolica. L'impegno nel sociale è causa ed effetto dell'esperienza maturata dentro l'associazione stessa e sulla Dottrina Sociale della Chiesa. Giunto a Missaglia nel 1974 Albino Garavaglia si è impegnato da subito in parrocchia e in ambito politico.

Grazie poi all'amicizia con la famiglia Marinari è entrato nell'Associazione Fabio Sassi.

"Sì, è andata così. Ci siamo iscritti all'Associazione Fabio Sassi mia moglie e io nel 2004 con Daina Mac William Petracchi , allora presidente. Mi sono occupato di procedure e processi di qualità, avendo maturato analoga esperienza in IBM Italia fino alla pensione. L'impegno si è fatto via via più intenso fino a occupare quasi l'intera settimana. Nel 2016 mi hanno eletto presidente, carica di durata biennale e il 20 aprile scorso sono stato riconfermato nella carica".

 

L'Associazione è molto nota ma ci ricordi brevemente le tappe percorse.

"Cominciamo col dire che il primo hospice fu aperto a Londra nel 1967 e intitolato a Saint Christopher. Qui medici, paramedici e volontari iniziarono a operare seguendo i principi di cura di Cycely Saunders (1918-2005), infermiera britannica anglicana, medico e scrittrice considerata la fondatrice delle Cure Palliative. In Italia il concetto di cure palliative, che tradotto significa cure utili a lenire il dolore in pazienti con malattie inguaribili, viene introdotto dal dottor Vittorio Ventafridda che nel 1980 apre un reparto nell'Istituto dei tumori di Milano. Il pioniere in terra lecchese è il dottor Mauro Marinari che avvia una struttura analoga nel 1986 al San Leopoldo Mandic. L'associazione nasce nel 1989 su proposta sempre di Marinari e di un gruppo di famigliari e di amici del giovane Fabio, meratese morto di cancro. Lo scopo è quello di aiutare le equipe mediche a fornire le cure appropriate a malati terminali. L'assistenza domiciliare che ha fatto davvero scuola in tutta la Regione ha però posto in evidenza la necessità di realizzare una struttura ove ricoverare malati terminali che necessitano di cure e assistenza 24 ore su 24, che spesso le famiglie non riescono ad assicurare. Così si è pensato ad un Hospice dato che l'ospedale, per la sua funzione, non avrebbe potuto rispondere a questa domanda. Individuata ad Airuno una palazzina di proprietà della Curia che l'ha ceduta in comodato d'uso, nel 1998 sono partiti i lavori di ampliamento e ristrutturazione costati circa 6,5 miliardi di lire di cui 1,5 finanziati dalla legge Bindi e il resto da donazioni del territorio che devo dire ha risposto e risponde tuttora sempre in maniera straordinaria. Importantissimo il contributo delle aziende e di alcune banche che hanno concesso mutui a tassi agevolati facilitando i rimborsi in caso di temporanee difficoltà".

Con moglie Piera


Una struttura d'avanguardia non solo nel Lecchese.

"Certamente. L'Hospice di Airuno è stato il quarto realizzato in Italia ( Il primo è stato la Domus Salutis di Brescia, inaugurata nel 1987 seguita dall'hospice del Pio Albergo Trivulzio di Milano, aperto nel 1991,e da quello della Casa via di Natale Franco Gallini di Aviano (pn), nato nel 1996 ndr). La crescita dell'attività è stata costante: nel 2006 è stata costituita la sezione "Ricerca e Formazione" che si occupa di formare medici e operatori sanitari e di diffondere la cultura delle cure palliative e nel 2013 abbiamo allargato ulteriormente il campo d'azione rivolgendoci ai malati di SLA. L'Hospice è l'ultimo anello della catena della "fragilità", altra struttura sanitaria che è un vero e proprio fiore all'occhiello del Lecchese grazie all'infaticabile lavoro di Gianlorenzo Scaccabarozzi e della sua equipe".

 

Veniamo ai dati di attività dell'Hospice.

"Ogni anno passano tra 200 e 220 persone. Di queste il 10-11% riesce a tornare a casa, o per concludere l'ultimo tratto di vita in famiglia oppure perché l'orizzonte temporale è ancora relativamente lungo per cui è preferibile il ricovero in una RSA. La degenza media è tra 17 e 19 giorni. Nel 2017 è stata di 17 giorni, in calo rispetto al 2016 di 19 giorni".



In qualche modo si può dire che si ricorre all'Hospice proprio alla fine.....?

