Osnago: lo scacchiere mediorientale tra movimenti locali e guerre internazionali
Una sala civica affollata ha seguito la conferenza del professor Michele Brunelli sulla geopolitica del Medio Oriente. Il sindaco di Osnago Paolo Brivio ha introdotto la serata spigando «sono temi apparentemente lontani ma ci sono dei riflessi che ci raggiungono e ci servono delle informazioni strutturate» e Paolo Strina ha aggiunto che «con la conoscenza si creano una base di convivenza civile e la conoscenza delle diversità culturali», ricordando il lungo percorso della scuola di italiano per stranieri che a Osnago si prodiga per favorire la conoscenza linguistica per favorire la comunicazione.
Stefania Grazia dell'associazione "La Semina", organizzatrice con "Progetto Osnago" e "Arché" del ciclo di iniziative 'Insieme per la pace", ha presentato il relatore, docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, dell'Università di Bergamo e membro del consiglio scientifico della cattedra UNESCO per i diritti dell'uomo e l'etica della cooperazione internazionale.
Il professor Brunelli ha esordito dicendo che la situazione politica medio orientale è stata complicata dalle crisi di carattere locale, nazionale e internazionale: «siamo abituati a pensare che la regione sia molto conflittuale ma negli ultimi cinquant'anni è risultata abbastanza stabile ad eccezione di tre eventi: il conflitto arabo-israeliano dal 1948 poi israelo-palestinese, la guerra tra Iraq e Iran del 1980-1988 e l'invasione irachena del Kuwait nel 1990-1991». Tre importanti avvenimenti hanno poi condizionato l'attuale situazione europea, ovvero la caduta del muro di Berlino del 1989, la dissoluzione dell'URSS del 1991 e l'attacco alle Torri Gemelle del 2001. A fronte di questi cambiamenti epocali, il Medio Oriente viveva ancora una stabilità politica, entrata in crisi a partire dal 2011 con le cosiddette "primavere arabe". «Parlare di "primavera" - ha proseguito - non è corretto perché è un attributo occidentale ed è una deformazione. L'unica rivoluzione è stata quella tunisina in quanto fatta dal popolo. In Medio Oriente i vari dittatori hanno tenuto unite le nazioni con i giochi delle potenze occidentali, tanto che Bush padre nel 1991 libera il Kuwait ma fa fermare le proprie truppe a 30 km da Bagdad, senza attaccare il potere di Saddam». Dopo i movimenti di ribellione lo stato islamico ha complicato lo scacchiere medio orientale, trovando un appiglio di espansione. «In Tunisia la protesta era nuova perché i giovani erano in piazza per chiedere pane, lavoro e dignità, cioè libertà, ma la classe dirigente non ha saputo interpretare le esigenze e le rivolte hanno assunto connotazioni più violente. Il califfato ha fatto e fa leva sul malcontento tanto che si stima siano 3000 i foreign fighters tunisini, molti dei quali tornano in patria per nuove reclute, e non si considera il fenomeno delle donne che vanno a confortare i guerriglieri». Il professor Brunelli ha poi spiegato che in Egitto le elezioni hanno portato al potere il gruppo dei "Fratelli musulmani", nato nel 1928 con una connotazione caritatevole tanto che hanno aperto le scuole e portato i presidi medici nei paesi, ma poi Morsi ha violato gli interessi economici dei militari ed è stato quindi destituito dalla giunta militare guidata da al-Sisi che non riesce a controllare la penisola del Sinai dove si è insediato il califfato.
Quanto alla Siria, il docente ha illustrato che «è l'esempio di una crisi regionale diventata mondiale. Tutto è iniziato con le proteste contro il regime di Assad il quale, dopo riforme ritenute insufficienti, ha inviato nelle piazze gli uomini dell'esercito che hanno sparato sulle persone. Con l'insubordinazione di una parte dei militari si è aperta la guerra civile e in questo quadro lo stato islamico si è consolidato e ha acquisito molto terreno. Ci sono delle potenze regionali sponsor di attori non statuali e sono Arabia e Qatar, stati sunniti che sostengono i gruppi estremisti, e l'Iran sciita che appoggia Assad». Il dittatore è fiancheggiato anche dalla Russia che così mantiene un piede nel Mediterraneo ma la devastante guerra civile viene pagata dalla popolazione locale con 470.000 morti, un drastico calo dell'età media di vita passata dai 70 ai 55 anni, e le partenze in massa dei profughi. Il vicino Libano ne ospita 1.100.000, una percentuale altissima in confronto alla popolazione locale, e moltissimi siriani, pur di vivere una prospettiva migliore, paradossalmente scappano da un paese in guerra per raggiungere i confini di altri paesi in guerra come l'Iraq.
