Gran Trail Orobie: l'impresa del 28enne di Brivio Stefano Previtali, 13 ore di su e giù
Alla prima edizione, nel 2015, era già al traguardo, nel salotto buono di Bergamo. Ma a applaudire e sostenere nell'ultimissimo sforzo i suoi compagni di squadra. "Mi sono emozionato nel vederli arrivare. Mi sono detto: l'anno prossimo voglio esserci io sul quel tappeto rosso".
Al traguardo, ad attendere il rivierasco, c'erano i suoi compagni e gli amici che, con impegno, si sono fatti trovare, lungo il tracciato, in ogni punto in cui la corsa ha "tagliato" strade percorribili in auto, pronti incitarlo nel proseguire, non tanto per entrare in chissà quale Olimpo ma per il piacere, quella soddisfazione tutta interiore, di dire "ce l'ho fatta".
"Sono arrivato 82esimo su 630 partecipanti o per essere più precisi su 723 iscritti di cui alcuni non sono poi partiti o si sono ritirati subito. Un'ottima posizione calcolando che il primo ha chiuso in 8 ore e mezza e c'è gente che è stata in giro 25 ore. La spirito per tutti è quello del finire. Poi certo c'è chi si accontenta di quello, compiendo qualcosa comunque di eroico se si tiene conto che gli ultimi ci hanno messo più del doppio del tempo che ho impiegato io. E c'è chi invece spinge di più. C'è competizione ma non per il premio: il primo ha portato a casa un cesto, per intenderci. L'unica soddisfazione è di averla chiusa, dando il massimo. Racchiuse in queste 13 ore vi sono molti sacrifici, 3200 km con 115.000 metri di dislivello tra allenamenti vari, anche sotto la neve, la pioggia il sole cocente... Ho deciso a dicembre di iscrivermi forse anche poco conscio di cosa mi aspettasse. Ho poi intrapreso un cammino di gare di avvicinamento passando dalla 36 km alla 40 km, dalla 50 km alla 60 km arrivando fino al giorno del giudizio.
"Questa esperienza è stata devastante, non so se farò ancora gare così lunghe. In 13 ore ti devi alimentare e bere: ci sono i punti di ristoro ma sei tu che devi imparare a capire il tuo corpo e a "dosarti". Ti chiedi chi te lo ha fatto fare. E' stato una sorta di trauma. Ma sicuramente inseguirò altri obiettivi".
Sempre di corsa, ovviamente.
Al traguardo, ad attendere il rivierasco, c'erano i suoi compagni e gli amici che, con impegno, si sono fatti trovare, lungo il tracciato, in ogni punto in cui la corsa ha "tagliato" strade percorribili in auto, pronti incitarlo nel proseguire, non tanto per entrare in chissà quale Olimpo ma per il piacere, quella soddisfazione tutta interiore, di dire "ce l'ho fatta".
"Sono arrivato 82esimo su 630 partecipanti o per essere più precisi su 723 iscritti di cui alcuni non sono poi partiti o si sono ritirati subito. Un'ottima posizione calcolando che il primo ha chiuso in 8 ore e mezza e c'è gente che è stata in giro 25 ore. La spirito per tutti è quello del finire. Poi certo c'è chi si accontenta di quello, compiendo qualcosa comunque di eroico se si tiene conto che gli ultimi ci hanno messo più del doppio del tempo che ho impiegato io. E c'è chi invece spinge di più. C'è competizione ma non per il premio: il primo ha portato a casa un cesto, per intenderci. L'unica soddisfazione è di averla chiusa, dando il massimo. Racchiuse in queste 13 ore vi sono molti sacrifici, 3200 km con 115.000 metri di dislivello tra allenamenti vari, anche sotto la neve, la pioggia il sole cocente... Ho deciso a dicembre di iscrivermi forse anche poco conscio di cosa mi aspettasse. Ho poi intrapreso un cammino di gare di avvicinamento passando dalla 36 km alla 40 km, dalla 50 km alla 60 km arrivando fino al giorno del giudizio.
"Questa esperienza è stata devastante, non so se farò ancora gare così lunghe. In 13 ore ti devi alimentare e bere: ci sono i punti di ristoro ma sei tu che devi imparare a capire il tuo corpo e a "dosarti". Ti chiedi chi te lo ha fatto fare. E' stato una sorta di trauma. Ma sicuramente inseguirò altri obiettivi".
Sempre di corsa, ovviamente.
A. M.