Brivio: aneddoti di terrorismo e di cinema con le testimonianze di Torregiani e Bucci

È giunto al secondo appuntamento il ciclo d'incontri "Un caffè con le stelle", promosso dall'assessorato alla cultura del comune di Brivio. Ospiti della serata l'attore Flavio Bucci e Alberto Torregiani, figlio adottivo di Pierluigi, che perse la vita il 16 febbraio del 1979, vittima dei "Proletari armati per il Comunismo".


È stato proprio lui ad aprire la serata, incalzato dalle domande del moderatore, Marco Vannucci. «Gli eventi accaduti a me e a mio padre - ha detto - fanno parte di un periodo di circa dodici anni della nostra storia, che possiamo definire un periodo nero. Questa sera sono qui per fare in modo che i fatti non vengano raccontati solamente dalla parte degli attentatori, ma anche dalle vittime. Il terrorismo che viviamo oggi è diverso, è un terrorismo internazionale, ma con quello dei cosiddetti "anni di piombo" c'è un minimo comune denominatore: l'odio». E così, Alberto, ha iniziato il racconto della sua storia.

Alberto Torregiani

Di origine novarese, venne adottato dalla famiglia Torregiani, assieme alle due sorelle. «Generalmente - ha poi proseguito - in orfanotrofio vengono adottati i bambini più piccoli, attorno ai cinque-sei mesi di vita, poiché non sono in grado di distinguere la differente paternità. Pierluigi, mio padre, decise di adottare sia me che le mie sorelle, dandoci la possibilità di crescere in un ambiente più favorevole che l'orfanotrofio. Forse il suo più grande rimpianto della sua vita è stato proprio quello di vedermi ferito al suo fianco, prima di morire». Una morte, quella di Pierluigi, balzata agli onori della cronaca perché voluta da Cesare Battisti, riconosciuto come mandante. «Mio padre faceva il gioielliere - ha ricordato - e pubblicizzava i suoi articoli nelle televisioni private. Una sera, il 22 gennaio 1979, eravamo in pizzeria, e avevamo con noi i gioielli da utilizzare per la promozione. Poiché portava con sé parecchi valori, mio padre girava armato. In pizzeria entrarono dei rapinatori, e mio padre si difese. Nella sparatoria persero la vita tre uomini e vi furono quattro persone ferite. Alcuni quotidiani, nei giorni seguenti, titolavano "sceriffo in borghese", "giustiziere a Milano". Per mio padre è la fine, la sua morte è ormai scritta. Inizia a ricevere minacce telefoniche e avvertimenti espliciti. Dopo circa tre settimane, il 16 febbraio 1979, mio padre venne ucciso, e nella sparatoria rimasi anche io ferito. Quel delitto venne utilizzato dai mandanti per dare un forte segnale del loro potere di soppressione». L'omicidio Torregiani, però, servì anche allo Stato per dare un forte segnale nel combattimento al terrorismo. «All'omicidio di mio padre seguirono l'omicidio Moro e l'omicidio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ma la volontà di cattura dei criminali partì dopo l'uccisione di mio papà». E nella sua vita, Alberto, ha poi portato avanti quel senso di giustizia che si respirava in quell'epoca, venendo nominato, nel 2007 come extraparlamentare, membro della commissione giustizia. «Ho avuto l'onore e il piacere di essere il portavoce di una cosa che si chiama giustizia. Ho avuto modo di presenziare anche a Bruxelles, in Commissione Europea, e avere l'opportunità di avere un colloquio con l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy. Ho avuto un ruolo importante anche nella vicenda dei due marò, che però si è interrotto quando il governo Monti ha sciolto la commissione. Vale comunque o no la pena di provare a sistemare questo paese? Io direi proprio di sì».

 

Flavio Bucci


Dopo il racconto di Torregiani, la palla è passata a Flavio Bucci, noto attore. Settantenne, Flavio Bucci nasce a Torino, e dopo gli studi classici, durante i quali si innamora dell'italiano «idioma stupendo, è la mia lingua», inizia la sua carriera come attore, sempre appoggiato dal padre. Nel 1973 incontra Gian Maria Volontè, e gira uno sceneggiato RAI ispirato al pittore Antonio Ligabue, interpretato proprio da Flavio Bucci. «È ancora vivo in me - ha interrotto una signora dal pubblico - il ricordo di quella sera quando hanno trasmesso il film. Ero piccolina, avevo circa dieci anni, ma per me lei era proprio Ligabue!». Poi l'incontro con Alberto Sordi, con il quale si divertiva «perché lo provocava», e con Vittorio Gassman, con il quale ha girato il primo film da protagonista. Innamorato di Leopardi, durante la serata ne ha letto le poesie "A Silvia" e "L'infinito", oltre che a dare voce allo scritto "Orme" di Gianpietro Biffi. E un'amicizia particolare con il senatore Giulio Andreotti, che lo ha portato finanche da papa Giovanni Paolo II.

Flavio Bucci, Alberto Torregiani e Marco Vannucci

«Portai, all'incontro, anche un operatore per riprendere la scena - ha ricordato - quando mi inchinai per baciare l'anello, l'operatore disse al Papa: "Santità, il bianco spara!", ovvero "Taglia la pellicola!"». Un episodio che può racchiude in sé lo spirito dell'attore, simpatico, sorridente, alla mano, sempre pronto a scherzare. Ma sempre attento all'essenza umana, alle nuove generazioni, per le quali auspica un futuro migliore, essendo «fiero di essere nato in un paese democratico e civile. Ciò che conta non sono le ideologie, ma la possibilità di dialogare senza ricorrere alle armi, avendo un confronto e non uno scontro. Non esiste una teoria, un'ideologia giusta o sbagliata: esiste la teoria dell'essere umano, che è la vita».
Stefano Riva
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