Pazienti al centro, medici di base e ‘Patto di Cura’: la riforma sanitaria della cronicità spiegata al pubblico dall’ASST di LC


Sono più di 115.000 i cittadini della Provincia di Lecco coinvolti nel nuovo modello di presa in carico dei pazienti cronici secondo la riforma regionale della sanità, definita dagli stessi medici "non poco complessa e ancora in fieri". Per avviare il percorso, nelle scorse settimane a 85.000 di loro è stata recapitata a casa una lettera informativa sulle nuove modalità di riorganizzazione delle cure, alle quali sul nostro territorio hanno aderito come gestori ben 160 medici di base sul totale dei 200 attualmente attivi.

Il Dottor Pierfranco Ravizza, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Lecco


Ma in che cosa consiste effettivamente la riforma? Hanno provato a rispondere a questa e a tante altre domande i relatori intervenuti nel corso di un incontro pubblico promosso nella serata di ieri, mercoledì 7 febbraio, all'Ospedale Manzoni di Lecco per chiarire i numerosi dubbi nutriti dai pazienti nei confronti di quella che tuttora, anche agli occhi dei professionisti, continua ad apparire come una grande scommessa, non priva di alcuni rischi.

Il Dottor Valter Valsecchi

"L'intenzione è quella di passare dall'erogazione della singola prestazione alla creazione di un apposito "pacchetto" di cure per ogni singolo cittadino, nel quale il medico di base possa ricoprire un ruolo centrale, ma in affiancamento a un vero e proprio centro di servizi" ha esordito il Dottor Valter Valsecchi, di ATS Brianza. "In Lombardia il 30% degli assistiti è cronico, con una o più patologie, e consuma il 70% delle risorse regionali destinate alla sanità: posto che l'indice di vecchiaia - con il conseguente aumento della cronicità - è in costante crescita, si è quindi resa necessaria l'attuazione di un progetto all'insegna della sostenibilità e della razionalizzazione, che ponga il paziente, come soggetto attivo e libero di decidere come comportarsi, al centro di un cerchio riempito da svariate figure del mondo sanitario, tra cui, in primis, i medici di famiglia".

 

Nel nuovo modello di presa in carico, la prima azione per il cittadino consiste nella scelta del medico di fiducia al quale affidare la cura della propria patologia, nonché l'organizzazione e la gestione del relativo percorso terapeutico, anche in base al livello di complessità. Lo step successivo è quello della sottoscrizione del Patto di Cura, un vero e proprio accordo - necessario anche per i casi meno gravi - che implica diritti e doveri per entrambi i contraenti, propedeutico alla firma di un PAI (Piano di Assistenza Individuale), al cui interno sono contenute tutte le prestazioni (visite ed esami) e le prescrizioni farmacologiche che l'assistito deve effettuare nell'arco di un anno.

Si tratta, insomma, di un modo programmato e ragionato di affrontare la patologia, che prevede, per esempio, anche un costante monitoraggio del consumo di farmaci e dello svolgimento dei necessari accertamenti, nonché un continuo scambio dialogico tra medico e paziente, con il tramite imprescindibile dell'infermiere e dell'operatore amministrativo.

"Il gestore deve garantire il controllo del percorso di cura attraverso il "contact center", incaricato di comunicare telefonicamente con gli assistiti per la prenotazione delle visite periodiche" ha proseguito il Dottor Valsecchi. "Con il precedente progetto Creg, soltanto nel 2017 questo sistema aveva consentito di effettuare ben 43.000 chiamate, e d'ora in avanti il numero non potrà far altro che aumentare. Il paziente, in questo modo, viene sollevato da preoccupazioni e stress legati alla propria cronicità, guadagnando tempo e qualità di vita per sé e per i propri famigliari: anch'egli però, da parte sua, si deve impegnare a rispettare il PAI, per esempio comunicando eventuali prescrizioni effettuate da soggetti erogatori diversi da quelli previsti nella filiera del gestore. Onestamente credo che non sarà così difficile, sono sicuro che i vantaggi di questo nuovo sistema con il tempo si vedranno: ora si deve soltanto entrare nell'ottica di un percorso diverso, prestabilito, con una serie di "tappe" regolamentate e controllate".

Ma come si devono comportare, invece, i cittadini il cui medico di base non ha aderito al progetto?

"È proprio a loro che sarà indirizzata a breve la seconda "ondata" di lettere dalla Regione Lombardia" ha risposto il Dottor Valsecchi. "In questo caso, al paziente verrà proposta come possibile gestore la struttura sanitaria più frequentata per le cure negli ultimi tre anni (sia essa un ospedale o una clinica privata), oppure, in circostanze particolari, quella geograficamente più vicina alla sua abitazione, ma che comunque lo abbia già seguito per un arco di tempo rilevante. Il tutto sempre tramite un collegamento telefonico con il "contact center", che in seguito trasferirà tutte le necessarie informazioni al gestore prescelto".

Il Dottor Stefano Crespi

In un sistema di questo tipo, in sostanza, il vero regista del PAI non può essere altri che il medico di base, come ha argomentato anche il Dottor Stefano Crespi, dell'ASST di Lecco, che ha avuto modo di esprimere la sua grande soddisfazione per la larga adesione dei professionisti del territorio al nuovo modello di presa in carico dei pazienti cronici, "risultato di un lavoro decennale svolto a Lecco molto più che altrove, che ha davvero portato ottimi frutti".

"A differenza di un ultraspecialista, di uno specialista o di un internista, al medico di base non è richiesta la profondità, bensì l'ampiezza delle conoscenze, nonché la comprensione e la consapevolezza del contesto generale della malattia, grazie all'instaurazione di un rapporto più prossimo e diretto con il paziente" ha dichiarato il Dottor Crespi riprendendo alcuni concetti espressi anche dal collega Dottor Marco Magri (Cooperativa Cosma), affiancato nel tirare le conclusioni dal Dottor Bruno Fiorentino (Cooperativa CMT).

 

Il Dottor Massimo Bergamini

Dello stesso avviso anche il Dottor Massimo Bergamini, medico di base nel meratese che ha aderito con convinzione al nuovo progetto.

"Siamo noi a dover essere maggiormente coinvolti in questo sistema, a dover essere "manager" della salute attraverso un modello di personalizzazione delle cure" ha asserito quest'ultimo. "Magari si sarebbe dovuta tentare un'altra via, ma ora che siamo arrivati fino a qui dobbiamo partire perché, sebbene non si possa arrivare a parlare di sprechi, è davvero necessaria una razionalizzazione delle risorse della sanità lombarda".

Benedetta Panzeri
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