Luca Stucchi: soddisfatto della sentenza anche se dopo sette anni. L’adesione a CL? Non è tema di selezione dei manager. Formigoni mi ha nominato, Maroni mi ha confermato 2 volte
Milanese, classe 1965, sposato, cinque figli, una lunga e appassionata militanza in Comunione e Liberazione (tanto che anni fa si sussurrava fosse addirittura parente di Formigoni), un'antica appartenenza alla Dc e poi, con Dario Perego e altri, la svolta verso il centrodestra e un incarico come segretario cittadino del partito di Buttiglione. Luca Filippo Maria Stucchi è poco conosciuto a Merate, pur abitando ormai da molti anni - ultima residenza conosciuta la villa "arancio" a Sartirana, in riva al lago - ma si fa notare per due caratteristiche: il cappello a falde larghe e l'Harley Davidson gialla. Di poche parole, sintetico anche nelle corrispondenze, a Mantova, dove dal 2007 dirige l'Azienda ospedaliera, ora ASST che ha nel Carlo Poma la struttura principale, lo descrivono come un soggetto determinato, decisionista, un "brianzolo" del fare. Arriva nel gennaio del 2008, a 42 anni, il più giovane top manager di Lombardia. Nel 2010 la Giunta regionale lo riconferma alla testa dell'A.O. di Mantova. Poi incappa nella vicenda giudiziaria detta "teleospedale" con l'accusa di turbativa d'asta e corruzione. Viene sospeso per 2 mesi dall'incarico e poi rimesso alla guida dell'azienda. Nel 2015 partecipa al maxi concorso - più di 800 partecipanti - indetto dalla Giunta Maroni per selezionare prima i 100 e poi i 40 top manager della sanità lombarda cui affidare le nuove ASST e ATS per 3 anni. Supera i test, si piazza tra i primi cento e viene selezionato nei 40. Per lui ancora l'ASST di Mantova. nel frattempo il processo a Milano procede a fatica. Fino al fatidico mercoledì 13 settembre quando la Corte pronuncia la sentenza nei confronti dei diversi imputati.
Dottor Stucchi, assoluzione per la turbativa d'asta e il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per quanto riguarda la corruzione: una sentenza che La soddisfa?
"Dopo 7 anni dall'avviso di garanzia sono soddisfatto della piena assoluzione sulla turbativa d'asta e della derubricazione dell'ipotesi di reato ex art 319 cp sulla corruzione che certifica che nulla ho fatto contro l'azienda che dirigo da ormai quasi 10 anni. Sono sempre stato convinto di aver agito al meglio e nel interesse dell'AO Carlo Poma e ora della ASST di Mantova. Per il resto leggerò con attenzione le motivazioni dei Giudici per capire meglio le valutazioni effettuate".
Si è mai domandato nel corso di questi anni come mai sia finito nel meccanismo giudiziario e che cosa avrebbe dovuto operare per evitarlo?
"Si spesso. Credo che il ruolo che ricopro costringa a prendere decisioni, anche scomode, che possano generare in altri il desiderio di strumentalizzare o peggio usare in modo distorto le scelte e le comunicazioni che inevitabilmente derivano dalla gestione di una grande Azienda sanitaria".
Ci racconti brevemente le fasi iniziali di questa lunga vicenda giudiziaria
"Preferisco sintetizzare questa vicenda in un giudizio complessivo. Per scelta non ho mai rilasciato interviste o commenti per tutta la durata delle indagini e del processo, questo innanzitutto per un rispetto della magistratura che opera nell'ambito del suo potere giudiziario con autonomia, poi perché sono convinto che il miglior modo per dimostrare la propria innocenza, oltre alla difesa processuale, sia quello di proseguire il proprio lavoro manageriale con serenità e decisione".
Quanto ne ha risentito la famiglia di questa vicenda?