"Direi di sì. Mediamente nei 175 hospice italiani il decesso del malato avviene nel 30% dei casi entro la prima settimana. Da noi è al 47%. Ciò è dovuto in parte al fatto che gli ospedali trasferiscono in hospice i pazienti all'ultimo momento , in parte alla rete di cure palliative domiciliari che sono molto efficienti ed efficaci, in parte perché i famigliari del malato non conoscono l'esistenza dell'hospice o ne hanno un pregiudizio, come fosse un luogo dove semplicemente andare a morire. Ora, con la nuova organizzazione del Dipartimento delle Fragilità ci aspettiamo che la rete di presa in carico del paziente migliori questa situazione".


Di quanti posti dispone la struttura di Airuno?

"Sono 12 i posti accreditati dalla Regione in base a un calcolo statistico sulla popolazione della Provincia. La permanenza è gratuita, i costi sono sostenuti per due terzi circa dal servizio sanitario regionale. Il rimanente è a carico dell'Associazione. L'accreditamento viene confermato ogni anno attraverso la ATS la quale verifica l'idoneità della struttura e l'adeguatezza verso i parametri normativi. Le camere sono tutte singole, due dispongono di una piccola cucina interna e c'è posto per i parenti che volessero restare con il proprio famigliare anche la notte".

 

E il personale da quanti operatori è composto?

"Ci sono 11 infermieri, 8 operatori socio-sanitari e 3 segretarie. Come collaboratori professionali invece abbiamo un direttore amministrativo, un direttore sanitario, quattro medici, una psicologa e una assistente sociale. E poi c'è la forza dell'associazione con ben 232 volontari, 59 dei quali si occupano di assistenza al Nespolo, 44 di accoglienza in Hospice e 12 svolgono attività diverse come manutentori, giardinieri e così via.

Gli altri 117 volontari operano in vari settori dell'Associazione, tra cui l'assistenza domiciliare (13), l'assistenza ai malati di SLA (6), nei gruppi di supporto al lutto (7) e i rimanenti nelle varie attività di sostegno (comunicazione, raccolta fondi, mercatini, ricerca e formazione, educazione alla solidarietà)".


I conti tornano?

"Come detto prima, parte dei costi sostenuti per la degenza sono corrisposti dalla Regione in funzione dell'accreditamento, tuttavia il bilancio dell'associazione regge grazie alle donazioni. Il 2017 si è chiuso per l'Hospice con un disavanzo di 423mila euro ma grazie alle donazioni complessive si è ridotto a 145mila euro. Contiamo molto sul 5 x 1000. I contribuenti che ci hanno scelto sono stati 4.079 nel 2017 contro i 2.024 del 2007, per un importo pari a 140mila euro (anno dichiarazione dei redditi 2016)".

 

L'attività dell'Associazione Fabio Sassi però va oltre la gestione dell'Hospice.

"Sì, diciamo che viaggia su tre direttrici: l'hospice, l'assistenza domiciliare e l'assistenza ai malati di SLA a villa Cedri, la quale ha una struttura altamente specializzata e di altissima qualità. Inoltre svolgiamo attività di sostegno al lutto per i parenti dei pazienti. Li supportiamo in caso di bisogno di aiuto psicologico.

 

I suoi predecessori l'aiutano nel difficile compito di gestire una struttura così articolata?

"Non mancano mai quando è necessario. Né Daina Mac William Petracchi che è stata l'anima dell'hospice e ha anche combattuto contro pregiudizi iniziali e difficoltà burocratiche in corso d'opera - e a questo proposito mi lasci ringraziare gli alpini per il lavoro che hanno fatto veramente insostituibile -né Domenico Basile che ha portato la responsabilità dell'associazione sulle proprie spalle per 12 anni".


 

E lei quanta "vita" ha messo nella Fabio Sassi?

"L'impegno è significativo e costante, ma lo ritengo doveroso e, spero, utile.
Ora, per esempio stiamo pensando a modalità per raccogliere fondi per la sostituzione delle caldaie e della manutenzione straordinaria dell'impianto di distribuzione del calore dell'Hospice che dovremo affrontare questa estate. L'Hospice ha quasi 16 anni e si cominciano a rilevare problemi alla struttura".

 

Ha mai varcato la soglia di una camera?

"Sì, per vicissitudini familiari. Tuttavia non riuscirei a dedicarmi all'assistenza dei pazienti perché non mi ritengo idoneo a causa della mia emotività.
Conosco questa sofferenza, l'avverto girando per la struttura dove colgo anche la speranza, sì la speranza di una fine priva di dolore, rassegnata ma quasi dolce in un ambiente dove il malato è veramente al centro, e non è un modo di dire".


Claudio Brambilla

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