Montevecchia: una serata su potenzialità e risorse delle api e l'invito ad ''adottarle'' come indicatori ambientali del Parco

"Ah sì, le api. Quei minuscoli esserini gialli e neri che svolazzano prelevando il nettare dai fiori per farne il miele. Carine." Carine è la prima cosa che viene in mente pensando a questi insetti a prima vista così insignificanti, soprattutto se di loro non si conosce granché. Eppure dentro a quel corpicino a strisce si concentrano tantissime potenzialità volte a salvaguardare l'ambiente e l'umanità, che vanno oltre la loro indubbia abilità di deliziare i nostri palati con del buonissimo miele.

Carlo Cavenaghi, Livio Colombari, Ivan Presidente ProMontevecchia, Alessandro Bellintani e due sostenitori del progetto


Purtroppo però, l'utilità che le api rivestono nel monitoraggio ambientale è ad oggi sconosciuta ai più: il convegno organizzato da Parco del Curone e ProMontevecchia in associazione con Apilombardia "Api come bioindicatori ambientali del territorio", si poneva come obiettivo proprio la sensibilizzazione della popolazione (e del Comune di Montevecchia in primis) nei confronti di questo tema. Ma perché queste api sono così importanti per il nostro territorio? A spiegarlo è stato Livio Colombari, apicoltore appartenente al gruppo Apilombardia e socio Promontevecchia. "Un indicatore ambientale è un qualsiasi organismo (gli insetti, soprattutto... ma anche noi umani!) capace innanzitutto di adattarsi al territorio, ma che contemporaneamente sia facilmente reperibile ed economico. La loro utilità riveste un ruolo chiave nell'ambito dello sviluppo sostenibile: grazie a loro diventa possibile comprendere il danno ecologico eventuale e l'accessibilità o meno di ogni attività. Gli insetti sono di gran lunga l'indicatore ambientale migliore, in quanto sono presenti in grandissimo numero sulla Terra (circa 1 milione di specie studiate) e rappresentano quindi la principale forma di analisi delle attività umane attuate sul territorio. Le api, in particolare, grazie alle loro caratteristiche morfologiche e strutturali, sono gli organismi perfetti in questo senso. Il polline e altre sostanze presenti nell'ambiente possono infatti rimanere intrappolati nella peluria diffusa e ramificata che riveste completamente il loro corpo, ma anche sulle loro zampe anteriori e posteriori. Hanno inoltre una proboscide che permette loro di succhiare l'acqua, che poi confluisce completamente all'interno del loro corpo."


Questi piccoli esserini, dunque, svolgono innanzitutto il ruolo di investigatori: entrano in un determinato territorio e, procedendo di fiore in fiore, prelevano i campioni e le prove che trovano nella zona. "Al di là delle caratteristiche anatomiche, tuttavia, le api sono anche dei veri e propri animali sociali" ha continuato Livio. "Oltre a comunicare tra di loro attraverso ferormoni, infatti, realizzano delle vere e proprie danze (le cosiddette danze delle api), per comunicare alle compagne sia la distanza dall'alveare che la quantità di polline." Non solo l'investigazione, dunque: esse compongono una vera e propria squadra di ranger che in maniera coordinata e intelligente giunge fino alla meta finale: l'alveare. "Senza contare, poi, che questi insetti sono facili da allevare, poco esigenti nell'alimentazione, si riproducono molto frequentemente e sono praticamente ubiquitari. A differenza di muschi e licheni, inoltre, sono dei veri e propri sensori viaggianti: non stanno fermi in un punto solo ma possono coprire un raggio d'azione che si estende fino a 7 km quadrati e attuano oltre 150mila voli giornalieri, arrivando a compiere diversi milioni di microprelievi al giorno. L'efficacia di tutto questo sistema, tuttavia, risiede principalmente nel fatto che tutto ciò confluisce in un solo possibile punto: l'alveare. È qui che ci è permesso monitorare ciò che le api hanno trasportato, attraverso accurate e minuziose analisi. Se abbiamo una mappatura delle piante e dei fiori presenti nella zona, analizzando il polline e le sostanze che troviamo sul corpo delle api, sappiamo con esattezza risalire al luogo in cui è stata emessa una determinata sostanza nociva. Queste ultime possono essere pesticidi, metalli pesanti, radionuclidi, IPA, batteri, diossina o PM10 (polveri)."


