Vendemmia: dopo 3 anni di processo tutti assolti i 10 imputati
E' finito in nulla il procedimento penale ingenerato da "Vendemmia", l'inchiesta sui presunti appalti pilotati in sanità condotta dalla Digos della Questura di Lecco: all'esito di tre anni di udienze - le prime delle quali meramente tecniche ma assolutamente rilevanti ai fini processuali essendo state dichiarate inammissibili gran parte delle intercettazioni operate nel corso dell'attività investigativa - alle ore 15.40 odierne il presidente della decima sezione penale del Tribunale di Milano (specializzata in reati contro la pubblica amministrazione e assegnataria, tra gli altri, nella medesima composizione, anche del fascicolo etichettato come "Spese pazze" relativo ai supposti rimborsi gonfiati pagati da Regione Lombardia) ha dato lettura del dispositivo.
Due e distinte tra loro, le presunte gare pilotate nell'ambito della Sanità finite al centro dell'attenzione con dieci imputati andati a dibattimento dopo lo stralcio delle posizione del conte missagliese Alberto Uva e del suo socio Bruna Dalla Negra (primi ad adire a riti alternativi) nonché degli indagati Andrea Gennari e Stefano Casali di Monticelli D'Ongina che hanno optato per il patteggiamento nel maggio del 2014 in udienza preliminare.
Primo scenario l'ospedale di Vimercate dove, stando all'impianto accusatorio - sostenuto in aula dal pubblico ministero Eugenio Fusco subentrato a inchiesta chiusa alla collega Tiziana Siciliana a sua volta "erede" del fascicolo aperto dalla Procura della Repubblica di Lecco - sarebbe stata "alterata" in favore della Multimedia Hospital di Della Negra e Uva una doppia gara in relazione al progetto "Teleospedale", con il primo bando ritirato per poi uscire con una seconda procedura con il medesimo oggetto. Siamo nei mesi a cavallo tra il 2009 e il 2010.
Assolti, nonostante la richiesta di condanna avanzata dal PM, perchè il fatto non sussiste Carlo Lucchina (allora direttore generale della Sanità in Regione), il dg dell'azienda ospedaliera Maurizio Amigoni e la meratese Cristina Clementi, direttore della struttura approvvigionamenti e istruttore della pratica (dichiarato esclusivamente nei suoi confronti il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per quanto attiene la prima delle due procedure indete, fatto per cui i co-imputati sono stati prosciolti per non aver commesso il fatto). Sollevato da ogni addebito, poi, l'avvocato Sergio Fienga per il quale era stato "suggerito" il proscioglimento dallo stesso magistrato, ai sensi dell'articolo 530 cpp. Anche Simone Rasetti, allora capo della segreteria dell'assessore regionale alla Sanità ed attuale addetto stampa dell'ospedale di Varese, a processo, sempre nell'ambito dell'affare Tv Sanità ma con l'accusa di corruzione, è stato assolto.
Era ambientato invece tra le mura del Carlo Poma di Mantova, il "capitolo 2". In concorso tra loro, come si legge nel campo d'imputazione, i convolti avrebbero - secondo il quadro ritenuto solo parzialmente provato all'esito dell'istruttoria dibattimentale dalla stessa pubblica accusa - turbato, con collusioni e mezzi fraudolenti, due gare d'appalto per l'assegnazione del servizio di brokeraggio assicurativo, ciascuno secondo le proprie competenze, derivanti dalle loro funzioni. Due infatti soltanto le richieste di condanna formulate dal dottor Fusco lo scorso 22 febbraio: a carico del meratese Luca Stucchi, oggi come allora numero uno del Carlo Poma (chiamato a rispondere anche di corruzione) e per Franco Paolo Candidi, allora dipendente del Pirellone. Per il primo erano stati chiesti 3 anni. Per il secondo un anno e 4 mesi con 1.400 euro di multa. Quest'oggi invece sono stati entrambi assolti (per Stucchi è stato ritenuto prescritto il reato di corruzione).
Lieto fine, con formula piena, per questo secondo filone, con il collegio allineatosi alla posizione della Procura, oltre che per il già citato Lucchina (toccato anche da questa vicenda) anche per l'ex sindaco di Lecco e ex assessore regionale alla famiglia Giulio Boscagli nonché per i co-imputati Paolo Puccitelli Valentini ed Emanuele Cordero di Vonzo.