«Assad, per quanto dittatore, era insostituibile come lo erano Saddam e Gheddafi e ora è impossibile tornare indietro, in Siria non ci sono né vinti né vincitori. L'Arabia e l'Iran sono due potenze e si combattono indirettamente sul territorio siriano per lo Yemen, per motivi religiosi e per il passaggio verso il Libano: lì ci sono gli Hezbollah sciiti» che hanno un ruolo cardine nella questione israelo-palestinese in cui anche l'Arabia coltiva i propri interessi. Il relatore ha così illustrato ai tanti presenti che oggi la Siria non è l'unica nazione non rappresentata da un governo nazionale. Anche in Libia si attesta una situazione composita con quattro entità territoriali ovvero il parlamento di Tripoli, quello di Tobruk, la zona di Derna che ha aderito al califfato, e le tribù nomadi che intrattengono interessi lucrosi con le nazioni dell'Africa centrale.
Il pubblico ha seguito con interesse il professor Brunelli il quale, rispondendo alle varie domande, ha illustrato anche la questione curda, la situazione dei cristiani e la ripercussione dell'abolizione delle sanzioni nucleari all'Iran con le ricadute sui mercati e i timori dell'Arabia che ha abbassato i prezzi del petrolio. «L'obiettivo strategico di al-Quaida era portare la guerra in Occidente, ma per il califfato è creare un'area comune in cui gli islamici si sentano a casa e combattere i non wahabiti. Dal loro punto di vista gli attentati di Parigi sono una reazione all'intromissione esterna. Il califfato fa molta propaganda, dando una parvenza di normalità alle città che controlla. Nelle zone rurali la popolazione è passata dall'anarchia a una legge, benché cruenta. A Raqqa e nei centri urbani si iniziano a girare dei filmati anonimi che fanno capire la realtà e le moltissime vessazioni» ha concluso il docente.
Il 18 marzo con l'ultimo appuntamento della rassegna "Insieme per la pace" si riparlerà di Siria ma da un punto di vista artistico con il musicista Alaa Arshed, la scuola di musica Arché e l'archeologa del Cnr Tatiana Pedrazzi.
Stefania Grazia dell'associazione "La Semina", organizzatrice con "Progetto Osnago" e "Arché" del ciclo di iniziative 'Insieme per la pace", ha presentato il relatore, docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, dell'Università di Bergamo e membro del consiglio scientifico della cattedra UNESCO per i diritti dell'uomo e l'etica della cooperazione internazionale.
Il relatore professor Michele Brunelli
Il professor Brunelli ha esordito dicendo che la situazione politica medio orientale è stata complicata dalle crisi di carattere locale, nazionale e internazionale: «siamo abituati a pensare che la regione sia molto conflittuale ma negli ultimi cinquant'anni è risultata abbastanza stabile ad eccezione di tre eventi: il conflitto arabo-israeliano dal 1948 poi israelo-palestinese, la guerra tra Iraq e Iran del 1980-1988 e l'invasione irachena del Kuwait nel 1990-1991». Tre importanti avvenimenti hanno poi condizionato l'attuale situazione europea, ovvero la caduta del muro di Berlino del 1989, la dissoluzione dell'URSS del 1991 e l'attacco alle Torri Gemelle del 2001. A fronte di questi cambiamenti epocali, il Medio Oriente viveva ancora una stabilità politica, entrata in crisi a partire dal 2011 con le cosiddette "primavere arabe". «Parlare di "primavera" - ha proseguito - non è corretto perché è un attributo occidentale ed è una deformazione. L'unica rivoluzione è stata quella tunisina in quanto fatta dal popolo. In Medio Oriente i vari dittatori hanno tenuto unite le nazioni con i giochi delle potenze occidentali, tanto che Bush padre nel 1991 libera il Kuwait ma fa fermare le proprie truppe a 30 km da Bagdad, senza attaccare il potere di Saddam». Dopo i movimenti di ribellione lo stato islamico ha complicato lo scacchiere medio orientale, trovando un appiglio di espansione. «In Tunisia la protesta era nuova perché i giovani erano in piazza per chiedere pane, lavoro e dignità, cioè libertà, ma la classe dirigente non ha saputo interpretare le esigenze e le rivolte hanno assunto connotazioni più violente. Il califfato ha fatto e fa leva sul malcontento tanto che si stima siano 3000 i foreign fighters tunisini, molti dei quali tornano in patria per nuove reclute, e non si considera il fenomeno delle donne che vanno a confortare i guerriglieri». Il professor Brunelli ha poi spiegato che in Egitto le elezioni hanno portato al potere il gruppo dei "Fratelli musulmani", nato nel 1928 con una connotazione caritatevole tanto che hanno aperto le scuole e portato i presidi medici nei paesi, ma poi Morsi ha violato gli interessi economici dei militari ed è stato quindi destituito dalla giunta militare guidata da al-Sisi che non riesce a controllare la penisola del Sinai dove si è insediato il califfato.
