Osnago: i comportamenti a rischio negli adolescenti. Ne parla il dottor Valsecchi
Il dr. Alberto Valsecchi
Il sociologo Zygmunt Bauman ha inoltre descritto l'epoca in cui viviamo, classificandola come post-moderna delineandone tre caratteristiche fondamentali: la liquidità, il consumismo e l'apparire. "Oggi apparteniamo a una società liquida - afferma il dottore - c'è stata una destrutturazione dei valori, delle regole e delle istituzioni, come lo Stato, la Chiesa e perfino la scuola. Il consumismo, inoltre, ci permette anche di comprare emozioni: dobbiamo tornare a imparare a controllare i nostri istinti per non soddisfare subito i nostri bisogni, ma aspettare. E, poi, l'apparire: che siamo in una società in cui l'apparire è fondamentale lo testimonia l'impennata del fatturato delle aziende cosmetiche, anche maschili".Lo psicologo si è poi concentrato sui comportamenti a rischio, che rappresentano condotte comportamentali che mettono in pericolo la sfera fisica, psicologica e sociale: gli adolescenti sono consapevoli del pericolo, ma rischiano lo stesso. "Perché l'adolescente rischia? - dice Valsecchi - sono diverse le ragioni. Prima fra tutti la funzione di sopravvivenza della specie, ovvero la consapevolezza di accettare il rischio: diverse popolazioni mettono al centro una prova di coraggio per testimoniare il passaggio nell'età adulta. C'è poi un cambiamento nei recettori della dopamina, sostanza prodotta dal nostro corpo che crea senso di soddisfazione, che negli adolescenti risulta meno accentuato. L'accettazione da parte del gruppo, la volontà di dimostrare autonomia dai genitori e l'affronto dell'ansia per il cambiamento rafforzano ancor di più la volontà di mettere in atto questi comportamenti a rischio". Numerosi, inoltre, sono i fattori di rischio, che variano dall'instabilità emotiva, a una stima non del tutto adeguata di sé, comprendendo anche fattori come l'esperienza scolastica negativa, comportamenti e pensieri negativi dei genitori e, soprattutto, la presenza di pari devianti. Esistono tuttavia dei fattori di protezione, che comprendono anzitutto uno stile educativo autorevole da parte dei genitori oltre che una buona stima di sé e un'adeguata autoregolazione emotiva. Anche la famiglia deve fare la sua parte: deve essere aperta al dialogo, si devono imporre regole di comportamento e, soprattutto, i genitori devono essere capaci di monitorare senza invadere. Si è poi passati a parlare dell'autolesionismo, un fenomeno come detto prima in continua crescita."È importante sottolineare che l'autolesionismo non è correlato con il suicidio: è infatti definito come una sfera di comportamenti autoinflitti con conseguenze non fatali senza intenzioni suicide. Esistono sostanzialmente due tipi di autolesionismo, definiti come cry of pain e cry for help. Nella prima forma, l'adolescente compie questi atti senza farlo sapere agli altri, mentre nella seconda esternalizza il fatto per chiedere aiuto. Sono numerosi i motivi per cui gli adolescenti fanno ciò, in prima battuta possiamo sicuramente mettere la volontà di trasformare il dolore emotivo in dolore fisico. È inoltre una strategia anti-dissociativa e anti-suicidaria, oltre che una necessità di affermazione del sé. I fattori di rischio variano: può esserci stato un abuso, di tipo fisico, emotivo o sessuale, ma essi comprendono anche rapporti conflittuali con i genitori, condizioni socio-economiche svantaggiate, l'impulsività e una bassa autostima. Viceversa, i fattori di protezione sono rappresentati da una comunicazione con la famiglia non conflittuale, da una proficua rete di relazioni e dalla crescita in un contesto economico-culturale favorevole".Al termine della serata di è poi analizzato il ruolo dei genitori, che hanno specifici compiti di prevenzione, riconoscimento e gestione. "I genitori - sottolinea Valsecchi - devono essere capaci di prevenire questi comportamenti, utilizzando uno stile educativo autorevole e instaurando buone relazioni con i ragazzi. Una volta riconosciuto il problema, non devono essere impulsivi, ma devono mettersi in una condizione di non giudizio per poi restituire al ragazzo il problema, dopo averlo metabolizzato, per cercare di porvi rimedio, magari attraverso un accordo. In ultimo, devono saper chiedere aiuto: non voglio elogiare la figura dello psicologo, ma in alcuni casi rivolgersi a un professionista è fondamentale". Dopo un breve dibattito col pubblico intervenuto, il dottor Valsecchi si è congedato dai presenti sperando di poter tornare ad Osnago in altre occasioni.
Stefano Riva