Pietro Caltagirone: sul caso Del Boca e l’urgenza ricordo che Maroni voleva l’h 24, 7 giorni su 7. E poi credo che sapessero tutti. La sanità pubblica? Se non investe chiude entro 10 anni
"Il sindaco di Santa Flavia, Salvatore Sanfilippo, facendosi interprete dei sentimenti della collettività flavese, conferisce la cittadinanza onoraria al dottor Pietro Caltagirone, umanissima figura di medico che all'alta professionalità ha saputo unire doti di umanità e spirito di servizio....".
Il 15 luglio 2015 Santa Flavia, comune della provincia di Palermo, conferiva la cittadinanza onoraria al dottor Caltagirone, nativo del luogo, lasciato subito dopo la laurea in medicina per trasferirsi a Milano. Un breve periodo come medico presso il carcere di San Vittore, poi una rapida carriera fino ai vertici delle più importanti strutture ospedaliere lombarde: cinque anni come direttore generale di Niguarda Ca' Granda, poi altri cinque all'A.O. di Lecco, tre al policlinico San Matteo di Pavia e, infine, gli ultimi cinque dal 2011 al 2015 alla testa dell'A.O. di Desio e Vimercate. Una brillante carriera conclusasi con i quiz indetti dal governatore Maroni per selezionare i nuovi top manager della sanità. Difficile pensare che un dirigente di così alto livello e con un'esperienza tanto vasta alle spalle non abbia saputo superare i quiz a domande multiple. Tuttavia con quella selezione il dottor Caltagirone ha concluso la sua carriera nel settore sanitario pubblico. Classe 1949 ora è consulente di una clinica privata. Nel lecchese lo si ricorda ancora per aver raccolto una difficile eredità dal precedente direttore generale Roberto Rotasperti, scomparso improvvisamente, che, seguendo le indicazioni regionali, puntava a trasformare il San Leopoldo Mandic in una clinica di lungodegenza, trasferendo tutte le specialità "acute" al nuovo Manzoni di Lecco. Caltagirone dopo un anno ribaltò questa linea riorganizzando l'ospedale e modificando sensibilmente il piano di sviluppo già approvato dalla regione prevedendo un nuovo blocco operatorio e una nuova Rianimazione. Ha lasciato Lecco e Merate nel 2009 ma uno sguardo alla "sua" Azienda lo riserva sempre. Gli abbiamo chiesto un parere sulle ultime vicende e, più in generale, dove sta andando la sanità lombarda.
La scorsa settimana è stata tutta caratterizzata dalla sospensione dei medici Del Boca e Baraldo, sospensione poi .... sospesa, o meglio, posticipata dal Direttore generale. Che opinione si è fatto della procedura, pur non conoscendo, come noi del resto, i reali contenuti della contestazione?
"Non conosco nulla della vicenda Del Boca / Baraldo; ho solo letto sui media quanto accaduto; se i fatti sono realmente quelli riportati io avrei dato una medaglia d'oro ai medici ed al personale infermieristico, e poi avrei messo mano a regolamentare la procedura evitando di far passare per urgente ciò che non lo è; non ci nascondiamo dietro ad un dito, oggi il ricorso all'urgenza è una consuetudine (un esempio per tutti il ricorso al cesareo, ed altri......). Se non ricordo male Maroni qualche anno fa' aveva dato indicazioni di aprire gli ospedali il sabato e la domenica, e se la conoscenza di questi fatti risale al 2016 è possibile mai che nessuno ne sapeva nulla"?
La reazione popolare è stata immediata e oceanica. Al nostro portale sono arrivate 500 lettere tutte firmate in pochi giorni. Come interpreta questa presa di posizione popolare?
"Nelle provincie il legame tra ospedale e cittadini è più sentito rispetto alle grandi città. Le ricordo le barricate con le lenzuola per evitare la chiusura del presidio di Bellano e il comitato che era nato per la difesa del presidio di Merate. Io c'ero ed oggi ci sono ancora i due presidi".
