Diario di un maestro

All'inizio di ogni anno scolastico, si rinnova l'abitudine (quasi fosse
un rito propiziatorio) di rivedere, con sommo diletto personale, lo
sceneggiato televisivo "Diario di un maestro", prodotto nel 1972 da
Mamma Rai, che all'epoca assolveva ad un'importante funzione
pedagogico-culturale.

Trasmesso in TV l'anno seguente, lo sceneggiato era stato girato dal
regista Vittorio De Seta ed interpretato dal compianto Bruno Cirino
(fratello maggiore di Paolo Cirino Pomicino, il politico democristiano,
noto esponente della corrente andreottiana), un attore versatile e
politicamente impegnato, che ha lavorato anche con il teatro di Eduardo
De Filippo. Nello sceneggiato TV indossa i panni di un giovane maestro
che si trova ad affrontare un'esperienza didattica, umana ed
esistenziale a contatto con i ragazzi e gli abitanti di una delle
vecchie borgate romane di Pietralata, Tiburtino 3° e La Torraccia. Lo
sceneggiato TV è liberamente tratto dal romanzo scritto da Albino
Bernardini, "Un anno a Pietralata", che narra una vicenda
autobiografica, realmente accaduta.

Al centro del racconto si staglia la contraddizione tra una scuola
conservatrice, obsoleta, retrograda, gestita da ottusi ed antiquati
burocrati ed una scuola viva, più aderente alla vita ed all'ambiente
sociale dei ragazzi. Per tale motivo ritengo che il documentario, per
quanto "datato", sia attuale più che mai. Assai istruttiva ed
illuminante è la scena finale in cui emergono apertamente le divergenze,
che sfociano in scontro frontale, tra le idee e le proposte innovative
messe in campo dal maestro e le posizioni assai rigide e retrive del
direttore didattico, che non riesce a cogliere, riconoscere ed
apprezzare il valore, le competenze e le ragioni del maestro. In questa
sequenza cruciale dello sceneggiato si evidenzia con nettezza
l'atteggiamento ottuso e reazionario tipico del burocrate.

Insomma, "Diario di un maestro" è un'opera di alto contenuto pedagogico
e politico, che induce a rimpiangere la TV monocolore governata dalla DC
di quegli anni. Una Rai che, tutto sommato, sapeva produrre cultura ed
educazione, mandando in onda questo tipo di sceneggiati e programmi
televisivi, all'avanguardia per quei tempi. Questo rimpianto è l'indice
più sintomatico di come oggi si siano ridotte la TV "pubblica" ed in
generale la cultura di questo Paese, dopo un rovinoso ventennio
berlusconiano e quanto ne è conseguito.

Ricordo ancora con enorme piacere il bellissimo "Pinocchio" di Luigi
Comencini (grandissimo regista) con un cast nutrito di attori a dir poco
magistrali: da Nino Manfredi, nei panni di Babbo Geppetto, a Gina
Lollobrigida (la Fata Turchina), da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia,
interpreti del Gatto e la Volpe, fino ad una breve, ma significativa
apparizione del Maestro Vittorio De Sica, e tanti altri ancora. Né
bisogna sottovalutare o dimenticare alcuni sceneggiati che la Rai ha
prodotto ispirandosi a celebri romanzi del genere "esotico" o
"avventuroso", di autori straordinari quali, ad esempio, Emilio Salgari:
su tutti cito lo sceneggiato "Sandokan", un vero cult.

Sempre a proposito di TV di altri tempi, ricordo che qualche tempo fa,
su Rai 3, hanno mandato in onda la replica di una puntata di "Blitz", un
programma TV cosiddetto "alternativo" condotto da Gianni Minà durante la
prima metà degli anni '80. Il tema centrale della trasmissione era la
nuova cultura partenopea (arte, cinema, musica, teatro, e via
discorrendo) di quegli anni. Non a caso, quasi tutti gli illustri ospiti
della puntata, tranne Roberto Benigni, erano di origine napoletana:
Massimo Troisi, Lello Arena, Lina Sastri, James Senese e Napoli
Centrale, ed altri artisti della "nuova Napoli".

Oggi si avverte una sincera e profonda nostalgia verso quel tipo di
programmi televisivi cosiddetti "alternativi", che riuscivano a
coniugare, con garbo e sapienza, l'intelligenza raffinata e la
leggerezza, la cultura e l'intrattenimento, l'impegno e l'ironia, senza
scadere nella pedanteria noiosa o nell'esercizio sterile di una falsa ed
accademica erudizione.

Si avverte un'amara e profonda nostalgia per un periodo creativo,
entusiasmante e stimolante, in quanto la TV odierna dispensa solo
lordume e spazzatura, mediocrità e stupidità. Come, d'altronde, è una
tendenza che attraversa ed investe l'intera società italiana.

Post Scriptum. Benché un po' "datato", lo sceneggiato TV "Diario di un
maestro" è ormai un classico. Come tutti i classici, ha ancora tanto da
comunicarci, è un "evergreen", sempre vivo ed attuale. Non a caso,
rientra tra i cento capolavori del cinema italiano da conservare e salvare.
Lucio Garofalo
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