"Ringrazio mia moglie, i miei figli e tutti i miei cari che in questi anni mi hanno sostenuto con discrezione e affetto. Come per tutte le famiglie, tante sono state le fatiche e i dolori vissuti, ma anche le soddisfazioni e le gioie che non sono mai state oscurate dalla mia vicenda giudiziaria".
Lei è rimasto a capo dell'Asst di Mantova e riconfermato nel ruolo, Mauro Lovisari, ad esempio, senza rinvio a giudizio è stato sospeso e poi reintegrato. C'è stata da parte della regione una diversa valutazione dei due profili penali?
"Questa vicenda mi ha accompagnato in tre diversi mandati fatti come Direttore Generale a Mantova. Mi è stato chiesto di proseguire e cosi ho scelto di fare. Sono stato sospeso per due mesi dal mio ruolo dopo il rinvio a giudizio e una commissione regionale nominata dal Presidente Maroni ha valutato il mio operato sulla questione in oggetto. La decisione del Presidente e della Giunta di reintegrarmi in servizio al Carlo Poma è stata la conferma di un rapporto fiduciario che per me non è mai venuto meno".
Da più parti si è detto che l'appartenenza a Comunione e Liberazione ha aiutato molti dirigenti a raggiungere il top della carriera ma nell'ultima fase formigoniana ha finito per penalizzare proprio i ciellini. Pensa sia fondata questa tesi?
"No. l'appartenenza ad un movimento ecclesiale non può essere un tema di valutazione tecnica su un manager. La prova di questo, per quanto mi riguarda, sta nel fatto che sono stano nominato nel 2008 dalla giunta Formigoni per il mio primo mandato a Mantova e poi nominato altre due volte dalla giunta Maroni sempre nell'azienda Mantovana. L'ultima nomina è stata fatta con una selezione, voluta dal Presidente Maroni, che sicuramente non aveva a tema questioni religiose".
Riesce a ripercorrere questi anni dal punto di vista emotivo?
"Sono stati anni duri e faticosi ma anche molto interessanti e istruttivi, ho imparato la pazienza, la temperanza e soprattutto l'umiltà. Chi fa il mio mestiere spesso può confondere il servire con il potere, questa vicenda mi ha aiutato a rafforzare la certezza che il ruolo di un Direttore Generale è innanzitutto quello di sostenere i colleghi che lavorano nella struttura sanitaria di riferimento, certi del fatto che la cura e l'assistenza alle persone la fanno loro.
Certamente i vincoli normativi ed economici, le grandi trasformazioni di questi ultimi 10 anni costringono spesso a scelte complesse e difficili da spiegare ai professionisti ma questa è e rimane la grande responsabilità umana e gestionale di chi ha l'onere e l'onore di dirigere una grande realtà sanitaria.
Concludo con un ringraziamento ai tanti colleghi, partendo da quelli della mia Direzione Strategica, che mi hanno testimoniato in questi anni il loro sostegno con semplicità e discrezione, permettendomi di lavorare con impegno, serenità e determinazione".
Il dr. Luca Stucchi
Dottor Stucchi, assoluzione per la turbativa d'asta e il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per quanto riguarda la corruzione: una sentenza che La soddisfa?
"Dopo 7 anni dall'avviso di garanzia sono soddisfatto della piena assoluzione sulla turbativa d'asta e della derubricazione dell'ipotesi di reato ex art 319 cp sulla corruzione che certifica che nulla ho fatto contro l'azienda che dirigo da ormai quasi 10 anni. Sono sempre stato convinto di aver agito al meglio e nel interesse dell'AO Carlo Poma e ora della ASST di Mantova. Per il resto leggerò con attenzione le motivazioni dei Giudici per capire meglio le valutazioni effettuate".
Si è mai domandato nel corso di questi anni come mai sia finito nel meccanismo giudiziario e che cosa avrebbe dovuto operare per evitarlo?