''E' stata fatta giustizia'' il lapidario commento dell'avvocato lecchese Marcello Perillo, difensore della dottoressa Clementi.
''Il sistema Lecco in sanità non è mai esistito'' gli ha fatto eco direttamente in aula, Giulio Boscagli.
Da sinistra Cristina Clementi, Giulio Boscagli e Luca Stucchi, gli imputati lecchesi del processo Vendemmia
Due e distinte tra loro, le presunte gare pilotate nell'ambito della Sanità finite al centro dell'attenzione con dieci imputati andati a dibattimento dopo lo stralcio delle posizione del conte missagliese Alberto Uva e del suo socio Bruna Dalla Negra (primi ad adire a riti alternativi) nonché degli indagati Andrea Gennari e Stefano Casali di Monticelli D'Ongina che hanno optato per il patteggiamento nel maggio del 2014 in udienza preliminare.
Primo scenario l'ospedale di Vimercate dove, stando all'impianto accusatorio - sostenuto in aula dal pubblico ministero Eugenio Fusco subentrato a inchiesta chiusa alla collega Tiziana Siciliana a sua volta "erede" del fascicolo aperto dalla Procura della Repubblica di Lecco - sarebbe stata "alterata" in favore della Multimedia Hospital di Della Negra e Uva una doppia gara in relazione al progetto "Teleospedale", con il primo bando ritirato per poi uscire con una seconda procedura con il medesimo oggetto. Siamo nei mesi a cavallo tra il 2009 e il 2010.
Assolti, nonostante la richiesta di condanna avanzata dal PM, perchè il fatto non sussiste Carlo Lucchina (allora direttore generale della Sanità in Regione), il dg dell'azienda ospedaliera Maurizio Amigoni e la meratese Cristina Clementi, direttore della struttura approvvigionamenti e istruttore della pratica (dichiarato esclusivamente nei suoi confronti il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per quanto attiene la prima delle due procedure indete, fatto per cui i co-imputati sono stati prosciolti per non aver commesso il fatto). Sollevato da ogni addebito, poi, l'avvocato Sergio Fienga per il quale era stato "suggerito" il proscioglimento dallo stesso magistrato, ai sensi dell'articolo 530 cpp. Anche Simone Rasetti, allora capo della segreteria dell'assessore regionale alla Sanità ed attuale addetto stampa dell'ospedale di Varese, a processo, sempre nell'ambito dell'affare Tv Sanità ma con l'accusa di corruzione, è stato assolto.
Era ambientato invece tra le mura del Carlo Poma di Mantova, il "capitolo 2". In concorso tra loro, come si legge nel campo d'imputazione, i convolti avrebbero - secondo il quadro ritenuto solo parzialmente provato all'esito dell'istruttoria dibattimentale dalla stessa pubblica accusa - turbato, con collusioni e mezzi fraudolenti, due gare d'appalto per l'assegnazione del servizio di brokeraggio assicurativo, ciascuno secondo le proprie competenze, derivanti dalle loro funzioni. Due infatti soltanto le richieste di condanna formulate dal dottor Fusco lo scorso 22 febbraio: a carico del meratese Luca Stucchi, oggi come allora numero uno del Carlo Poma (chiamato a rispondere anche di corruzione) e per Franco Paolo Candidi, allora dipendente del Pirellone. Per il primo erano stati chiesti 3 anni. Per il secondo un anno e 4 mesi con 1.400 euro di multa. Quest'oggi invece sono stati entrambi assolti (per Stucchi è stato ritenuto prescritto il reato di corruzione).
Lieto fine, con formula piena, per questo secondo filone, con il collegio allineatosi alla posizione della Procura, oltre che per il già citato Lucchina (toccato anche da questa vicenda) anche per l'ex sindaco di Lecco e ex assessore regionale alla famiglia Giulio Boscagli nonché per i co-imputati Paolo Puccitelli Valentini ed Emanuele Cordero di Vonzo.
''E' stata fatta giustizia'' il lapidario commento dell'avvocato lecchese Marcello Perillo, difensore della dottoressa Clementi.
''Il sistema Lecco in sanità non è mai esistito'' gli ha fatto eco direttamente in aula, Giulio Boscagli.
A.M.