Montevecchia: dopo due anni e 26mila chilometri è tornato a casa Ruggero Cavenaghi. Il suo giro del mondo in bicicletta
Ha viaggiato in lungo e in largo l'intero mondo, percorrendo 26mila chilometri di strade in sella alla sua mountain bike. Ultima tappa del suo incredibile viaggio Montevecchia, il suo paese d'origine, dove sabato mattina ha finalmente potuto riabbracciare i suoi genitori, la sorella, il fratello e gli amici. Ruggero Cavenaghi, 38enne, di professione informatico, è tornato a casa dopo due anni e dopo aver macinato migliaia di chilometri, superato le difficoltà di un'esperienza selvaggia e nomade, incontrato decine di ciclisti come lui e persone del posto che lo hanno accolto e nutrito, il tutto potendo contare solamente sulla sua due ruote, gli strumenti di viaggio e la forza di volontà. Ha raccontato di averlo fatto perché "solo la bici ti concede libertà e indipendenza nel viaggiare" e poi anche perché le sue passioni per il trekking, la montagna e il viaggio in generale erano troppo grandi per decidere di non farlo.
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E così dalla Patagonia argentina, ovvero da dove era partito nel novembre del 2014, ha pedalato fino alla Terra dei fuochi, risalendo la zona meridionale del Sud America attraverso le Ande del Cile, oltrepassando il Deserto di Atacama per arrivare in Bolivia, poi Perù, Equador, Colombia; quindi ha raggiunto in aereo il Nepal, dove si è fermato due mesi per fare trekking, viaggiando poi per l'India dove ha deciso di proseguire seguendo la Via della Seta della Cina, cosa che non gli è stata permessa di fare; allora il montevecchino ha preso la direzione per l'Europa viaggiando per Tagikistan, Iran, Turchia, Kurdistan e poi Grecia e Cipro, isola da cui ha preso un aereo in direzione Bari, risalendo infine tutto lo Stivale come ultimo tragitto del suo viaggio infinito. "I momenti di felicità di questa avventura sono stati molti - ha spiegato Cavenaghi sabato mattina al suo ritorno a Montevecchia - Le emozioni che provi nei primi giorni di viaggio sono ovviamente le più forti. Mi sono sentito incredibilmente libero nelle prime notti di campeggio in Patagonia, potevo montare la mia tenda di fianco alla strada e nessuno mi diceva nulla. Le sensazioni più belle le provi quando oltrepassi con la bicicletta i confini delle nazioni. Ho trovato tanta umanità in tutto il mondo, molta accoglienza, soprattutto in Iran dove non me la sarei mai aspettata. Le persone sono molto disponibili, l'unica difficoltà stava nel comunicare: non parlando la loro lingua ho dovuto farmi intendere a gesti. Poi ho incontrato tanti ciclisti come me e stretto molte amicizie. Certo ho dovuto affrontare anche alcune difficoltà, come quando ho percorso l'Outback australiano: è un percorso che ho fatto in solitaria in lunghe distese di nulla con a disposizione solo l'acqua del mio equipaggiamento. In fondo sono stato anche fortunato, ho dovuto sistemare la mia bicicletta solo quattro volte in tutto".
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L'emozione negli occhi di mamma Jackie Van Den Bos di 69 anni, originaria del Sud Africa, del papà Carlo, 75 anni, membro di ProMontevecchia e guardia ecologica del parco, e in quelli della sorella Daniel di 46 anni e del fratello Giovanni di 40, è stata più che visibile nel momento in cui, intorno alle 10.30 di sabato mattina, il loro Ruggero ha fatto finalmente ritorno a Montevecchia.
"Non gli ho chiesto nulla se non di avere sempre acceso il suo dispositivo di localizzazione gps, con il quale spesso ci mandava la sua posizione" ha spiegato la mamma, mentre papà Carlo Cavenaghi ha raccontato di essere stato sereno nei due anni in cui il figlio è stato in viaggio, "anche se a volte si è trovato in situazioni piuttosto pericolose, come quando ha percorso il confine con l'Iran, luoghi in cui ci sono molti campi minati".
Oltre a loro, ad attendere Ruggero Cavenaghi all'incrocio delle quattro strade, ai piedi della salita per Montevecchia alta, dove era stato prefissato il suo arrivo, c'erano i suoi nipoti e tanti amici che per riaccoglierlo a casa si sono quasi tutti presentati con la bicicletta. Insieme poi sono risaliti fino all'abitazione del 39enne dove i genitori avevano preparato un rinfresco per tutti. "Ora penserò a rilassarmi per qualche settimana - ha concluso Cavenaghi - Per permettermi questo viaggio avevo dovuto lavorare molto prima. A gennaio dovrò cercare una nuova sistemazione lavorativa per tornare alla vita normale". E chissà se riuscirà veramente a tenere la sua bici chiusa in garage dopo l'avventura che lo ha portato a compiere l'intero giro del mondo.
Alberto Secci