Merate: l’Anpi presenta la ristampa del libro su Gino Prinetti. ''Riscoprire uomini dimenticati''
"Ufficiale dell'Esercito, internato in un paese neutrale, riusciva a rientrare in Italia per partecipare alla Lotta di Liberazione, alle cui altissime finalità era sospinto dall'ardente amore di Patria che lo animava", con queste parole ha inizio la motivazione per la medaglia d'oro al valore militare di cui fu insignito, nel 1944, dopo la morte in combattimento, il capitano Giannantonio Prinetti. Le stesse parole, quattro anni più tardi, furono scelte dalla famiglia per la prima pagina del libro alla sua memoria; un volume ormai raro contenente la biografia del giovane aristocratico ed alcune sue lettere dal fronte.
Il sacrificio del capitano Prinetti è stato ricordato per anni dalla comunità di Merate solo con una lapide nel parco delle Rimembranze ma nel 2015, in occasione del 70esimo anniversario del 25 aprile, l'Amministrazione comunale e l'Anpi hanno voluto saldare il debito di riconoscenza che tutti i meratesi - e non solo - hanno con il loro illustre concittadino.
Per farlo gli iscritti all'Anpi Brianza Lecchese, in collaborazione con l'associazione Banlieue di Osnago ed il contributo del Comune, hanno promosso la ristampa anastatica del volume del '48, attingendo ad una delle poche copie rimaste e conservata presso l'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia "Ferruccio Parri". Il risultato dell'iniziativa è stato presentato nella serata di venerdì, presso la sala civica di Merate, con un incontro sul libro "Un soldato d'Italia, Capitano Gino Prinetti Castelletti".
"Questo è un lavoro editoriale che si inserisce in una serie di iniziative che riguardano il periodo della Resistenza a Merate e nei paesi limitrofi", ha spiegato Massimo Fumagalli, dell'Anpi Brianza Lecchese. "Chi leggerà questo libro troverà un po' di retorica in alcune pagine, ma si deve tener conto di quando è stato scritto ed è un documento straordinario grazie alle lettere di Gino Prinetti dal fronte. Egli fu una figura di assoluta onestà morale e ancora oggi il suo ricordo rende onore alla città di Merate".
Il capitano Gino Prinetti fu un monarchico con un forte senso dello Stato ed una fedele appartenenza al Regio Esercito, fieramente avverso ai crimini del fascismo. Tornato volontariamente in Italia dalla Svizzera per combattere, incontrò sul suo cammino una Valsesia sottoposta a durissimi rastrellamenti nazifascisti. Qui decise di fermarsi ed aggregarsi al raggruppamento della Brigata Garibaldi comandata da Cino Moscatelli. Nonostante l'ideologia comunista e il censo ben diverso dei compagni partigiani, Gino Prinetti combatté al loro fianco fino alla morte (avvenuta in un'imboscata presso i Colli di Valduggia) per i valori della libertà e della democrazia.
"L'obiettivo che ci siamo posti con la ristampa del libro e con la serata di oggi è quello di riportare alla luce verità troppo a lungo dimenticate del periodo della Resistenza", ha aggiunto Gabriele Fontana, storico e ricercatore. "Non esistono più ragioni politiche come 50 anni fa ed è il momento di abbandonare finalmente l'uso dei caduti per le battaglie di fazione. La Resistenza non fu l'azione di un popolo o indirizzata da una sola ideologia, ma fu la battaglia di uomini molto diversi tra loro per idee ed estrazione sociale che accettarono di stare in montagna e, come il capitano Prinetti, di collaborare con formazioni il cui credo era differente. Pensate ad un giovane aristocratico accolto ed accettato in un gruppo di uomini venuti dalle fabbriche: noi non siamo pienamente in grado di capire cosa potesse significare, come molti altri aspetti di quel periodo di privazioni e eroismi"."Riproporre dunque la lettura del libro su Prinetti - ha continuato Gabriele Fontana - è un tentativo per ridurre la distanza che c'è tra la ricerca storica e la Resistenza com'è stata per anni raccontata e percepita. Ci sono figure escluse colpevolmente dal racconto come Gino Prinetti o, per fare altri nomi, come Paolo Brichetto Arnaboldi e Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo; per non parlare dei tanti altri militari di carriera che ebbero un ruolo importantissimo tra le fila dei partigiani perché sapevano come combattere. Forse in montagna si diventava comunisti, ma non ci si andava perché lo si era: ci si andava per liberare l'Italia".
