Fabiola Dreossi: l’Ospedale di Merate ha un grande passato e con le giuste risorse può crescere ancora con prestazioni innovative e di qualità, rafforzando il rapporto col territorio

Centodieci e lode al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, 80/80 al corso di specializzazione in Terapia Fisica, una vita intera trascorsa al San Leopoldo Mandic di cui per lunghi anni è stata una vera colonna. Poi nel 2016, dopo 32 anni di servizio, il pensionamento silenzioso, senza i soliti festeggiamenti. In linea col carattere schivo. Ha lasciato una struttura operativa che è da sempre uno dei fiori all'occhiello del presidio cittadino anche se non ha potuto vedere, come ha sperato per anni, il trasferimento in locali più idonei, vicino a Ortopedia e Neurologia. Classe 1953 è vicina alle posizioni moderate del centrosinistra, molto amica di Giliola Sironi, già tra le figure di maggior spicco della Dc che guarda a sinistra del casatese, e di Giovanni Battista Albani con cui ha condiviso la tornata elettorale del 2009. Oggi, dall'esterno segue con passione le vicende del Mandic.... "un ospedale di medie dimensioni che ha cercato di rispondere alle esigenze dei suoi utenti, del suo territorio, ma anche di sviluppare delle eccellenze" .

La dottoressa Fabiola Dreossi



Dottoressa Dreossi, ci tratteggi il Mandic, ieri e oggi.  

"Oggi le emergenze/urgenze vengono deviate verso altri presidi ospedalieri dove sono presenti reparti ad alta specialità, ma ancora 15 anni fa ictus, politraumi, traumi cranici erano ricoverati frequentemente e  spesso gestiti in sede (bene)  senza necessità di trasferimenti . La pediatria,  sotto la direzione del Dottor Saputo, era famosa anche in territori distanti dal Mandic. La rianimazione con il dottor  Marraro e il dottor Marinari ha conosciuto un periodo di eccellenza con trattamenti specifici e di alta specializzazione in epoca neonatale ed era diventata il punto di riferimento di molti ospedali italiani  per lo svezzamento dei bambini in area critica. La prima Stroke Unit del territorio è nata al Mandic
".  



Il presidio ha anche saputo avviare la prima forma di collaborazione autentica tra ospedale e territorio.
 

"Infatti. Qui è nata l'assistenza domiciliare (ieri ADI , oggi Dipartimento della Fragilità)  che ha determinato la continuità assistenziale e l'integrazione ospedale-territorio. La continuità dell'assistenza alla persona (sanitaria e sociale) è il tema del futuro in sanità ed incrocia qualità ma anche contenimento dei costi. Merate è conosciuta in Lombardia, ma anche a livello nazionale, per come è stato costruito, organizzato e gestito questo sistema
".



Il "piccolo" quindi funziona......
 

"Certo che funziona, anzi ho sperimentato che anche nel "piccolo" oltre a poter fare "cose buone" si possono introdurre innovazioni se c'è la passione e la competenza. Anzi la collaborazione è migliore perché le dimensioni contenute permettono una facilità di scambi e di rapporti. Credo che la "mission" di ospedali di grandi dimensioni con reparti a elevato impatto tecnologico e ospedali a dimensioni minori sia differente, ma non di minor valore e non credo che i primi siano sinonimo di acuzie e i secondi di cronicità o di problemi minori . Non solo,  mentre per le dimensioni, la densità e numero di utenti di riferimento, il grande  ospedale ha difficoltà a monitorare e assolvere ai problemi del territorio, e quindi è più "spersonalizzato",  l'ospedale a dimensione minore ha un importante aggancio con il territorio, i cittadini e gli enti locali e quindi è più facile seguire il paziente nel suo iter post-acuzie e completare l'intervento terapeutico.  Credo  che quello che costituisce il clou, l'essenza di un ospedale o di  un'attività sanitaria in genere, al di à della tecnologia, sia la competenza e la motivazione dell'operatore qualunque ruolo ricopra. Per la mia esperienza posso dire di aver conosciuto medici, personale infermieristico, ASA e tecnici competenti e motivati con voglia di fare e di innovare. Ho trovato,  in genere, un clima di buona collaborazione con tutti gli operatori".
 



Ma la situazione oggi non Le pare un po' cambiata?
 

"Certo, le cose negli anni, sono cambiate e come sempre con luci ed ombre (come in tutta la sanità e in altri campi dell'operare). Da un lato è migliorata la tecnologia, la conoscenza e l'organizzazione, i tempi di diagnosi e terapia sono nettamente diminuiti, i reparti sono stati restaurati con un netto miglioramento della qualità alberghiera. Dall'altro la riforma sanitaria  con l'accentramento delle decisioni ai vertici, la formazione di Aziende Ospedaliere sempre più ampie, l'aumento delle filiere dirigenziali, l'esternalizzazione dei servizi e la netta riduzione di alcuni servizi  in alcuni presidi, per la loro centralizzazione in modo rigido (vedi ad es. laboratorio e microbiologia) ha aumentato gli iter burocratici e decisionali ha spostato le valutazioni dalla sede locale, di presidio, in altre sedi  e ha determinato la perdita della risoluzione di esigenze sanitarie in sede locale, ha quindi aumentato il disagio degli utenti che devono continuamente spostarsi per risolvere i loro problemi" .  



