Gran Trail Orobie: l'impresa del 28enne di Brivio Stefano Previtali, 13 ore di su e giù

Alla prima edizione, nel 2015, era già al traguardo, nel salotto buono di Bergamo. Ma a applaudire e sostenere nell'ultimissimo sforzo i suoi compagni di squadra. "Mi sono emozionato nel vederli arrivare. Mi sono detto: l'anno prossimo voglio esserci io sul quel tappeto rosso".

A distanza di 12 mesi, appena otto dall'effettiva iscrizione alla manifestazione, formalizzata nel dicembre scorso, Stefano Previtali, 28enne briviese, è riuscito a trasformare quel pensiero in realtà, portando a termine la propria piccola-grande impresa, apparentemente - "ma non è così, se vuoi puoi" - non alla portata di tutti. Avvicinatosi alla corsa da soli cinque anni e tesserato per la società Carvico Skyrunning ASD dall'agosto del 2014, sabato ha preso parte, concludendolo in un ottimo tempo, al Gran Trail Orobie 2016, seconda edizione di una delle gare più "ostiche" disputate sul territorio, una "sgambata" sulle alture bergamasche, da Carona alla città alta, lunga 73 km e qualche metro, un sali e scendi con un dislivello da paura, parte della versione "extreme" della medesima manifestazione disputata da veri "supereroi" su di un percorso lungo il doppio, con start a Clusone a 140 km dall'arrivo.

13 ore e 19 minuti: tanto è servito a Stefano per giungere a calpestare l'ambita passerella, in piazza vecchia. "E' stato emozionante, non si riesce a descrivere la sensazione che si prova in quel momento. Ti senti vuoto, svuotato da tutti i pensieri ma allo stesso tempo sostenuto dalle centinaia di persone che da bordo strada ti guardano e ti incoraggiano, sapendo bene lo sforzo che hai fatto".


Al traguardo, ad attendere il rivierasco, c'erano i suoi compagni e gli amici che, con impegno, si sono fatti trovare, lungo il tracciato, in ogni punto in cui la corsa ha "tagliato" strade percorribili in auto, pronti incitarlo nel proseguire, non tanto per entrare in chissà quale Olimpo ma per il piacere, quella soddisfazione tutta interiore, di dire "ce l'ho fatta".


"Sono arrivato 82esimo su 630 partecipanti o per essere più precisi su 723 iscritti di cui alcuni non sono poi partiti o si sono ritirati subito. Un'ottima posizione calcolando che il primo ha chiuso in 8 ore e mezza e c'è gente che è stata in giro 25 ore. La spirito per tutti è quello del finire. Poi certo c'è chi si accontenta di quello, compiendo qualcosa comunque di eroico se si tiene conto che gli ultimi ci hanno messo più del doppio del tempo che ho impiegato io. E c'è chi invece spinge di più. C'è competizione ma non per il premio: il primo ha portato a casa un cesto, per intenderci. L'unica soddisfazione è di averla chiusa, dando il massimo. Racchiuse in queste 13 ore vi sono molti sacrifici, 3200 km con 115.000 metri di dislivello tra allenamenti vari, anche sotto la neve, la pioggia il sole cocente... Ho deciso a dicembre di iscrivermi forse anche poco conscio di cosa mi aspettasse. Ho poi intrapreso un cammino di gare di avvicinamento passando dalla 36 km alla 40 km, dalla 50 km alla 60 km arrivando fino al giorno del giudizio.

Gara tosta le Orobie vuoi per il dislivello, vuoi per il fondo al 50% di puro sasso o roccia, vuoi per i suoi 73 km. Il sole grazie a Dio ha riscaldato le nostre teste solo per le prime 3 ore, nascondendosi dietro qualche nuvola per il resto della gara, nonostante questo l'afa era infernale. Pronti via dopo nemmeno un km un "pipi stop" mi obbliga a 20 secondi di fermo facendomi passare da un esercito di persone e trovandomi poi imbottigliato all'attacco del sentiero (valida scusa per salire tranquillo). Una volta ai Laghi Gemelli ho imposto il classico passo trail fino all'Ape Corte recuperando qualche posizione e passando dal 319 ° al 257° insieme all'amico Vincenzo. Tutto regolare fino al cancello di Zambla Km 29 passando in 5 ore e 40 già oltre il tempo preventivato, mangio un poco di pasta un pezzetto di formaggio e riparto con il sostegno dei miei. Arrivati al fatidico sentiero del monte Alben, tra afa e il cibo, la nausea avanza minacciosa: con la concentrazione stile monaco tibetano, abbassando le pulsazioni, e la compagnia di Andrea torno seminuovo. Scollino e trovo Roberto anche lui un po' in crisi, scambio qualche parola con un ragazzo americano spiegandogli "il sali e scendi detto mangia e bevi", scendiamo e saliamo il Poieto insieme aiutando un ragazzo in crisi con i crampi. Selvino mi concedo qualche pesca e riparto al 50° km verso gli ultimi interminabili 23 km di Monte di Nese. Trovo energie che non pensavo di avere e chiudo gli ultimi 18 km con una media di 8 min/km bruciando altre 80 posizioni e facendo segnare sugli ultimi 57 km di gara il 60° miglior intertempo assoluto. Arrivo in piazza vecchia a 4,40 min/km spinto dalla forza di centinaia di spettatori finendo una gara che fino a qualche anno fa sembrava impossibile. Il caldo ha fatto sfaceli ingorgando l'infermeria con gente disidratata, che suda freddo, come me nonostante i 10 litri di acqua e sali bevuta. Un grazie ai miei genitori che mi sopportano e incoraggiano sempre. Un grazie alla mia squadra e a Alessandro per spingermi sempre a dare il massimo senza farmi rinunciare al divertimento, a tutti i compagni e gli amici all'arrivo. E a chi da lassù ha sempre un occhio vigile su di me... Grazie".

Il prossimo obiettivo?
"Questa esperienza è stata devastante, non so se farò ancora gare così lunghe. In 13 ore ti devi alimentare e bere: ci sono i punti di ristoro ma sei tu che devi imparare a capire il tuo corpo e a "dosarti". Ti chiedi chi te lo ha fatto fare. E' stato una sorta di trauma. Ma sicuramente inseguirò altri obiettivi".
Sempre di corsa, ovviamente.
A. M.
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