Dalla sua lunga esperienza alla testa di ospedali si sarebbe verificata anche altrove una simile reazione?
"Sicuramente non succede nelle grandi città".
Lei ha guidato l'A.O. di Lecco per 5 anni e ha dedicato più tempo di chiunque altro al San Leopoldo Mandic. Come ha lasciato il presidio nel 2009?
"Sul lavoro fatto per il presidio di MERATE ricordo che presentammo una modifica di riqualificazione ad un progetto già approvato e finanziato dalla regione dove prevedevamo anche un ampliamento della degenza per ospitare i letti dell'INRCA di Casatenovo e la sistemazione del blocco operatorio".
Rianimazione neonatale, Anatomia patologica, Urodinamica, Ematologia, uno dopo l'altro importanti servizi chiudono a Merate e tutto va a Lecco. Anche la logica dei dipartimenti ha premiato il Manzoni a danno del Mandic. E' comunque giusto così o il concetto di "azienda" finirà per sopprimere i presidi più piccoli?
"È vero che trasferimmo a LECCO alcuni servizi da Merate , è pur vero che non facemmo venir meno ai professionisti, tutti i supporti necessari per poterli mettere in condizione di erogare prestazioni di un livello assistenziale appropriato ed efficace".
Inspiegabilmente al nuovo concorso modello "Maroni", 800 candidati poi scremati a 100 e infine selezionati una quarantina Lei è rimasto fuori dopo tanti anni di direzioni di aziende importanti come Niguarda e il San Matteo di Pavia. Che è successo?
"Nulla di particolare hanno superato i test i migliori e poi credo che avevo già, come si suol dire, fatto il mio tempo, largo ai giovani".
Ritiene che questo nuovo metodo di selezione sia efficace e soprattutto effettivamente valido o siamo ai quiz dove capacità e fortuna un po' si equivalgono?
"Ho sempre sostenuto che la nomina di un direttore generale in un' ASST/ATS sancisce un rapporto di fiducia tra il direttore ed il politico che lo ha nominato; se la nomina viene effettuata attingendo da un elenco di professionisti che hanno superato un test psico-attitudinale in questo caso non sempre viene privilegiato il merito ed il politico si scarica di responsabilità nei confronti dei cittadini che lo hanno nominato sostenendo di avere attinto da un elenco che una commissione gli ha predisposto. A mio avviso la nomina deve essere fatta dal politico attingendo da un elenco generale dove è possibile valutare curricula non autoreferenziali".
Dalla cura al prendersi cura del paziente, è lo slogan della riforma socio-sanitaria di Maroni. Nel complesso e pur con la necessaria sintesi che giudizio si è fatto?
"Purtroppo rimane uno slogan fino a quando non si mette mano ad un vero processo di riorganizzazione intra ed extra ospedaliera e purtroppo la riforma Maroni a quasi due anni dal suo avvio non sta producendo alcun effetto, anche se questo assessore ce la mette tutta entrando nel merito dei problemi".
Lei dove lavora oggi?
"In una clinica privata accreditata non a contratto".
Esiste per il pubblico una reale capacità di competere col privato come sosteneva Formigoni col pretesto di offrire più opzioni di scelta al cittadino?
"La domanda richiede una risposta molto articolata, cercherò di sintetizzarla:
Quando si è partiti con la riforma subito si aveva la sensazione che la spedalità privata avrebbe fatto da padrona sull'intero sistema sanitario perché il livello tecnologico e strutturale delle aziende ospedaliere pubbliche era inadeguato. Col passare degli anni si è lavorato con adeguamenti tecnologici e strutturali tali da non temere più la concorrenza, grazie anche all'alto livello dei professionisti di tutte le professioni che vi lavorano. Purtroppo quegli adeguamenti sono quasi a fine corsa e forse le risorse non sono più sufficienti , quindi è arrivato il momento di fare una seria e ponderata riflessione per evitare di assistere al funerale della sanità pubblica nel prossimo decennio (10 anni sembrano tanti ma passano in fretta).