Paolo Brivio sindaco di Osnago e il predecessore Paolo Strina
Quanto alla Siria, il docente ha illustrato che «è l'esempio di una crisi regionale diventata mondiale. Tutto è iniziato con le proteste contro il regime di Assad il quale, dopo riforme ritenute insufficienti, ha inviato nelle piazze gli uomini dell'esercito che hanno sparato sulle persone. Con l'insubordinazione di una parte dei militari si è aperta la guerra civile e in questo quadro lo stato islamico si è consolidato e ha acquisito molto terreno. Ci sono delle potenze regionali sponsor di attori non statuali e sono Arabia e Qatar, stati sunniti che sostengono i gruppi estremisti, e l'Iran sciita che appoggia Assad». Il dittatore è fiancheggiato anche dalla Russia che così mantiene un piede nel Mediterraneo ma la devastante guerra civile viene pagata dalla popolazione locale con 470.000 morti, un drastico calo dell'età media di vita passata dai 70 ai 55 anni, e le partenze in massa dei profughi. Il vicino Libano ne ospita 1.100.000, una percentuale altissima in confronto alla popolazione locale, e moltissimi siriani, pur di vivere una prospettiva migliore, paradossalmente scappano da un paese in guerra per raggiungere i confini di altri paesi in guerra come l'Iraq.
«Assad, per quanto dittatore, era insostituibile come lo erano Saddam e Gheddafi e ora è impossibile tornare indietro, in Siria non ci sono né vinti né vincitori. L'Arabia e l'Iran sono due potenze e si combattono indirettamente sul territorio siriano per lo Yemen, per motivi religiosi e per il passaggio verso il Libano: lì ci sono gli Hezbollah sciiti» che hanno un ruolo cardine nella questione israelo-palestinese in cui anche l'Arabia coltiva i propri interessi. Il relatore ha così illustrato ai tanti presenti che oggi la Siria non è l'unica nazione non rappresentata da un governo nazionale. Anche in Libia si attesta una situazione composita con quattro entità territoriali ovvero il parlamento di Tripoli, quello di Tobruk, la zona di Derna che ha aderito al califfato, e le tribù nomadi che intrattengono interessi lucrosi con le nazioni dell'Africa centrale.
Il pubblico ha seguito con interesse il professor Brunelli il quale, rispondendo alle varie domande, ha illustrato anche la questione curda, la situazione dei cristiani e la ripercussione dell'abolizione delle sanzioni nucleari all'Iran con le ricadute sui mercati e i timori dell'Arabia che ha abbassato i prezzi del petrolio. «L'obiettivo strategico di al-Quaida era portare la guerra in Occidente, ma per il califfato è creare un'area comune in cui gli islamici si sentano a casa e combattere i non wahabiti. Dal loro punto di vista gli attentati di Parigi sono una reazione all'intromissione esterna. Il califfato fa molta propaganda, dando una parvenza di normalità alle città che controlla. Nelle zone rurali la popolazione è passata dall'anarchia a una legge, benché cruenta. A Raqqa e nei centri urbani si iniziano a girare dei filmati anonimi che fanno capire la realtà e le moltissime vessazioni» ha concluso il docente.
Il 18 marzo con l'ultimo appuntamento della rassegna "Insieme per la pace" si riparlerà di Siria ma da un punto di vista artistico con il musicista Alaa Arshed, la scuola di musica Arché e l'archeologa del Cnr Tatiana Pedrazzi.
Federica Conti