Ed ecco quindi che si svela un terzo impiego delle api come abili tecnici di laboratorio, grazie alle quali vengono svolte delle vere e proprie analisi chimiche del territorio. "Ciò è possibile grazie alla struttura dell'alveare artificiale costruito da noi apicoltori proprio per questo scopo: passando attraverso degli stretti buchini, l'ape rilascia parte del materiale rimasto intrappolato sul suo corpo. Inoltre, i nostri alveari sono strutturati in modo tale da raccogliere tutte le api morte all'interno di un contenitore comune. In questo modo ci è più facile individuare ciò che ha scatenato la morte e il numero di api decedute. Ovviamente, se questo valore è molto elevato, significa che nell'ambiente vi è una massiccia presenza di sostanze nocive" ha infine concluso Livio.

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Si è dunque delineata la figura dell'ape come indicatore ambientale estremamente efficiente e, soprattutto, "low cost": non sono necessarie eccessive spese di gestione ed è possibile svolgere migliaia di micro-campionamenti su un'area molto vasta. "Ora che la nostra campagna di sensibilizzazione è ufficialmente iniziata, ci piacerebbe chiedere al Comune di Montevecchia la possibilità di installare in tutta la zona del Parco del Curone delle arnie gestite dai produttori di miele." ha spiegato Carlo Cavenaghi, socio ProMontevecchia e GEV del Parco. "Occorre inoltre affidarsi a un istituto di Ricerca che compia le dovute analisi. Nonostante ciò, la possibilità di mantenere i costi bassi rispetto a qualsiasi altro sistema di monitoraggio ambientale e l'opportunità che questi indicatori ambientali ci offrono di preservare non solo l'ambiente, ma anche la nostra salute, mi rende molto entusiasta del progetto. Pensiamo, per esempio, alle morti a causa di mesotelioma: grazie a questo sistema, probabilmente, riusciremmo ad individuare le zone in cui ancora oggi è presente l'amianto." Cavenaghi, infatti, fa anche parte del Gruppo Aiuto Mesotelioma. "Un monitoraggio del Parco può aprirci gli occhi sulle reali condizioni dell'ambiente in cui viviamo. Certo, possiamo riscontrare dei risultati negativi, che ci indicano la presenza di sostanze nocive all'interno del Parco. Tuttavia, la consapevolezza è il migliore punto di partenza per potersi migliorare: potremmo individuare dunque la causa della malasanità ambientale e studiare i meccanismi per debellarla. Di contro, se le analisi dovessero essere positive, e nel territorio non dovesse risultare la presenza di alcuna sostanza nociva, il Parco potrebbe aumentare considerevolmente il suo prestigio. Otterrebbe infatti marchi di qualità e incrementerebbe di gran lunga il turismo di Montevecchia che, essendo situata in una zona strategica tra Milano e il Lago di Como, può diventare una vera e propria meta turistica, ancora più di quanto già non lo sia ad oggi. Ovviamente, tutto ciò è possibile solo se lo stesso Comune di Montevecchia dimostri interesse all'interno del progetto e decida di collaborare con noi per un ambiente più salubre e per il benessere di tutti." ha concluso Cavenaghi.


L'incontro si è chiuso con le parole di Alessandro Bellintani, ecologista e volontario del parco: "Bisogna rendere consapevoli le nuove generazioni che dovranno prendere delle importanti decisioni, le quali riguarderanno la sopravvivenza degli habitat e quindi dell'intero sistema. Bisognerà fare delle rinunce. È necessario che venga a crearsi una nuova mentalità, orientata ad un consumo equilibrato delle risorse. Un equilibrio che permetta di vivere sull'interesse senza intaccare il capitale. Una nuova mentalità quindi, non più basata sui consumi sfrenati ma su concetti di sostenibilità." Ai partecipanti sono successivamente stati offerti degli squisiti assaggini di formaggi dalla Latteria Maggioni Amabile cosparsi di miele biologico dell'Azienda Agricola Chelidonia, il modo migliore per rendere omaggio a quei piccoli insetti gialli e neri, un concentrato di dolcezza e operosità. Non più semplicemente "carine".

Benedetta Ghezzi

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