Il dr. Pietro Caltagirone
Il 15 luglio 2015 Santa Flavia, comune della provincia di Palermo, conferiva la cittadinanza onoraria al dottor Caltagirone, nativo del luogo, lasciato subito dopo la laurea in medicina per trasferirsi a Milano. Un breve periodo come medico presso il carcere di San Vittore, poi una rapida carriera fino ai vertici delle più importanti strutture ospedaliere lombarde: cinque anni come direttore generale di Niguarda Ca' Granda, poi altri cinque all'A.O. di Lecco, tre al policlinico San Matteo di Pavia e, infine, gli ultimi cinque dal 2011 al 2015 alla testa dell'A.O. di Desio e Vimercate. Una brillante carriera conclusasi con i quiz indetti dal governatore Maroni per selezionare i nuovi top manager della sanità. Difficile pensare che un dirigente di così alto livello e con un'esperienza tanto vasta alle spalle non abbia saputo superare i quiz a domande multiple. Tuttavia con quella selezione il dottor Caltagirone ha concluso la sua carriera nel settore sanitario pubblico. Classe 1949 ora è consulente di una clinica privata. Nel lecchese lo si ricorda ancora per aver raccolto una difficile eredità dal precedente direttore generale Roberto Rotasperti, scomparso improvvisamente, che, seguendo le indicazioni regionali, puntava a trasformare il San Leopoldo Mandic in una clinica di lungodegenza, trasferendo tutte le specialità "acute" al nuovo Manzoni di Lecco. Caltagirone dopo un anno ribaltò questa linea riorganizzando l'ospedale e modificando sensibilmente il piano di sviluppo già approvato dalla regione prevedendo un nuovo blocco operatorio e una nuova Rianimazione. Ha lasciato Lecco e Merate nel 2009 ma uno sguardo alla "sua" Azienda lo riserva sempre. Gli abbiamo chiesto un parere sulle ultime vicende e, più in generale, dove sta andando la sanità lombarda.
La scorsa settimana è stata tutta caratterizzata dalla sospensione dei medici Del Boca e Baraldo, sospensione poi .... sospesa, o meglio, posticipata dal Direttore generale. Che opinione si è fatto della procedura, pur non conoscendo, come noi del resto, i reali contenuti della contestazione?
"Non conosco nulla della vicenda Del Boca / Baraldo; ho solo letto sui media quanto accaduto; se i fatti sono realmente quelli riportati io avrei dato una medaglia d'oro ai medici ed al personale infermieristico, e poi avrei messo mano a regolamentare la procedura evitando di far passare per urgente ciò che non lo è; non ci nascondiamo dietro ad un dito, oggi il ricorso all'urgenza è una consuetudine (un esempio per tutti il ricorso al cesareo, ed altri......). Se non ricordo male Maroni qualche anno fa' aveva dato indicazioni di aprire gli ospedali il sabato e la domenica, e se la conoscenza di questi fatti risale al 2016 è possibile mai che nessuno ne sapeva nulla"?
La reazione popolare è stata immediata e oceanica. Al nostro portale sono arrivate 500 lettere tutte firmate in pochi giorni. Come interpreta questa presa di posizione popolare?
"Nelle provincie il legame tra ospedale e cittadini è più sentito rispetto alle grandi città. Le ricordo le barricate con le lenzuola per evitare la chiusura del presidio di Bellano e il comitato che era nato per la difesa del presidio di Merate. Io c'ero ed oggi ci sono ancora i due presidi".
Dalla sua lunga esperienza alla testa di ospedali si sarebbe verificata anche altrove una simile reazione?
"Sicuramente non succede nelle grandi città".