"Si spesso. Credo che il ruolo che ricopro costringa a prendere decisioni, anche scomode, che possano generare in altri il desiderio di strumentalizzare o peggio usare in modo distorto le scelte e le comunicazioni che inevitabilmente derivano dalla gestione di una grande Azienda sanitaria".
Ci racconti brevemente le fasi iniziali di questa lunga vicenda giudiziaria
"Preferisco sintetizzare questa vicenda in un giudizio complessivo. Per scelta non ho mai rilasciato interviste o commenti per tutta la durata delle indagini e del processo, questo innanzitutto per un rispetto della magistratura che opera nell'ambito del suo potere giudiziario con autonomia, poi perché sono convinto che il miglior modo per dimostrare la propria innocenza, oltre alla difesa processuale, sia quello di proseguire il proprio lavoro manageriale con serenità e decisione".
Quanto ne ha risentito la famiglia di questa vicenda?
"Ringrazio mia moglie, i miei figli e tutti i miei cari che in questi anni mi hanno sostenuto con discrezione e affetto. Come per tutte le famiglie, tante sono state le fatiche e i dolori vissuti, ma anche le soddisfazioni e le gioie che non sono mai state oscurate dalla mia vicenda giudiziaria".
Lei è rimasto a capo dell'Asst di Mantova e riconfermato nel ruolo, Mauro Lovisari, ad esempio, senza rinvio a giudizio è stato sospeso e poi reintegrato. C'è stata da parte della regione una diversa valutazione dei due profili penali?
"Questa vicenda mi ha accompagnato in tre diversi mandati fatti come Direttore Generale a Mantova. Mi è stato chiesto di proseguire e cosi ho scelto di fare. Sono stato sospeso per due mesi dal mio ruolo dopo il rinvio a giudizio e una commissione regionale nominata dal Presidente Maroni ha valutato il mio operato sulla questione in oggetto. La decisione del Presidente e della Giunta di reintegrarmi in servizio al Carlo Poma è stata la conferma di un rapporto fiduciario che per me non è mai venuto meno".
Da più parti si è detto che l'appartenenza a Comunione e Liberazione ha aiutato molti dirigenti a raggiungere il top della carriera ma nell'ultima fase formigoniana ha finito per penalizzare proprio i ciellini. Pensa sia fondata questa tesi?
"No. l'appartenenza ad un movimento ecclesiale non può essere un tema di valutazione tecnica su un manager. La prova di questo, per quanto mi riguarda, sta nel fatto che sono stano nominato nel 2008 dalla giunta Formigoni per il mio primo mandato a Mantova e poi nominato altre due volte dalla giunta Maroni sempre nell'azienda Mantovana. L'ultima nomina è stata fatta con una selezione, voluta dal Presidente Maroni, che sicuramente non aveva a tema questioni religiose".
Riesce a ripercorrere questi anni dal punto di vista emotivo?
"Sono stati anni duri e faticosi ma anche molto interessanti e istruttivi, ho imparato la pazienza, la temperanza e soprattutto l'umiltà. Chi fa il mio mestiere spesso può confondere il servire con il potere, questa vicenda mi ha aiutato a rafforzare la certezza che il ruolo di un Direttore Generale è innanzitutto quello di sostenere i colleghi che lavorano nella struttura sanitaria di riferimento, certi del fatto che la cura e l'assistenza alle persone la fanno loro.
Certamente i vincoli normativi ed economici, le grandi trasformazioni di questi ultimi 10 anni costringono spesso a scelte complesse e difficili da spiegare ai professionisti ma questa è e rimane la grande responsabilità umana e gestionale di chi ha l'onere e l'onore di dirigere una grande realtà sanitaria.
Concludo con un ringraziamento ai tanti colleghi, partendo da quelli della mia Direzione Strategica, che mi hanno testimoniato in questi anni il loro sostegno con semplicità e discrezione, permettendomi di lavorare con impegno, serenità e determinazione".
Claudio Brambilla