Anche il territorio ha pagato il prezzo di queste riforme sempre più verticistiche, col potere decisionale accentrato negli uffici della Regione.  

"Diciamo che si è perso l'ascolto del territorio, le sue particolarità  a favore di una omogeneizzazione che spesso non porta efficienza, efficacia e soddisfazione sia per chi eroga il servizio che per chi ne è destinatario, perché ogni territorio e ogni presidio hanno la propria  specificità, le proprie necessità  e la propria storia che va rispettata pur nel contemporaneo rispetto di regole comuni, cioè  le regole e le prestazioni di base devono essere uguali per tutti".



Si esagera dicendo che oggi si parla più di economia che di salute?
 

"Forse sì, però è vero che oggi l'interesse si è spostato in maniera preponderante sui problemi economici (entrate ed uscite), che hanno sicuramente la loro importanza, a scapito della qualità (vedi la qualità degli acquisti ad es.)  e della risoluzione di problemi locali, ma anche di coordinamento dei servizi erogati tra presidi confinanti. Non si concordano più soluzioni "di buon senso", ma si generalizzano decisioni prese "dall'alto", rigide, non adattabili . Il "merito" e la capacità sicuramente non sono il metro di prima istanza. Di conseguenza vengono  mortificate  competenze, soluzioni alternative  in favore di una routine che deve produrre entrate. Nella maggior parte dei casi non vengono sentiti e tanto meno tenuti in considerazione i pareri degli operatori, le loro difficoltà, ma anche le aspirazioni, le competenze  ecc. La riduzione delle risorse umane, specie negli ultimi tempi, determina la difficoltà ad effettuare anche le attività di base".
 



Il Mandic continua ad avere un alto potenziale di crescita e di sviluppo.


"Sicuramente. Potrebbe, con le opportune risorse,  fare molto di più di quanto sta facendo, non tanto in termini di quantità (che è già parecchia), ma in termini di qualità . Dovrebbe avere un ruolo specifico sia in un'ottica aziendale che interaziendale (Vimercate, Monza ecc). Faccio alcuni esempi che sono legati alla mia esperienza, criticabili, ma sono proposte e se ne potrebbero fare molte altre :
Ad es. si potrebbe:
potenziare tutta l'attività in età pediatrica, la chirurgia ortopedica in  età pediatrica, e se si attiverà un reparto pneumologico sarebbe utile una specificazione in età infantile;  la Rianimazione potrebbe riattivare e sviluppare le capacità  per assistere pazienti in età pediatrica e la riabilitazione è in grado di assistere i bambini con queste patologie.
Mantenere e potenziare le attività in campo neurologico: la stroke  unit, gli ambulatori delle cefalee,  sclerosi multipla, epilessie, Parkinson...., il trattamento  con la tossina botulinica.
In medicina potenziare gli ambulatori di reumatologia e di endocrinologia.
In chirurgia mantenere l'attività di chirurgia miniinvasiva e oncologica, potenziare l'attività di urologia.
In Pediatria riattivare gli ambulatori di reumatologia e nefrologia
In Ortopedia introdurre e sperimentare le nuove tecniche  di  chirurgia protesica .
Instaurare un servizio per i pazienti disfagici (collaborazione tra otorino/foniatra, neurologia ed altri reparti, riabilitazione) di cui si sente la carenza su tutto il territorio , sia all'interno dell'Ospedale che per i pazienti esterni e dei nosocomi confinanti . Da ultimo solo una sottolineatura "economica": i costi delle prestazioni sanitarie di questo territorio  (e quindi anche quelle ospedaliere) sono sempre state al di sotto della media regionale pur con risorse assegnate che non hanno mai premiato questa capacità di risparmio".  



Con la riforma sanitaria si torna un po' alle origini nel rapporto ospedale-territorio.
 

"Così dice il libro bianco. Ma se così sarà, il ritorno al socio-sanitario integrato (modello virtuoso della Lombardia degli anni '80 modificato negli anni '2000 dalla riorganizzazione sanitaria voluta dalle Giunte Formigoni) consentirà a questo territorio di poter contare su finanziamenti congrui e valutati sul numero degli  abitanti e sulla capacità degli enti locali di rispondere ai bisogni dei propri cittadini a partire dalle prestazioni ospedaliere? Questa rimane la domanda cui gli operatori attendono una risposta chiara e netta dalla politica".



In conclusione.....?
 

"In conclusione io credo che rivedere,  potenziare e specificare  la "mission" del MANDIC sia  importante per i suoi utenti , per chi ci lavora, ma alla fine anche per le entrate dell'Azienda e del territorio meratese (ricordo che il Mandic è anche una realtà economica e produttiva  importante per questo territorio ).  Vuol dire anche mantenere in vita un'eredità di lavoro e di passione di tutti quelli (operatori in genere)  che hanno preceduto gli attuali e l'hanno costruito nel tempo.  
Claudio Brambilla
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