Lei ha guidato l'A.O. di Lecco per 5 anni e ha dedicato più tempo di chiunque altro al San Leopoldo Mandic. Come ha lasciato il presidio nel 2009?
"Sul lavoro fatto per il presidio di MERATE ricordo che presentammo una modifica di riqualificazione ad un progetto già approvato e finanziato dalla regione dove prevedevamo anche un ampliamento della degenza per ospitare i letti dell'INRCA di Casatenovo e la sistemazione del blocco operatorio".
Rianimazione neonatale, Anatomia patologica, Urodinamica, Ematologia, uno dopo l'altro importanti servizi chiudono a Merate e tutto va a Lecco. Anche la logica dei dipartimenti ha premiato il Manzoni a danno del Mandic. E' comunque giusto così o il concetto di "azienda" finirà per sopprimere i presidi più piccoli?
"È vero che trasferimmo a LECCO alcuni servizi da Merate , è pur vero che non facemmo venir meno ai professionisti, tutti i supporti necessari per poterli mettere in condizione di erogare prestazioni di un livello assistenziale appropriato ed efficace".
Inspiegabilmente al nuovo concorso modello "Maroni", 800 candidati poi scremati a 100 e infine selezionati una quarantina Lei è rimasto fuori dopo tanti anni di direzioni di aziende importanti come Niguarda e il San Matteo di Pavia. Che è successo?
"Nulla di particolare hanno superato i test i migliori e poi credo che avevo già, come si suol dire, fatto il mio tempo, largo ai giovani".
Ritiene che questo nuovo metodo di selezione sia efficace e soprattutto effettivamente valido o siamo ai quiz dove capacità e fortuna un po' si equivalgono?
"Ho sempre sostenuto che la nomina di un direttore generale in un' ASST/ATS sancisce un rapporto di fiducia tra il direttore ed il politico che lo ha nominato; se la nomina viene effettuata attingendo da un elenco di professionisti che hanno superato un test psico-attitudinale in questo caso non sempre viene privilegiato il merito ed il politico si scarica di responsabilità nei confronti dei cittadini che lo hanno nominato sostenendo di avere attinto da un elenco che una commissione gli ha predisposto. A mio avviso la nomina deve essere fatta dal politico attingendo da un elenco generale dove è possibile valutare curricula non autoreferenziali".
Dalla cura al prendersi cura del paziente, è lo slogan della riforma socio-sanitaria di Maroni. Nel complesso e pur con la necessaria sintesi che giudizio si è fatto?
"Purtroppo rimane uno slogan fino a quando non si mette mano ad un vero processo di riorganizzazione intra ed extra ospedaliera e purtroppo la riforma Maroni a quasi due anni dal suo avvio non sta producendo alcun effetto, anche se questo assessore ce la mette tutta entrando nel merito dei problemi".
Il dr. Pietro Caltagirone con il prof. Vincenzo Saputo
Lei dove lavora oggi?
"In una clinica privata accreditata non a contratto".
Esiste per il pubblico una reale capacità di competere col privato come sosteneva Formigoni col pretesto di offrire più opzioni di scelta al cittadino?
"La domanda richiede una risposta molto articolata, cercherò di sintetizzarla:
Quando si è partiti con la riforma subito si aveva la sensazione che la spedalità privata avrebbe fatto da padrona sull'intero sistema sanitario perché il livello tecnologico e strutturale delle aziende ospedaliere pubbliche era inadeguato. Col passare degli anni si è lavorato con adeguamenti tecnologici e strutturali tali da non temere più la concorrenza, grazie anche all'alto livello dei professionisti di tutte le professioni che vi lavorano. Purtroppo quegli adeguamenti sono quasi a fine corsa e forse le risorse non sono più sufficienti , quindi è arrivato il momento di fare una seria e ponderata riflessione per evitare di assistere al funerale della sanità pubblica nel prossimo decennio (10 anni sembrano tanti ma passano in fretta).
Claudio Brambilla