"Il nostro compito è quello di lavorare per le generazioni di domani, e chi vorrà in futuro studiare la Resistenza troverà facilmente il libro sul capitano Prinetti negli scaffali delle biblioteche", ha concluso Fontana.
I volumi ristampati saranno infatti distribuiti nelle biblioteche del sistema lecchese.
Il sacrificio del capitano Prinetti è stato ricordato per anni dalla comunità di Merate solo con una lapide nel parco delle Rimembranze ma nel 2015, in occasione del 70esimo anniversario del 25 aprile, l'Amministrazione comunale e l'Anpi hanno voluto saldare il debito di riconoscenza che tutti i meratesi - e non solo - hanno con il loro illustre concittadino.
Per farlo gli iscritti all'Anpi Brianza Lecchese, in collaborazione con l'associazione Banlieue di Osnago ed il contributo del Comune, hanno promosso la ristampa anastatica del volume del '48, attingendo ad una delle poche copie rimaste e conservata presso l'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia "Ferruccio Parri". Il risultato dell'iniziativa è stato presentato nella serata di venerdì, presso la sala civica di Merate, con un incontro sul libro "Un soldato d'Italia, Capitano Gino Prinetti Castelletti".
"Questo è un lavoro editoriale che si inserisce in una serie di iniziative che riguardano il periodo della Resistenza a Merate e nei paesi limitrofi", ha spiegato Massimo Fumagalli, dell'Anpi Brianza Lecchese. "Chi leggerà questo libro troverà un po' di retorica in alcune pagine, ma si deve tener conto di quando è stato scritto ed è un documento straordinario grazie alle lettere di Gino Prinetti dal fronte. Egli fu una figura di assoluta onestà morale e ancora oggi il suo ricordo rende onore alla città di Merate".
Massimo Fumagalli e Gabriele Fontana
Il capitano Gino Prinetti fu un monarchico con un forte senso dello Stato ed una fedele appartenenza al Regio Esercito, fieramente avverso ai crimini del fascismo. Tornato volontariamente in Italia dalla Svizzera per combattere, incontrò sul suo cammino una Valsesia sottoposta a durissimi rastrellamenti nazifascisti. Qui decise di fermarsi ed aggregarsi al raggruppamento della Brigata Garibaldi comandata da Cino Moscatelli. Nonostante l'ideologia comunista e il censo ben diverso dei compagni partigiani, Gino Prinetti combatté al loro fianco fino alla morte (avvenuta in un'imboscata presso i Colli di Valduggia) per i valori della libertà e della democrazia.
"L'obiettivo che ci siamo posti con la ristampa del libro e con la serata di oggi è quello di riportare alla luce verità troppo a lungo dimenticate del periodo della Resistenza", ha aggiunto Gabriele Fontana, storico e ricercatore. "Non esistono più ragioni politiche come 50 anni fa ed è il momento di abbandonare finalmente l'uso dei caduti per le battaglie di fazione. La Resistenza non fu l'azione di un popolo o indirizzata da una sola ideologia, ma fu la battaglia di uomini molto diversi tra loro per idee ed estrazione sociale che accettarono di stare in montagna e, come il capitano Prinetti, di collaborare con formazioni il cui credo era differente. Pensate ad un giovane aristocratico accolto ed accettato in un gruppo di uomini venuti dalle fabbriche: noi non siamo pienamente in grado di capire cosa potesse significare, come molti altri aspetti di quel periodo di privazioni e eroismi"."Riproporre dunque la lettura del libro su Prinetti - ha continuato Gabriele Fontana - è un tentativo per ridurre la distanza che c'è tra la ricerca storica e la Resistenza com'è stata per anni raccontata e percepita. Ci sono figure escluse colpevolmente dal racconto come Gino Prinetti o, per fare altri nomi, come Paolo Brichetto Arnaboldi e Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo; per non parlare dei tanti altri militari di carriera che ebbero un ruolo importantissimo tra le fila dei partigiani perché sapevano come combattere. Forse in montagna si diventava comunisti, ma non ci si andava perché lo si era: ci si andava per liberare l'Italia".
"Il nostro compito è quello di lavorare per le generazioni di domani, e chi vorrà in futuro studiare la Resistenza troverà facilmente il libro sul capitano Prinetti negli scaffali delle biblioteche", ha concluso Fontana.
I volumi ristampati saranno infatti distribuiti nelle biblioteche del sistema lecchese.
Matteo Fratangeli