Il dr. Virgilio Sacchini nella sua casa di Merate
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Ho cominciato la mia vita da medico, trent'anni fa, con Umberto Veronesi, all'Istituto dei Tumori di Milano, del quale era direttore scientifico. Nel 1994, quando aveva fondato l'Istituto Europeo Oncologico, mi aveva voluto come suo vice alla senologia oncologica di via Ripamonti. Per quattordici anni sono stato al suo fianco. Dall'ottobre 2000 sono al Memorial di New York, ma dal maggio 2016, sono anche all'IEO quale responsabile della senologia". Così il professor Virgilio Sacchini sintetizza i tre decenni di storia che gli ricordano la figura di quello che per lui è stato "il maestro", certamente la persona più importante per la sua professione di chirurgo oncologo, con specializzazione in senologia.
"Un mese fa - raccontava oggi il professor Sacchini, a Merate dopo le cerimonia funebre a Milano -
avevo incontrato il professore nel suo studio milanese di via Salvini. Un incontro cordiale, come sempre. Negli anni ottanta, giovane specializzando - continua il chirurgo meratese, rileggendo la sua storia con Veronesi -
nella metà ero tra quei giovani che seguivano il professore nelle corsie e sale operatorie di via Venezian. A noi appariva come una sorta di dio. Con la quadrectomia, operazione per tumore al seno che evitava l'asportazione della mammella, e il linfonodo sentinella, che consentiva di capire se la paziente era già interessata da metastasi, il "professore", come veniva chiamato da tutti, era il nostro punto di riferimento. Come ha voluto scrivere anche nel suo testamento spirituale, ci incitava. "Non lasciatevi intimidire, esprimete sempre la vostra opinione". Lo facevamo. Ricordo in particolare quando, dopo qualche seminario negli Usa, gli comunicai che avrei accettato l'offerta del Memorial. Discutemmo. Decisi di andare. Sapevo bene, come sosteneva il professore, che la nostra preparazione era eccellente. Lasciare l'IEO, uno dei grandi ospedali italiani per la cura del tumore, non fu facile. Ero sposato da poco e con una bambina di sei mesi. Lui però ci aveva sempre invitato provare la nostra capacità e autonomia, a correre. Io avevo seguito i suoi consigli. Partivo con un bagaglio di esperienze che, grazie a lui, avevo potuto accumulare.Migliaia di ore in sala operatoria e corsia. Decenni di vita insieme lasciano comunque un segno profondo. Se poi li hai vissuti con una persona eccezionale come Umberto Veronesi, non è davvero facile staccarti da quello che stai lasciando. Per me non lo fu. Mi dicevo. Qualche anno e tornerò. Ne sono passati sedici. Alla mia storia sono sempre rimasto legato. Ogni mese torno a Merate, dove sono nato e vivono i miei familiari. Il nostro, come ha scritto il professor Veronesi nel testamento spirituale che ha lasciato ai giovani medici, è un lavoro che ti appassiona. Se poi, come hanno testimoniato in questi giorni migliaia di persone che gli hanno voluto rendere omaggio, sei, come il professor Veronesi, un medico attento e curi con umanità, vivi il tuo lavoro con una passione che ti coinvolge in ogni momento. Lui era così. Insieme a quelli del medico, del ricercatore e dello scienziato qual era, questo è stato il suo insegnamento. Un esempio, che, chi lo ha conosciuto, cercherà di seguire. Sarà il modo migliore per ricordarlo".
Sergio Perego