Merate: Amnesty e Semina assieme per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni

Quattordici mesi non sono stati ancora sufficienti a dare un nome ed un volto agli autori del barbaro omicidio di Giulio Regeni. Non lo sono stati nemmeno perché il governo egiziano rinunciasse ad un imbarazzante occultismo con il quale "sta cercando, in ogni maniera, di far sì che il mondo dimentichi quanto è accaduto".

Di certo, tutte le vaghe giustificazioni e le illazioni più assurde (che vorrebbero addirittura che il giovane ricercatore italiano sia stato punito perché intrattenne frequentazioni omosessuali, o che addirittura fosse uno spacciatore), non basteranno a far dimenticare la morte di Regeni a Simone Rizza, Cristina Mazza oppure a Federico Guzzi, attivisti di Amnesty International che da un anno e due mesi cercano e pretendono verità. Considerando che di Rizza, Mazza e Guzzi ce ne sono almeno 7 milioni in tutto il mondo, e che sono sostenuti da migliaia di Amministrazioni comunali come Verderio, Robbiate e Barzago, allora si può immaginare che la morte del ricercatore italiano non rimarrà impunita ancora a lungo.

Cristina Mazza

Giovedì sera si è tenuta nell'aula magna dell'Istituto Viganò e del Liceo Agnesi (via dei Lodovichi) un incontro in cui esperti, attivisti ed amministratori, hanno cercato di fare chiarezza su di un episodio in cui la chiarezza è la prima cosa che manca, organizzata dall'associazione La Semina in collaborazione con Amnesty International gruppo 126, che riunisce attivisti meratesi e casatesi.

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Il primo intervento della serata è stato quello di Cristina Mazza che ha parlato a nome dell'associazione La Semina e Amnesty (è inoltre insegnante) sottolineando l'importanza e il bisogno di un approfondimento, come quello che ha poi dato il docente Michele Brunelli, sulla situazione storico-politica dell'Egitto, "utile per comprendere meglio quali sono i fattori che hanno portato all'uccisione di Giulio Regeni".

Federico Guzzi


Federico Guzzi, attivista di Pagnano, ha spiegato al pubblico (in verità non molto numeroso) in che cosa consiste Amnesty, cosa bisogna fare per aderire alla lotta per i diritti umani, "basta tesserarsi, al costo di 35 euro, per iniziare ad essere informati su tutte le violazioni dei diritti umani che ogni giorno accadono nel mondo", invitando i presenti a sottoscrivere la più recente petizione lanciata dall'associazione attivista per proteggere cinque donne, ognuna di nazionalità diversa, "vittime di punizioni assurde con la sola colpa di voler manifestare i propri pensieri".

Simone Rizza

Gli amministratori pubblici presenti, invece, erano Alessandro Origo, sindaco di Verderio, Antonella Cagliani, vicesindaco di Robbiate, e il primo cittadino di Barzago Mario Tentori. Ognuno di questi politici ha raccontato il motivo per cui ha deciso di aderire alla campagna di Amnesty "Verità per Regeni". "Perché ci occupiamo anche di principi morali, oltre che tutte le questioni burocratiche, e perché nel nostro statuto è scritto che il Comune di Verderio si ispira ai principi della dichiarazione universale diritti dell'uomo approvata dall'assemblea delle Nazioni Unite nel il 10 dicembre del '48", ha spiegato Origo, mentre subito dopo Antonella Cagliani ha affermato che "quando ci è stato chiesto aderire all'iniziativa, non ci siamo nemmeno chiesti se fosse giusto adottare una delibera di giunta di quel tipo, perché era evidente che fosse doveroso che un'Amministrazione pubblica condanni chi ha mancato di rispetto, violando i diritti umani". Tentori ha invece raccontato di quanto può essere difficile, talvolta, "non fare sembrare che l'esposizione di bandiere sia soltanto fare politica", perché ogni amministratore ha il compito, tra gli altri, "di educare le persone che amministriamo".

E' toccato a Michele Brunelli, docente in storia ed istituzioni delle civiltà musulmane e asiatiche per l'Università di Bergamo, collega ricercatore di Giulio Regeni, come ha ricordato lui stesso, far luce sul perché l'Egitto, in tendenza con la maggior parte dei popoli arabi, abbiano vissuto e stiano vivendo tutt'oggi una tale instabilità politica e sociale, passando attraverso le manifestazioni di piazza Tahrir, dove si svolsero le proteste contro il presidente Hosni Mubarak, deposto da un colpo di stato militare, parlando delle prime elezioni legittime con i Fratelli Musulmani al potere per appena un anno con il leader Morsi, deposto dopo aver cercato di ottenere maggiore potere giuridico, fino al ritorno al regime militare con l'attuale premier Al-Sisi.

Michele Brunell


Ed è a lui che Amnesty, e in un primo momento il Governo italiano, hanno chiesto di dire la verità sull'uccisione di Giulio Regeni, come ha spiegato Simone Samuele Rizza, responsabile circoscrizionale Amnesty International Lombardia, entrato nel dettaglio di tutte le menzogne raccontate dall'amministrazione egiziana sulla vicenda. "L'unica strategia che ha seguito il Governo Egiziano sulla vicenda del nostro connazionale Giulio Regeni è stata quella di trovare ad ogni costo il modo per far dimenticare il mondo di quanto è accaduto quel 25 gennaio del 2016 - ha spiegato - L'Egitto si è chiesto se era meglio far ritrovare il corpo di Giulio, oppure occultarlo. Visto che l'Italia è il primo partner commerciale egiziano, hanno fatto ritrovare il corpo del ricercatore lungo l'autostrada che collega Il Cairo con Alessandria. Anche se non ci sono prove, è del tutto probabile che sia stata la polizia egiziana, responsabile, oltre che dell'uccisione, di torture barbare".


Rizza ha spiegato che di casi come quello di Giulio Regeni ne avvengono in Egitto almeno tre, anche quattro ogni giorno, e di violazioni di diritti umani a centinaia in tutto il mondo, ogni giorno. Per questo non bisogna dimenticare, e pretendere verità.
A.S.

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